SCUOLA PER GENITORI 2023-2024
“L’ALFABETO DELLE EMOZIONI”
La regolazione emotiva in età evolutiva, strategie e consigli
dr.ssa Stefania Bergnoli e dr.ssa Grazia Simone
Centro Civico “N. Tommasoli” – 23 novembre 2023
VIDEO
Il tema di questa sera sembra, di primo acchito, destinato ai bambini e ai giovani, ma basta soffermarsi qualche secondo e ci si renderà conto che coinvolge e anche in modo invasivo il mondo degli adulti. Si parla, infatti, di regolazione emotiva, ossia della capacità di avvertire e gestire le emozioni. E non solamente le proprie, bensì anche quelle degli altri. Una possibilità che ci viene resa disponibile in modo direttamente proporzionale alla nostra empatia. Presentazione fluida e chiara quella di questa sera, fatta da due relatrici in evidente simbiosi come la dr.ssa Grazia Simone e la dr.ssa Stefania Bergnoli. Innanzitutto si è affrontato il mondo emozionale del bambino, illustrando il concetto di “emozione”: essa può essere definita, ci dice la dr.ssa Simone, come il modo in cui ci sentiamo quando ci accade qualcosa; le emozioni sono importanti perché ci permettono di conoscere sia ciò che avviene, sia ciò che noi vogliamo ed infine ciò che per noi è importante.
Ecco allora stagliarsi all’orizzonte il concetto di intelligenza emotiva; senza scomodare Daniel Goleman, essa è la capacità di comprendere le proprie emozioni e quelle degli altri: saperle distinguere, comprendere e di conseguenza agire in modo sano, consapevole e funzionale è fondamentale per avere contezza delle nostre emozioni; questo processo passa attraverso cinque fasi importanti: innanzitutto l’autocoscienza, ossia il fatto di essere consapevoli delle nostre emozioni, quindi la capacità di gestirle, di controllarle; a seguire ne deriva la capacità di motivare noi stessi per poi passare a riconoscere le emozioni degli altri, coloro che ci vivono accanto o con i quali veniamo in contatto per amicizia, lavoro o altro; infine, la capacità di gestire le relazioni, ossia non limitarsi più all’autocontrollo e alla coscienza delle emozioni altrui, ma fare un passo in più e gestire il rapporto che ci lega all’altro: gestirlo come? Proprio sulla base dell’aver assimilato e metabolizzato le nostre e le altrui emozioni. Già riconoscere le emozioni non è facile. Per farlo serve l’esperienza e la lucidità per osservare la realtà e i comportamenti con occhio lucido e obiettivo, senza farsi traviare da errati e preconcetti punti di vista. L’esempio degli smarties, fatto dalla dr.ssa Simone, è illuminante: “se riempio di bottoni un tubetto di smarties e chiedo a un bambino che cosa può esserci dentro, mi risponderà certamente che ci sono degli smarties; se gli dimostro che dentro avevo messo dei bottoni e gli chiedo cosa risponderà un altro bambino alla stessa domanda, egli ha due possibilità:
- Se mi dice che un bambino successivo, risponderà “bottoni”, vuol dire che non ha maturato quel processo della mente che serve per capire che a fronte di quella ipotesi, la tesi è necessariamente la stessa a cui è arrivato lui (se vede un tubetto di smarties, risponderà che contiene degli smarties);
- Se, invece, mi dice che alla stessa domanda un bambino successivo risponderà ancora “smarties”, significa che ha maturato la consapevolezza delle emozioni.
Una volta definito il mondo emozionale del bambino, siamo passati al concetto di “regolazione emotiva”, ossia la capacità di gestire e controllare i pensieri, le emozioni e quindi i comportamenti, allo scopo di avere uno stato di benessere. Qui è stato molto efficace il video del famoso esperimento dei marshmallow, uno degli esperimenti di psicologia comportamentale più famosi. Esso fu condotto alla Stanford University da Walter Mischel nel 1972 ed era volto ad approfondire il valore che aveva il poter resistere alla tentazione di un rinforzo immediato in favore di un maggiore beneficio a lungo termine. In sostanza, fu presentato un dolcetto a vari bambini e gli si disse che se avessero resistito 15 minuti senza mangiarlo, ne avrebbero ricevuto un altro. Ebbene, a distanza di anni, lo studio accertò che i bambini che avevano resistito maggiormente alla tentazione di mangiare il dolcetto furono anche quelli che ebbero i migliori risultati scolastici al college.
E ‘altronde, siamo tutti consapevoli che, quanto maggiore è l’attesa per una cosa che ci piace e maggiore è il valore che attribuiamo a quella cosa. Che valore hanno i regali di Santa Lucia attesi per un anno intero? Enorme. La dr.ssa Simone ci sottolinea quindi l’importanza dei “no”, l’importanza delle regole: un bambino che si abitua a sentirsi sempre dire di sì, sarà in grossa difficoltà a dover gestire i “no” che la vita (la fidanzata, il datore di lavoro, gli amici, …) gli porrà dinanzi una volta diventato adolescente.
E’ comodo anche per i genitori dire di sì (il bambino smette di piangere, di fare i capricci, di disturbare), ma in tal modo non facciamo il suo bene: se non gli insegniamo fin da piccolo che ci può essere il “si”, ma anche il “no”, creiamo le premesse per un suo disagio. Un evento negativo non va cancellato e risolto immediatamente; il bambino può anche restare qualche minuto con l’arrabbiatura, prima che noi gli si spieghi il perché del nostro “no”; per una cosa bella che egli ci chiede, possiamo anche farlo aspettare un attimo senza correre immediatamente a soddisfare le sue richieste.
Questo è uno dei compiti di noi genitori: non correre immediatamente e forsennatamente a fornire quanto richiesto: per una richiesta o per un dispiacere, il bambino o l’adolescente possono anche aspettare un po’. L’altro importante compito che ci spetta è quello – passata l’attesa – di spiegare i motivi, di ascoltarlo (non di sentirlo), di condividere le sue emozioni e parteciparvi, conducendolo ad un ragionamento che lo renda edotto delle ragioni che hanno portato a rifiutare la sua richiesta.
Aristotele diceva che “educare la mente senza educare il cuore, non è affatto educare”: sappiamo tutti che la mente (cognizione) ed il cuore (emozione) hanno ruoli e funzioni completamente diversi; ciò non toglie, tuttavia, che vi siano forti relazioni fra i due organi. Lo dimostra il fatto che le nostre capacità cognitive aumentano incredibilmente in presenza di emozioni forti e piacevoli: le emozioni funzionano da solvente che imprime come su una pellicola fotografica le cognizioni ascoltate o viste.
Quando dormiamo sprigioniamo una frequenza di 3 Hertz, quando siamo svegli di 6 Hertz, ma quando proviamo un’emozione arriviamo a frequenze fra i 15 e i 40 Hertz: impressionante, non è vero?
Le due brave relatrici hanno poi esposto il metodo ABC, un metodo che dimostra come l’evento e le emozioni sono legati fra loro dai pensieri. Ne consegue che un evento fa scattare nella nostra mente dei pensieri che provocano a loro volta delle emozioni. Ne discende che a parità di evento, posso arrivare ad emozioni diverse a seconda del pensiero che ho generato. Se giocando una partita di pallone, sbaglio un tiro e per colpa di quell’errore la mia squadra perde, posso pensare:
- Ho sbagliato quel tiro -> sono un fallito, non ne faccio mai una giusta;
- Ho sbagliato quel tiro -> è stato il mio compagno a passarmela male;
- Ho sbagliato quel tiro -> in fine dei conti è solo un gioco, la prossima volta andrà meglio.
Si capisce come in ciascun caso, le emozioni provate siano differenti: nel primo caso, sicuramente tristezza, nel terzo caso certamente rabbia; è evidente, tuttavia, che solo nel terzo caso vi è quella capacità di metabolizzare le emozioni e ripartire più forti e convinti di prima.
La dr.ssa Bergnoli ha poi affrontato il tema del dialogo interno, ossia quella capacità di parlare con noi stessi quotidianamente; di fronte ad un evento i nostri pensieri possono essere diversi e numerosi; spesso non siamo consapevoli del nostro dialogo interno, ma soprattutto la capacità di sintonizzarci sul nostro dialogo interno è molto importante e ciascuno di noi può acquisirla per affrontare in modo più positivo le emozioni spiacevoli o le situazioni difficili. Certamente il nostro dialogo interno può esercitare una grande influenza sulle nostre emozioni e sul nostro comportamento. Attenzione al fatto che non sempre le cose che diciamo a noi stessi sono utili: a volte ci creiamo dei film, che sono solo nella nostra mente e ci impediscono di guardare lucidamente la realtà. Ecco allora l’importanza di avere una giusta visione ed evitare che certi pensieri ci portino ad una visione distorta della realtà. Quando diciamo a noi stessi, frasi del tipo: “Non posso sopportare di ricevere certe offese” o “Ce l’hanno tutti con me” oppure “Non ne faccio una giusta” rischiamo di non essere lucidi osservatori delle cose e di ciò che siamo. Ne deriva che dobbiamo perennemente sforzarci di migliorare nel tollerare le frustrazioni: solo così aumenteremo la nostra capacità di valutare obiettivamente la realtà, di essere di supporto a chi ci circonda e di aumentare straordinariamente le nostre abilità. Frasi del tipo “non posso sopportare di fare quella cosa” o “è troppo fastidioso” o anche “voglio fare solo ciò che mi piace” sono tipiche di un bambino che non abbia ancora maturato quella capacità di discernimento e quella lucidità che invece si pretende da un adulto. Come fare a raggiungere questa capacità di tollerare le frustrazioni? E’ presto detto: fermarsi ad esaminare e mettere in discussione i pensieri negativi, porsi delle domande per capire che quel pensiero non dice la verità e non ci aiuta a sentirci bene. Guai pertanto a pretendere o a dare interpretazioni sbagliate; grave errore svalutare (“sono un buono a nulla”) a ingigantire (“non ne faccio mai una giusta”) o peggio ancora a generalizzare (tutte le volte in cui usiamo termini come “mai”, “sempre”, “tutti” o “nessuno”; es. “ce l’hanno tutti con me”, “nessuno mi capisce”, “sono sempre il solito incapace”, …). Dobbiamo quindi trasformare il dialogo interiore, passando da “non riesco a fare niente di giusto” a “a volte sbaglio, ma faccio anche molte cose giuste”).
Ultimo tema della serata e punto cardine è stato quello della validazione emotiva: attraverso la validazione diamo una spiegazione logica, accogliamo ed empatizziamo con l’altro, facendogli capire che ha tutta la nostra attenzione. Questo è il grande compito del genitore: insegnare a riconoscere le emozioni per consentire poi di gestirle; quando non si dà questa validazione emotiva in ambito familiare, non si è di supporto e questo può avere ripercussioni sulla capacità dei ragazzi di regolare le proprie emozioni.
La serata si è conclusa con le strategie da utilizzarsi per combattere emozioni negative come la tristezza, la ansia o la rabbia.
Interessante il dibattito finale, dove pesano come macigni sulle nostre responsabilità di genitori, le parole della dr.ssa Simone: “la scuola può certamente aiutare, ma i veri responsabili dell’educazione del ragazzo sono i genitori”; per far ciò dobbiamo dedicare loto tempo e ascolto, dove per ascolto si intende non il semplice sentire, ma un vero e proprio atteggiamento di compartecipazione delle emozioni che egli sta vivendo per collaborare con lui nell’uscire da un disagio o nell’analizzare lucidamente una situazione. “Quando i bambini abbracciano frequentemente l’insegnante o, in ogni caso, si abbandonano ad atteggiamenti di intimità, dimostrano la necessità di dare e ricevere quell’affetto che forse la famiglia non dà loro”; come mai? Genitori troppo distratti in mille futili motivi quotidiani per non avvedersi che il figlio desidererebbe da morire un abbraccio da noi.
Grazie alla dr.ssa Simone e alla dr.ssa Bergnoli: presentazione lucida, disincantata e concreta, che mette noi genitori di fronte alla grande responsabilità di essere più attenti ai nostri figli, ai loro disagi e alle loro passioni: non per essere i loro sindacalisti (“li difendiamo ad ogni costo”), bensì per essere validi esempi da emulare e portatori di valori da inculcare nel lungo, periglioso e affascinante cammino della vita.
In una settimana come questa, segnata dalla tragica vicenda di Giulia Cecchettin, queste parole devono servire ancor più da monito per noi genitori ad aprire gli occhi e ad occuparci maggiormente dei nostri figli anziché disperderci nella tecnologia (“come spesso capita, utile ma a volte andrebbe limitata”) o in atti effimeri che non rinforzano i pilastri sui quali i nostri figli chiedono di fondare la propria esistenza.
A presto.
Associazione PROSPETTIVA FAMIGLIA
Paolo STEFANO