SCUOLA PER GENITORI 2022-20223
NON RIESCO PIU’ A PARLARE CON TE:
Come da uno scontro possiamo generare un incontro?
dr.ssa Cinzia Marostegan
Incontro con collegamento on line – 3 novembre 2022
Terzo incontro della Scuola per Genitori 2022-2023 – considerando anche il concerto di apertura del 13 ottobre u.s. – condotto dalla dr.ssa Marostegan sulle modalità con cui trasformare lo scontro che a volte abbiamo con le altre persone e con i figli in particolare, in un incontro, dove mettere a fattor comune bisogni, ma anche punti di forza e qualità.
Lo scontro, ci dice la dr.ssa Marostegan, è spesso generato dal cambiamento: un cambiamento che investe in primis i nostri figli nella loro crescita umana, fisica, ma soprattutto psicologica e sul piano della personalità. La prima cosa da fare è riconoscere il cambiamento e riconoscere quale tipo di relazione ci porta lo scontro: è uno scontro generativo o degenerativo? Nel primo caso generiamo valore, generiamo relazione, generiamo circuiti virtuosi; nel secondo, li distruggiamo e portiamo ad un circolo vizioso preoccupante, che non solo danneggia le nostre qualità umane, ma ci appiattisce nella replica di un copione trito e ritrito che non dà frutto, in un gioco delle parti che dopo un po’ diventa scontato (quando dico o faccio quella cosa lì, lui reagisce sempre in quel modo là, …). Chi sta parlando realmente? Io o la mia rabbia? Sono io ad avere dei pensieri o, al contrario, i pensieri mi hanno sequestrato al punto che io divengo la paura, la rabbia, la frustrazione?
Ecco allora la domanda fondamentale a cui dobbiamo trovare una risposta: “come posso riuscire a gestire lo scontro?”
Cosa ci viene chiesto di accettare?
- lo scontro (la nostra controparte (nostro figlio) mette in discussione il ruolo, non l’amore che prova per noi);
- il figlio reale, cioè esattamente come lui è e come sta diventando nell’ambito della sua adolescenza;
- la nostra umanità: sì, dobbiamo accettarla e quindi prendere coscienza delle nostre debolezze quando pensiamo di non essere all’altezza o comunque delle nostre insicurezze e vulnerabilità personali;
- la nostra aggressività: lo scontro aumenta l’aggressività del figlio, ma anche la nostra. Quante volte abbiamo detto “mi ha tirato fuori le parole”).
Per gestire queste situazioni dobbiamo arrivare ad una accettazione di noi stessi, che consta nello stare di fronte a ciò che sta accadendo, nel mettersi in collaborazione con ciò che sta accadendo. Tale accettazione è diversa e non va confusa con la giustificazione.
In merito all’aggressività, la dr.ssa Marostegan ci dice che:
- nello scontro si mette in campo l’energia aggressiva, che è un’energia psico-fisica innata; l’aggressività esige espressione;
- le funzioni sono di:
- difesa;
- conquista (raggiungimento di obiettivi); si pensi a quando ci chiede “posso uscire?”;
L’aggressività è legata al tema dell’autostima e dell’autoaffermazione, che si rafforzano quando:
- mi sento considerato;
- ho fiducia nelle mie capacità di affermare il mio pensiero.
Da dove comunico? Ossia in quale settore mi colloco quando comunico?
NO
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REATTIVITA’ | REATTIVITA’ |
SI
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SPAZIO DI AUTOEFFICACIA |
SPAZIO DI AUTOEFFICACIA |
IO
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TU |
Devo cominciare a prendere sul serio il tuo punto di vista anche se non lo condivido e anche se mi fa paura. Il figlio ci chiede la possibilità di mettersi in campo tanto quanto l’adulto; noi adulti spesso non molliamo questa posizione perché pensiamo di poterli proteggere meglio, ma i giovani hanno bisogno di mettersi in gioco e manifestare il fatto che stanno diventando adulti e quindi non possono più comportarsi nei nostri confronti come i bambini che abbiamo messi al mondo. Il nostro impegno dev’essere quello di dare loro uno spazio di ascolto senza paura di perdere la relazione.
Nella reattività avvengono varie situazioni:
- pretesa che la realtà sia diversa da ciò che è;
- la pretesa produce rabbia, lamentela, senso di colpa, …
- sorgono imperativi come DEVO/DEVI o NON POSSO/NON PUOI;
- si sviluppa attaccamento;
In tutto ciò rischiamo noi adulti di andare in una sorta di loop, dal quale dobbiamo uscire con lucidità e determinazione. Dobbiamo quindi toglierci dalla nostra reattività per portarci in uno spazio di relazione; nostro compito dev’essere quello di usare la stessa energia per stare nella relazione con nostro figlio in modo che la sua aggressività si sciolga. Ecco allora il compito nostro di RICONOSCERE e TRASFORMARE la nostra aggressività in uno spazio di autoefficacia, ossia uno spazio dove vado a prendere le mie risorse per giocare meglio la partita. Così facendo possiamo:
- riconoscere la realtà così com’è;
- accettare e collaborare con la realtà;
- chiederci cosa possiamo fare, quali risorse sono presenti;
- validare lo spazio di responsabilità, scelta e libertà;
- aprirci alla fiducia;
- attivare comportamenti, pensieri, stati emozionali flessibili.
Dobbiamo renderci conto che se seguiamo un copione già scritto, siamo ancora nella reattività e non nello spazio di autoefficacia; i ragazzi vogliono vedere se “teniamo”, ma “tenere” non significa “tenere la posizione” (anzi, questa quasi sempre la perdiamo di fronte all’irruenza e aggressività del figlio), bensì metterci in uno spazio relazionale che diventi incontro e dove i bisogni nostri e dei nostri figli si possano incrociare e mediare. Spesso questa azione di individuazione dello spazio di autoefficacia genera un analogo movimento a specchio da parte dei figli e quindi anche loro sono indotti a seguirci. Subito non consapevolizzano, ma avvertono e riconoscono il cambiamento.
Infine, ci ricorda la dr.ssa Marostegan, teniamo presente che nell’agire nostro nei confronti dei nostri figli, vi è una causazione circolare rispetto alla quale è necessario sviluppare:
- capacità di osservazione
- corresponsabilità.
Dulcis in fundo, ricordiamoci che il compito di condurre efficacemente la relazione è di noi adulti. Proprio perché siamo (o dovremmo essere?) più maturi, sta a noi fare il primo passo, sta a noi gestire questa sottile partita a scacchi e sta a noi – che abbiamo già attraversato l’età adolescenziale – approcciare per primi il nostro interlocutore, capendo quando è il caso di lasciar sbollire (“fammici pensare”, “dammi dieci minuti e ti rispondo”, …), usando il corretto linguaggio non verbale (silenzio, gesti, sguardi, azioni concilianti, …) e cambiando tattica quando questa non funziona.
Certamente è un lavoro mentale non facile, che richiede l’adozione di strategie sempre nuove e che deve sempre essere guidato dalla nostra incrollabile fede nell’attivazione di una relazione virtuosa, ma – come detto – non possiamo esimerci se puntiamo a trasmettere ai nostri figli, il meglio di noi, le nostre qualità, i valori di cui siamo portatori.
E’ stata una serata in cui la dr.ssa Marostegan ha toccato molti tasti delicati (“i nostri figli vogliono spesso portarci al limite per vedere fino a che punto riusciamo a resistere”) e in cui alcuni partecipanti hanno riconosciuto che anche un’attenta gestione del fattore tempo può essere utile (“Io con mia figlia cerco di prendermi del tempo, mi fermo e non parlo. Respiro. Riprendo il confronto in un momento successivo, a volte bastano pochi minuti, a volte di più. NON SEMPRE RIESCO”). Fa piacere rilevare i molti consensi raccolti dal pubblico, segnale che gli spunti e le riflessioni fornite dalla dr.ssa Marostegan possono essere utili a noi genitori per organizzare – come un giovane Napoleone – la prossima battaglia.
Sempre sperando che sia una Magenta o una Austerlitz e non una Waterloo.
Alla prossima.
Ass. PROSPETTIVA FAMIGLIA
dott. Paolo STEFANO