Di Nicolò Vincenzi
Le storie e i numeri. I racconti sono tutti diversi tra loro, ma con lo stesso denominatore: la violenza. Fisica, psicologica, economica o verbale. La paura. Il timore di non avere un posto in cui andare. I numeri che tracciano i contorni della violenza contro le donne sono ancora alti e da interpretare. Se da un lato questi ovviamente preoccupano, dall’altro mostrano anche una sempre maggiore consapevolezza nelle vittime di sapere che una via c’è. A Verona, in questura, arrivano circa due segnalazioni al giorno di questo tipo. Qualche giorno fa il procuratore Raffaele Tito aveva fornito ulteriori cifre. Da inizio anno a novembre le denunce per stalking erano state più di 300, oltre 500 quelle per maltrattamenti in famiglia e circa 120 per violenza sessuale. Più di tre al giorno complessivamente. Tra città e provincia sono molte le associazioni che si occupano della tematica. Tra queste Acisjf Protezione della giovane, in via Pigna, che attualmente sta ospitando 111 donne vittime di violenza. Con loro ci sono anche i figli. Sono seguite da specialisti e volontari per molto tempo. Alcune anche per diversi anni. La maggior parte sono straniere e giovani (non minorenni). Ma la violenza di genere viene affrontata in tanti ambiti, soprattutto nelle scuole. E con attività di formazione e informazione come quelle organizzate da un’altra associazione, Casa di Elena.La trasmissione Se n’è parlato ieri sera a Diretta Verona, la trasmissione di Telearena condotta da Mario Puliero. Ospiti il questore Rosaria Amato, la psicoterapeuta Roberta Siani della Casa di Elena, la vicepresidente di Acisjf Protezione della giovane, Patrizia Siani, e Daniela Galletta, coordinatrice della rete delle scuole di Verona. Il 25 novembre sarà la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e proprio un anno fa, in questi giorni (poi lo è stato per molto tempo) si parlava della tragedia di Giulia Cecchettin. La puntata di ieri, «Cara Giulia…», è stata aperta proprio dal questore: «Riceviamo una, due segnalazioni al giorno. Le donne ci parlano delle violenze subite. Negli ultimi anni sono stati fatti sicuramente dei passi in avanti, c’è più consapevolezza, ma il sommerso è ancora grande». Poi Amato ha aggiunto: «La questione culturale è l’aspetto che più mi preoccupa. Anche perchè è quello su cui è più difficile incidere. Ci sono tanti strumenti e ci sono pene forti, ma forse qualcosa in più si può fare sull’inasprimento». Sempre un anno fa in questura era stata inaugurata la «stanza tutta per sè». Lì le donne possono trovare ascolto, parlando con agenti formati per questi casi. «È stata molto frequentata. Faccio un appello a venire da noi anche solo per segnalare per poi poter agire sull’autore. Ma soprattutto perché si può avere un sostegno», ha precisato Amato. Sostegno e barriere«I numeri sono in aumento rispetto all’anno scorso», ha invece spiegato Salati, «quello che facciamo noi è accogliere con professioniste del sociale, educatrici e psicologhe. Il percorso inizia subito ma bisogna anche pensare che una donna, soprattutto se accompagnata dalle forze dell’ordine, per i primi giorni dorme. Deve recuperare tutto quello che ha subito». Tra le difficoltà anche le barriere linguistiche e culturali. «Facciamo attività di formazione, informazione e mostre. Poi operiamo molto nelle scuole superiori. Progetti che l’anno prossimo vogliamo estendere anche alle medie», ha evidenziato Siani. «Il numero sempre maggiore di denunce», ha invece sottolineato Galletta, «deriva anche dal fatto che c’è una percezione diversa. Il caso di Giulia è stato uno spartiacque, ma un altro momento è stato quello della pandemia. I giovani vivono momenti di grande crisi e solitudine». Chiamate e uomini violenti Dallo scorso novembre le chiamate al numero d’emergenza 1522 sono cresciute notevolmente (dell’85 per cento solo nel primo trimestre sul ’23). C’è anche chi, come lo psicologo del centro Nav, Non agire violenza, Filippo Saccardo, si occupa della riabilitazione degli uomini violenti: «Nel 2024 abbiamo avuto 60 nuovi accessi. Alcuni in modo volontario altri portati nel nostro centro dalle forze dell’ordine. Il percorso dura almeno un anno, l’obiettivo finale è tutelare le donne e i figli. Dopo il percorso sono rari i casi di recidiva».