Ciclo di incontri sulla geopolitica
ISRAELE E LA POLVERIERA MEDIO ORIENTALE
prof. Stefano Verzè
Centro civico N. Tommasoli 6^ Circoscrizione – 17 ottobre 2023
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Se il buongiorno si vede dal mattino, sarà una splendida giornata di sole.
Inizia col botto il ciclo di incontri dedicati ai delicati temi della geopolitica, in un momento decisamente caldo e carico di tensione.
Alla presenza della Presidente Rita Andriani, del consigliere Luca Stoppato e di altri consiglieri circoscrizionali e con una sala gremita con 120 persone presenti, si è aperto il primo dei quattro incontri dedicati agli eventi che accadono nel mondo e che – per quanto lontani – sono terribilmente vicini da influenzare la nostra vita di tutti i giorni. Ad illustrare ciò che accade in queste settimane in medio-oriente, un cavallo di razza come il prof. Stefano Verzè, giornalista e da sempre approfondito conoscitore dei fenomeni politici, economici e sociali che indirizzano in un senso o nell’altro le vicende del pianeta. Si pensava che il conflitto fosse fra Israele e la Palestina, ma – secondo il nostro relatore – non è questo o non è soltanto questo il tema. Hamas, infatti, non è particolarmente amato nemmeno dalla dirigenza politica della Cisgioradania, che vivono – in condizioni difficilissime – nella Striscia di Gaza. Hamas, un termine arabo che nel suono rievoca la parola “forza” e che nel suo significato più stretto sta per “Movimento della resistenza islamica”, fa parte di quelle organizzazioni politico-militari islamiche, che assumo posizioni radicali nei confronti dei Paesi non musulmani. Proprio questi movimenti radicali rappresentano, tuttavia, il nemico numero uno dei Paesi arabi di impronta sunnita. Paesi come l’Egitto, inequivocabilmente musulmani, non temono affatto Israele, quanto piuttosto quei movimenti integralisti – tipo i “Fratelli musulmani” –che si pongono come obiettivo quello di abbattere i regimi autocratici che si sono formati nel tempo nella fascia che va dal Golfo Persico (Arabia Saudita in testa) e via via lungo tutto il Sahel e l’area subsahariana. Ecco il vero scontro: da una parte i Paesi di religione sunnita rispetto a quelli sciiti, dall’altra regimi autocratici che temono l’insurrezione da parte di organizzazioni militare estremiste, ancorché musulmane. Cade quindi, secondo il prof. Verzè, l’idea che l’Europa possa rappresentare un obiettivo di queste organizzazioni o del mondo arabo in generale. Si, certamente, gli attentati – se portati a termine in Europa – hanno grande effetto mediatico e scatenano il terrore nell’opinione pubblica (“fa più clamore un attentato a Parigi rispetto ad uno a Kabul”), ma l’Europa in sé non è per il mondo arabo un obiettivo interessante.
Ma quali sono i Paesi sciiti e quali quelli sunniti? Diciamo che il Paese sciita per antonomasia è l’Iran, mentre negli altri Paesi dell’area, gli sciiti rappresentano solo delle sparute minoranza, concentrate in ogni caso nell’area del Golfo Persico. La Siria è un Paese sunnita, anche se ha una dirigenza politica sciita, mentre altre aree di concentrazione degli sciiti sono soprqatutto in Libano, dove gli hezbollah (“il partito di Dio”) la fanno da padrone, armati e finanziati dall’Iran che non vede l’ora di stringere d’assedio Israele, con Hamas a sud e gli hezbollah libanesi a nord. Sunniti sono invece tutti gli altri Paesi dell’area, a partire dall’Arabia Saudita. E quali sono le principali differenze fra le due impostazioni? Sicuramente il fatto che nei regimi sciiti il potere religioso incarna il potere politico; non è un caso che a guidare l’Iran ci sia l’ayatollah Khamenei, che non solo è la principale carica religiosa, ma dispone del potere di veto nei confronti degli altri rappresentanti del Governo. Nei Paesi sunniti, invece, potere politico e potere religioso rimangono distintamente separati.
Insomma, un’area dove queste tensioni “carsiche” esplodono di tanto in tanto e questo è uno di quei momenti; eccidi condotti poche settimane fa in Siria, ma sommersi per l’opinione pubblica, sono esplosi invece nei raid che Hamas ha compiuto poco meno di due settimane fa, conducendo atti di efferatezza inaudita.
Israele non è stato certo a guardare in questi anni ed è emblematico come le aree riservate ai palestinesi si siano via via assottigliate fino ad arrivare alla Striscia di Gaza dove – in uno spazio poco più grande della provincia di Verona – vivono 2.400.000 abitanti, con una densità pari se non superiore a quella del Giappone.
Non è un segreto che Israele disponga di armamenti forniti dagli USA e che, dietro consenso di questi ultimi, possano essere utilizzati; resta, tuttavia, il fatto che – nonostante le due portaerei USA che si sono portate nel Mediterraneo orientale ed i duemila soldati americani pronti ad entrare in azione – la situazione resti estremamente incerta e nemmeno gli americani vedano in questo momento di buon occhio un attacco via terra dei carri armati israeliani dentro la Striscia.
Incertezza è la parola che meglio definisce l’attuale situazione: l’Iran vorrebbe scatenare gli hezbollah, ma ha a che fare con faide interne ed un fallimento esterno potrebbe significare la fine del potere di Khamenei; gli USA vorrebbero supportare l’esercito israeliano, ma a nessuno conviene alzare il livello di tensione, che ha già spinto in questi giorni qualche estremista ad atti di terrorismo nella cara vecchia Europa. Incertezza in Siria dove la Russia ha alcune sue basi, ma non ha interesse ad affrontare un altro sforzo bellico, impegnata com’è in quello russo-ucraino. Incertezza in Egitto che non apre il varco di Rafah perché due milioni e mezzo di palestinesi volti a rimpolpare le fila di chi vuole rovesciare il governo di Al Sisi, non li vuole nessuno.
In tutto questo caos, chi sembra godersi una posizione di privilegio, seppur anche lei con i suoi problemi interni, ma fuori da questo contesto di tensione, è la Cina guidata da Xi Jinping.
La verità è che gli interessi si stanno concentrando su ben altra area del pianeta; noi parliamo del medio-oriente, ma le attenzioni delle grandi potenze sono sull’estremo oriente, sul Mar della Cina meridionale, su Taiwan (primo produttore al mondo di semiconduttori); non dimentichiamo che a Taiwan ha sede la società TSMC, che produce i microchip per Apple, per Huawei e – udite udite – persino per il Pentagono.
Si è aperto infine il dibattito con domande che ci hanno portato a viaggiare per il pianeta, dal ruolo dell’Europa (“inesistente politicamente”) agli accordi di Oslo, ratificati il 13 settembre 1993, con la storica stretta di mano fra il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin ed il rappresentante dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) Yasser Arafat.
Tempi in cui la pace sembrava poter prendere il sopravvento con il partito di Arafat (Al Fatah) decisamente più moderato e conciliante del movimento integralista di Hamas.
Il prof. Verzè ha risposto a tutte le domande ed ha saputo mantenere alta l’attenzione della platea con la sua lucida analisi della situazione e con la sua consueta, gradevole ironia.
Ci ha dato appuntamento fra sette giorni, dove parleremo – in tema di incertezza – del caos che regna nell’area medio-orientale in un generale clima di instabilità a livello mondiale; la settimana successiva – sempre in tema di instabilità – vedremo come gli americani si stanno approcciando alle primarie ino vista delle presidenziali del novembre 2024.
A presto.
Ass. PROSPETTIVA FAMIGLIA
dott. Paolo STEFANO