Ciclo di incontri sulla geopolitica
IL CAOS MEDIO-ORIENTALE
NELL’INSTABILITA’ GEOPOLITICA MONDIALE
prof. Stefano Verzè
Centro civico N. Tommasoli 6^ Circoscrizione – 24 ottobre 2023
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Ben introdotto dalla Dirigente Marconcini, alla presenza della Presidente della VI^ Circoscrizione, Rita Andriani e davanti ad un pubblico di oltre cinquanta persone, il prof. Verzè ha esposto, con la profonda conoscenza del tema che lo contraddistingue, l’argomento del secondo incontro del ciclo “ POPOLI E CIVILTA’ “.
Il tema era quello dell’instabilità a livello mondiale: un’instabilità che Verzè fa risalire al fatto che nel giro di mezzo secolo siamo passati da un mondo “ordinato” ad un mondo in perenne divenire, da una situazione, seppur tesa, ma stabile come la Guerra Fredda, ad una situazione di incertezza, generata da alcuni eventi importanti che hanno segnato l’ultimo quarto di secolo. Era il mondo, dopo quel 9 novembre 1989 in cui veniva abbattuto il muro di Berlino, in cui si recitava il de profundis del Comunismo e in cui l’Occidente, il capitalismo sembrava poter imporre la sua logica ed il suo potere.
Poi, però, questa posizione di dominio è stata minata da alcuni fatti importanti: certamente, l’attentato dell’11 settembre 2001,da parte dell’islamismo e del jihadismo, ha infranto quella situazione ed ha fatto capire che gli USA non erano poi imbattibili e invincibili. Perché una democrazia forte come quella americana ha segnato il passo? Innanzitutto, occorre notare che le democrazia sono sistemi fragili, sistemi dove il contraddittorio – fondamentale per la garanzia delle libertà – rappresenta tuttavia un freno al raggiungimento pieno e diretto dell’obiettivo.
Tanto un sistema autocratico punta diritto, deciso verso gli obiettivi prefissati, siano essi di politica economica o militari e altrettanto un sistema democratico deve affrontare nel suo cammino gli ostacoli dell’opposizione, le fatiche del rispetto delle parti, l’impossibilità di imporre e di imporsi anche con la violenza. Un Governo infatti, anche quando gode della fiducia del Parlamento, non può agire indisturbato, ma può e deve governare all’interno di norme inderogabili, prima fra tutte la Costituzione. Non ha caso, la Corte Costituzionale vigila sull’operato del Governo in modo che non vengano mai violate le norme che stanno alla base del nostro ordinamento. Un Governo democratico, ancorché godesse dell’appoggio plebiscitario del Parlamento, non potrebbe mai agire in violazione dei diritti umani, né potrebbe deliberare norme in contrasto con le libertà intangibili dell’individuo.
Ecco allora che ci troviamo da una parte regimi autoritari, che fanno della concentrazione del potere la loro forza (ma anche la sofferenza dei suoi abitanti) e dall’altra le democrazie che, in un continuo divenire, cercano faticosamente la realizzazione dei loro obiettivi, ma nel pieno rispetto della persona. Una democrazia oggi si fonda sul concetto di cittadinanza; qualora una democrazia sostituisse questo principio con quello di etnia, sarebbe l’inizio della fine. L’Italia non è (o non è più) il Paese di coloro di razza bianca, cattolici e legati alle tradizioni, bensì è il Paese di coloro che hanno la cittadinanza, di qualunque colore siano e a qualunque religione appartengano.
Su cosa si basano i regimi autoritari? Su tre pilastri fondamentali per la conservazione del potere: il nazionalismo, che si compatta solitamente trovando un “nemico” esterno su cui concentrare l’attenzione dei suoi cittadini; l’autoritarismo, con cui imporre la propria ideologia e dando il messaggio ai propri elettori di essere esattamente come loro si aspettano; infine il militarismo, ossia la piena fedeltà dell’esercito ed il ricorso pesante alla forza pur di imporre il regime e sedare eventuali movimenti ostili. Questo lo si è visto in Russia, così come in Cina o in Iran. Il motto “Dio, Patria, Famiglia” diventa in questi Paesi un diktat inderogabile; al punto che in Iran il potere civile e quello religioso si fondono nella stessa persona, l’ayatollah Khamenei che dispone pienamente e senza opposizione alcuna.
Anche la Cina rappresenta un perfetto esempio di regime autoritario, dove il confucianesimo fa prevalere la collettività al singolo ed è il motivo per cui, quando in Cina un individuo viene sorpreso a rubare o a commettere qualche reato, lo si vede spesso piangere (scene impossibili da vedere qui da noi …). Questo appunto perché il singolo non ha alcun valore in quei regimi; lì prevale la società, la collettività nel suo complesso e chi la ostacola viene considerato un nemico del Paese.
Facendo un focus sull’Estremo Oriente, il prof. Verzè ci ha fatto notare che la posizione cinese è di tutelare ad ogni costo i suoi 13.500 km di costa, arrivando addirittura a creare delle isole artificiali per poi dichiararle territorio cinese. Inoltre, sempre la Cina tenta continuamente di annettere isolotti presenti nel Mar Cinese Meridionale (isole Paracelso, isole Spratly o le isole Senkaku di fronte al Giappone) in quanto sostiene che è attraverso la potenza sui mari che potrà tornare ai fasti di un tempo. Su questo punto, la propaganda del regime è talmente forte e asfissiante che gli abitanti non mettono in dubbio che si tornerà ai fasti delle grandi dinastie cinesi del passato.
Tutta questa attenzione su quell’area del pianeta è anche legata al fatto che la gran parte della flotta statunitense naviga permanentemente in quelle acque (anche se nei giorni scorsi ha sganciato qualche portaerei verso il Mediterraneo orientale per vigilare sulla situazione israeliana). La Cina, a sua volta, sta da tempo mettendo gli occhi su vaste aree dell’Africa, anche se nella maggior parte dei casi la conquista economica non è associata a quella militare; i tentativi, tuttavia, di prendere il controllo di alcune aree strategiche, non sono mancati. In particolare, la Cina ha cercato di porre una base a Gibuti, sul Corno d’Africa, una terra poverissima, ma che consente il controllo del traffico a Ba bel Mandeb, la porta di ingresso nel Mar Rosso e quindi la possibilità di accedere, tramite lo stretto di Suez, ai grandi mercati europei. In Africa, la Cina guarda con interesse anche a Paesi come il Kenia, la Tanzania, l’Angola, la Namibia e la Guinea Equatoriale. In Asia, sta cercando collaborazioni con i Paesi limitrofi (Pakistan, Bangladesh) del suo grande nemico, l’India.
Infine, il prof. Verzé ci ha raccontato dei suoi viaggi in Iran (“Teheran è una città così grande che si estende su un dislivello di circa 1.000 metri) e a Seul, dove ha cercato di conoscere da vicino lo stile di vita degli abitanti di questi Paesi.
Al termine della ricca e documentata presentazione, si è aperto il dibattito con domande sul ruolo del Qatar (“paga gli stipendi di tutti i dipendenti della Pubblica Amministrazione della Striscia di Gaza”), dell’Iran e della sempre ambigua Turchia, che con un piede è nella Nato e con l’altro strizza l’occhiolino a Putin, da un lato appoggia i conflitti nel Nagorno Karaback contro gli Armeni da parte dell’Azerbaijan e dall’altra solletica i Paesi musulmani, ponendosi come arbitro mondiale nelle varie tensioni che si aprono nelle singole parti del mondo.
Sempre nell’ambito del dibattito finale, si è toccato il tema della sensibilizzazione dei ragazzi, una sensibilizzazione che non si può limitare ad uno sterile studio dell’educazione civica, quanto piuttosto al fatto di farlo proprio, acquisire un modo di sentire comune che faccia sì che le conoscenze si possano impiantare su un substrato già fertile per la sensibilità che si è maturata e per il fatto di essersi abbeverati ai principi di rispetto, uguaglianza e tolleranza, che pure hanno ispirato i Padri della nostra Costituzione.
Ci vediamo martedì 31 ottobre per parlare di elezioni americane, pianificate per il prossimo anno e con la grande incertezza legata ai possibili candidati, sia democratici che repubblicani.
A presto.
Ass. PROSPETTIVA FAMIGLIA
dott. Paolo STEFANO