2^ edizione del ciclo di geopolitica
POPOLI E CIVILTA’
La Cina nei suoi rapporti con le altre potenze:
come sta il Dragone?
prof. Stefano Verzè
Centro Civico “N. Tommasoli” – 25 novembre 2024
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RELAZIONE:
Il secondo incontro del ciclo di geopolitica, intitolato “Popoli e civiltà”, sempre tenuto dal prof. Verzè era dedicato alle vicende del Mar Cinese meridionale, allo stato delle cose in Cina e nell’Estremo Oriente, ma visto che in questo periodo l’attenzione è maggiormente concentrata su ciò che succede in Europa e alle possibili conseguenze sulle economie del Vecchio continente derivanti dalla fresca elezione di Trump, si è dirottata la presentazione su questi ultimi temi. Il prof. Verzè ha esordito facendo un excursus sulla Russia di Putin, sull’entusiasmo con cui ha accolto l’elezione di Trump negli USA. Ci ricorda, il prof. Verzè, che con Putin – in realtà già con Michail Gorbaciov – è venuto meno il blocco sovietico e si è affermato invece il modello statuale prediletto da Putin, ossia una restaurazione del vecchio impero zarista dei tempi dello zar Nicola II. Uno Stato, quello russo, dove per un paio di decenni, il dittatore Putin si è preoccupato di indottrinare bene la popolazione, spegnendo sul nascere eventuali avversari politici (vedi il caso del dissidente Navalnj, arrestato con una scusa molto banale e morto in circostanze tutt’altro che ignote per mano dei suoi carcerieri). Stati come la Russia, partono con una forma di nazionalismo, che si porta dietro poi l’onda del sovranismo; in altri Paesi, la sequenza causa-effetto era rovesciata; resta il fatto, nell’uno come nell’altro caso, che le due fasi sfociano nel militarismo, necessario per imporre con la forza il governo predisposto. Non serve un mago per capire che elezioni come quelle russe non hanno proprio nulla di democratico, se non la facciata, precedute come sono da un’eliminazione di tutti gli avversari, fatti salvo quelli che – per le percentuali di preferenze – non solo non hanno alcuna possibilità di vincere, ma anzi aiutano a creare quell’immagine di votazioni pseudo-democratiche.
Davanti a una guerra che dura ormai da più di due anni, qualcuno sostiene la piccola speranza che si possa arrivare presto ad un negoziato e si possano far tacere le armi; la conditio sine qua non, secondo Verzè, sta nel fatto che – se da un lato il popolo ucraino può accettare di perdere quel 20% del territorio oggi occupato dai russi – dall’altro richiede la garanzia che Putin si fermi lì e non ambisca ad ulteriori conquiste. Non dimentichiamo, ci ricorda Verzè, che proprio la mancata risposta all’invasione di Hitler dei Sudeti, porto prima alla conquista tedesca della Cecoslovacchia (1938) e pochi mesi dopo (1° settembre 1939) all’invasione della Polonia. Adesso, a più di 80 anni di distanza, si ripropone il timore che non fermare l’avanzata russa, lasci pensare a Putin e ai suoi di poter avere mano libera in quella parte del pianeta. Certamente, una generale debolezza dell’Unione Europea, favorisce queste deduzioni, dal momento che i vari Stati dell’Unione:
- rappresentano, in questo momento, un insieme eterogeneo e farraginoso di membri, i quali hanno posizioni non perfettamente omogenee sull’invasione russa del febbraio 2022; anche se – in generale – vi è un sostegno all’Ucraina, non dobbiamo dimenticare che:
- Orban si è schierato apertamente in una posizione filo-russa;
- in Austria e Germania, al di là della posizione del Bundeskanzler Scholz, i partiti di estrema destra hanno raccolto percentuali importanti di voti, spingendo gli altri partiti – pur di arginarli – ad alleanze che rischiano di saltare prima ancora di nascere, viste le divergenze interne;
- in Spagna non mancano le spinte del partito Vox, anch’esso fortemente a destra;
- in Francia, non dimentichiamo che la fragile alleanza che si è formata dopo lo scioglimento del Governo ad opera di Macron, dopo la disfatta alle elezioni europee, resiste solo con il beneplacito di Marine Le Pen, che ha raccolto la maggioranza dei voti nell’elezione e solo il meccanismo francese del maggioritario a doppio turno, ha consentito di spodestare la Le Pen, mettendo alla guida del Governo movimenti di estrema sinistra, non meno inquietanti, come La France Insoumise (“La Francia indomita”) di Mélenchon.
Ecco allora che la stanchezza del popolo ucraino – dove l’esigenza di veder rispettati i propri confini, ha lasciato il posto al dolore per le consistenti perdite di vite umane (parenti, amici, vicini di casa, …) – non è sufficientemente supportata dalla spinta dell’Unione Europea che tergiversa su posizioni moderate, tanto utili alla ricerca di una soluzione diplomatica, ma altrettanto sterili nel tentativo di porre fino a questo conflitto.
Come Putin è orgoglioso della rottura creata da Gorbaciov col regime precedente, altrettanto lo è per la vittoria elettorale di Trump, che non può affatto considerarsi una vittoria del partito repubblicano, dal momento che Trump ha proprio rotto gli schemi, ha cambiato letteralmente la natura del partito repubblicano, scalzando le precedenti ideologie e introducendo un modo nuovo – ed in certi momenti preoccupante e dilettantesco – di fare politica. Se l’avvalersi di personaggi come Elon Musk od il tentativo di inserire a capo del Pentagono, un anchor man come Pete Hegseth, che fino a ieri conduceva Fox News, avranno successo, lo sapremo nei prossimi mesi, sempre a patto che il Senato approvi le nomine proposte da Trump.
Il ruolo di queste autocrazie, specie quella russa, si fa sentire nell’area mediorientale, dove Putin è alleato dell’Iran in chiave anti-israeliana. Putin sfrutta una situazione economica russa non particolarmente florida ed è proprio laddove il benessere latita, che si può più facilmente far digerire un’entrata in guerra. A ciò si aggiunga che – in una distribuzione disallineata della ricchezza come quella russa, in cui pochi oligarchi godono di una grande ricchezza e vivono nelle grandi città, mentre fuori da queste la stragrande maggioranza della popolazione vive in condizioni di indigenza – lo “zar Putin” va a prelevare i futuri soldati russi nelle campagne; anche Putin, tuttavia, ha commesso degli errori. E’ molto probabile che abbia sottovalutato l’intervento europeo e USA a sostegno dell’Ucraina; è altrettanto probabile che, il divario gigantesco delle forze in campo fra Russia e Ucraina, lo avesse indotto a sognare di poter chiudere lo scontro bellico in una manciata di mesi; ciò, invece, non è successo sia per alcuni errori degli strateghi russi (non è stata una bella idea attaccare in primavera, con i carri armati che si impantanavano con lo scioglimento della neve nelle grandi pianure russe) e sia perché è stato sottovalutato l’aiuto fornito dall’UE e dagli USA.
Ad un’Europa che langue a causa di posizioni disallineate sull’atteggiamento da adottare nei confronti dei due contendenti, fa da contraltare un continente africano, dove invece c’è parecchio fermento con azioni economiche, che si riflettono anche sul piano politico, di Cina e Russia; non dimentichiamo poi i rigurgiti jihadisti di molti Paesi dell’Africa sub-sahariana (vedi Boko Haram in Nigeria o la situazione critica del Niger), che si riflettono su tutta l’area del Sahel.
Trump si concentrerà sulle questioni interne (make America great gain), ma potersi fregiare del merito di aver contribuito alla fine del conflitto russo-ucraino gli darebbe parecchi punti; certamente, si tratta di un personaggio imprevedibile che con le sue “sparate” può generare speranze o delusioni (vedi le parole odierne, in cui Trump ha comunicato l’applicazione di dazi sull’import delle automobili, che hanno buttato giù le Borse (a Piazza Affari Stellantis e Pirelli hanno perso più del 4% in un solo giorno).
Le conclusioni del prof. Verzè sono a sottolineare una situazione di assoluta incertezza: Putin darà garanzie di starsene tranquillo, se si metterà fine alla guerra? Trump è un cavallo imbizzarrito sul quale non è possibile fare alcuna previsione? L’Europa troverà la forza di compattarsi per dare un peso specifico alla propria azione nei riguardi del conflitto russo-ucraino?
Una situazione quindi in assoluto divenire sulla quale è davvero difficile fare previsioni. Ne è un esempio il recentissimo mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale (Cpi) nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu, di fronte alla quale ogni Paese ha preso una posizione diversa, anche fra coloro che 25 anni fa hanno riconosciuto la Corte stessa.
In sostanza, grande incertezza e quindi staremo a vedere.
Un grazie sincero al prof. Verzè, sempre brillante, lucido ed efficace nella sua esposizione, come ha dimostrato il dibattito finale, ricco di interventi e di curiosità sulle vicende del mondo che ci circonda
Un ringraziamento anche alla VI^ Circoscrizione, che ci supporta in questo progetto, che ha l’obiettivo di porre al pubblico degli spunti di riflessione per maturare un’idea dei fatti del mondo, sempre più documentata e supportata da considerazioni ed elementi veri, fattuali e provati.
A presto.
Ass. PROSPETTIVA FAMIGLIA
dott. Paolo STEFANO