SCUOLA PER GENITORI 2022-2023
“IDENTIKIT DELL’ADOLESCENTE OGGI
COME CAPIRE LE NUOVE NORMALITA’ E
AIUTARE LE NUOVE SOFFERENZE DEGLI ADOLESCENTI”
dr.ssa Barbara Tonin
Centro civico “N.Tommasoli” – 23 marzo 2023
La lucidità e l’esperienza di chi quotidianamente assiste, segue, analizza e cura sul piano psicologico adolescenti che hanno imboccato una strada pericolosissima; giovani che hanno chiuso i battenti di fronte a questa società, che hanno danneggiato gravemente le proprie relazioni e che spesso si lasciano andare a “sballi” di alcool o di fumo al solo scopo di anestetizzarsi ed entrare in una dimensione di relax, di abbandono, di distacco dai ritmi sempre incalzanti di questo mondo. Questa è stata la frequenza utilizzata dalla psicanalista junghiana Barbara Tonin, che ha cercato di aiutarci nel definire l’identikit dell’adolescente moderno di fronte al quale troppo spesso noi genitori siamo impacciati, impreparati e incapaci di porci nella modalità necessaria per stabilire un giusto ed efficace rapporto, capace di indurli ad uscire dal loro guscio e soprattutto di sentirsi liberi di parlarci dei loro problemi senza il rischio di metterci preoccupazione e ansia: motivi, questi ultimi, che spesso li frenano dall’aprirsi con noi, preferendo magari confidarsi con qualcuno all’esterno della famiglia.
Eppure un adolescente che sta sempre al centro della questione e che:
- – Vive il passaggio dalla vita in famiglia alla separazione da essa e alla propria realizzazione non più come membro della famiglia stessa, ma come individuo con una sua identità e personalità;
- – Cerca di darsi una definizione ed essere ambiente di crescita dei valori che gli sono instillati;
- – Vive una sua nascita sociale, ovvero cerca di trovare una propria identità all’interno di un gruppo, sia esso la classe o un altro gruppo (la squadra di calcio, il gruppo degli amici del quartiere, …);
- – Cerca con forza di mentalizzare il proprio corpo, arrivando – e non vale solo per le femmine, ma anche per i maschietti – di porre la massima attenzione alle propria forma fisica proprio per l’importanza che ha – oggi – l’apparire, l’essere famoso, “il ricevere molti like”.
All’adolescenza si arriva però spesso come risultato di due atteggiamenti contrapposti e scorretti: da una parte, l’adultizzazione del bambino, ossia il volergli imporre comportamenti e riflessioni che non sono tipiche del bambino; dall’altro, al contrario, vi è un’infantilizzazione dell’adulto, espressione di una fragilità via via crescente negli ultimi decenni. Adulti che si comportano da adolescenti, adulti che ritengono esaurito il proprio compito di genitori quando hanno dato un buon voto alla loro performance (magari per aver risolto un problema economico al figlio), ma che nel frattempo hanno bellamente tralasciato la necessità di sedersi al suo fianco, di dialogare, di avviare con lui riflessioni da pari a pari. Certo, tutto ciò si inserisce nel profondo cambiamento vissuto dalla famiglia nell’ultimo mezzo secolo; si è persa via via per strada la “famiglia normativa”, quella dove vi erano regole rigorose (talvolta rigide) ed esse andavano rispettate; la famiglia del padre-padrone, il padre autoritario, la cui parola era legge, dove i ruoli erano ben definiti e consolidati e dove la relazione veniva utilizzata per far passare dei valori. Nel contempo si è fatta strada la “famiglia affettiva”, quella dove la relazione non deve mai interrompersi, quella della madre virtuale, ossia una famiglia dove si cerca di salvaguardare ad ogni costo la relazione anche a rischio di mettere a repentaglio i ruoli. Ciò sicuramente è stato indotto anche da un profondo cambiamento della società: se mezzo secolo fa, il rapporto fra madre e figlio verteva su una vicinanza fisica e su un contatto di assoluta prossimità, la moderna società impone spesso che entrambi i genitori lavorino; se così è, capita non di rado che il figlio venga mandato al nido ancora prima che compia un anno e che la madre sia in costante rapporto col figlio tramite l’eternamente presente cellulare. Ecco allora che nell’era del telefono cellulare, la madre virtuale organizza, controlla e riprende la vita del figlio. Ci si chiede allora: ma se hai praticamente allevato tuo figlio tramite il cellulare, come puoi pretendere poi che egli lo abbandoni immediatamente e senza condizioni? E’ evidente infatti che, con queste premesse, per lui il cellulare è un elemento fondamentale, il cordone ombelicale che per anni lo ha tenuto attaccato alla madre. A ciò si aggiunga il fatto che la società moderna – e non è una novità – sia estremamente competitiva, sia una società dove ciò che conta è il successo e la popolarità, una società individualista, dove noi genitori siamo i primi a spingere affinché nostro figlio arrivi primo, a qualunque costo e senza rimorsi. Ai bambini insegniamo che non devono mai stare da soli e che devono avere tanti amici; tutte cose vere, ma non dimentichiamoci che anche se stanno un po’ da soli a meditare su chi sono e cosa vogliono dalla vita, poi tanto male non fa. La psicosi di dover sempre fare qualcosa, di essere sempre circondati da amici (“madri che vanno nel panico perché un amico del loro figlio ha invitato molte persone, ma non il loro figlio”); la nostra posizione di genitori è troppo spesso quella di riprenderli in continuazione per tutto ciò che fanno, dimenticando che molto probabilmente quegli stessi errori li abbiamo fatti anche noi oppure che non sono errori, ma scelte individuali che vanno rispettate. Bene dice la dr.ssa Tonin quando afferma che, nel momento in cui colloquiamo con i nostri figli, non dobbiamo metterci in una posizione di giudizio e di valutazione; con questo approccio, i nostri figli saranno sempre chiusi a riccio proprio perché sanno a priori che ogni loro descrizione o affermazione su ciò che fanno i loro amici o il loro gruppo o essi stessi, può essere oggetto di giudizio da parte nostra. Maggiori saranno le probabilità che essi si aprano con noi, se il dialogo si metterà su un piano di confronto leale, di affidamento sulla loro opinione (“tu cosa ne pensi? Tu cosa faresti in questo caso?”).
Il fatto che talvolta i giovani si lascino andare ed esagerino con il bere o con il fumare non è, secondo la psicanalista Tonin, per violare le regole, bensì per anestetizzarsi, per “sedersi in panchina” perché i ritmi in campo sono troppo frenetici e prima di riprendere hanno bisogno di staccare. Sta a noi genitori, o comunque alle varie figure educative (allenatori, parroci, …) dargli la possibilità di vivere qualche momento di relax senza ricorrere allo sballo; se sapremo riempire o li avremo educati a riempire, i loro spazi con confronti, letture, meditazioni, ragionamenti, dialoghi interessanti, costruttivi e capaci di farli sentire importanti e fargli capire che la loro opinione ci interessa, che non siamo lì solo per giudicare, ma che tutto sommato anche noi non siamo perfetti e facciamo i nostri errori, allora gli avremo dato la chiave di volta per gestire opportunamente questi intervalli così importanti per:
- – Consentire loro di costruire una propria corazza ed una propria identità e personalità;
- – Renderli consapevoli che il loro ruolo, le loro proposte e le loro decisioni sono importanti per noi e possono risolvere problemi per noi insormontabili.
Come dice lo psicologo Matteo Lancini: se hai ripreso tuo figlio per 12 anni, in una società dove ciò che conta è internet, l’immagine, essere visibili dappertutto e dove se non sei visibile non sei nessuno, perché quando il cellulare lo usano gli adolescenti non va più bene? Difficile pretendere ciò, specie quando spopolano applicazioni come “Be Real”, dove, diffondendo fra la propria cerchia quello che si sta facendo, si spera di ricevere una montagna di “like”.
Il fatto è che con i 12 anni è arrivato anche il momento dei “no”, il momento dei paletti, il momento in cui l’adulto vuole imporre le sue regole ed il neo-adolescente comincia a guardarsi attorno e a cercare punti di riferimento anche fuori dalla famiglia, punti di riferimento che possono, se non soppiantare, quanto meno oscurare la figura del padre e della madre. Ma come! Fino a i 12 anni lo abbiamo abituato a convivere col cellulare e poi, improvvisamente, gli diciamo che deve essere capace di stare solo in una stanza per ore a studiare in silenzio e solitudine? Certamente l’adolescente di oggi non è trasgressivo. La trasgressione faceva parte della società patriarcale, una società dove veniva prima il dovere e poi il piacere; oggi, pertanto, non vi è alcuna valenza trasgressiva nei comportamenti adolescenziali. Ciò che li attanaglia è la delusione. In una società vieppiù competitiva è chiaro che le probabilità di non arrivare primo sono molto alte e in questo caso cosa succede? E’ facile per il figlio o la figlia essere preda della delusione (“ho preso un 2 in matematica, non sono degno né capace di proseguire in questa scuola”). Una deduzione chiaramente errata, sia perché abbiamo fior di esempi di ragazzi che pur non essendo primi della classe hanno saputo trovare la loro strada e la loro realizzazione e sia perché al contrario ci sono ragazzi che, pur col 110 e lode, non riescono ad acquisire una propria identità, individuale e sociale.
La delusione porta spesso i ragazzi a trasferire un loro dolore psicologico (“non sono capace, non sono adatto”) in un dolore fisico, come accade a coloro che si procurano tagli sul corpo (self cutting). Costoro praticano i tagli spesso in zone non visibili, salvo praticarli in zone dove è più facile vederli (braccia) quando finalmente hanno deciso di portare a galla questo loro malessere e parlarne con la famiglia. Oltre a questo, altre reazioni sono l’uso di sostanze o i disturbi alimentari oppure il ritiro sociale (hikikomori). Cosa vuol dire oggi educare alla delusione? L’adolescente è un soggetto narcisista Se è mortificato o se sente che non lo stiamo ascoltando, se ne va. Il soggetto narcisista di fronte ad eventuali mortificazioni deve sopravvivere.
Oggi gli adolescenti vogliono vivere nella mente dell’altro, per loro la relazione è fondamentale e cercano l’ascolto degli adulti, ma solo di coloro che siano capaci di identificarsi. Per loro la relazione mentale ha assunto un tale peso che anche nel rapporto tra fidanzati, si dà quasi più valore ad una pronta risposta su Whatsapp o ad un like che non ad un rapporto fisico d’amore.
Fra le loro principali preoccupazioni vi è l’incertezza sul futuro, l’assenza di prospettive. Il futuro viene visto con preoccupazione perché si vedono i benefici dell’infanzia che se ne vanno, ci si rende conto che sarebbe bello rimanere in quello stato infantile, curati e coccolati, ma si deve inevitabilmente andare avanti. I giovani non sono onnipotenti ed essi lo sanno; anche quando fanno qualche pazzia non è perché si sentono onnipotenti, ma spesso proprio per la paura di un futuro incerto e pieno di incognite.
Alla presentazione lucida e disincantata della psicanalista Tonin si è affiancata in finale di incontro a quella più morbida “come madre e come docente” della prof.ssa Galletta, la quale ha confermato per la propria esperienza personale un sempre maggiore infragilimento dei genitori (“di fronte al rischio di una insufficienza, a volte vanno nel pallone più i genitori del figlio”) e la possibilità di vedere il ragazzo aprirsi con noi adulti quando gli dichiariamo, molto umanamente e con grande onestà, che anche noi non siamo perfetti, che anche noi abbiamo le nostre debolezze e i nostri punti deboli. Vederci umani, ma soprattutto coerenti fra ciò che diciamo e come ci comportiamo, è il miglior viatico per far sì che si aprano con noi e ci dicano quali pensieri, incertezze e paure si annidano nelle loro menti. Su questo punto, la dr.ssa Tonin ha chiuso la sua presentazione facendo notare che per i ragazzi e per noi genitori “non è tanto importante prevedere chi diventeremo domani, ma chi siamo adesso.”
Ne è seguito un dibattito con il pubblico presente con domande molto pratiche sul modo di porsi verso gli adolescenti (dare o non dare consigli? Come reagire di fronte ad un figlio che, per non essere stato invitato, pensa il peggio del suo amico?
La risposta è il dialogo, aperto e costruttivo, non di chi è pronto a dare giudizi, ma di chi chiede cosa ne pensi il ragazzo della situazione e comunque gli faccia capire che il suo pensiero per noi è importante, che egli non è più oggetto, ma soggetto della sua e della nostra vita.
Ass. PROSPETTIVA FAMIGLIA
dott. Paolo STEFANO