Relazione con le figure genitoriali
LA RELAZIONE DI ATTACCAMENTO MADRE – FIGLIO
9 ottobre 2014 – Scuole medie “G. Verdi”
Relatrici:
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Dott.ssa Sara Bernardelli
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Dott.ssa Daniela Panacci
Due relatrici belle e brave a presentare un tema interessante (quasi 100 persone all’aula magna delle scuole Verdi), che con grande maestria hanno saputo tenere alta l’attenzione per quasi un’ora e mezza, alternando brevi ma efficaci filmati sul pathos che deve legare un figlio a colei o colui che gli dimostra attenzione. Si è detto chiaramente che questo lui o lei che si occupa del figlio, che gli dimostra attenzione, che gli fornisce protezione, non è necessariamente la madre (anche se lo si auspica vivamente), ma può essere una qualunque persona con la quale l’infante o l’adolescente riesce a trovare una vicinanza sia fisica che mentale. Gli anglosassoni – nella loro grande capacità di sintesi – lo definiscono un caregiver (colui che dona cura e attenzione).
Si perché, come hanno ben illustrato le due relatrici, il bambino getta (non a tutti) dei segnali, fin dall’età neonatale e verifica i ritorni che gli arrivano; questi ritorni sono graditi, al di là del fatto che forniscano cibo o pulizia, ma prima e soprattutto perché donano protezione e sicurezza.
Il bambino cerca sicurezza prima ancora dei bisogni primari della scala di Maslow (mangiare, bere, dormire); lo si è sperimentato addirittura sulle scimmie, dove gli esiti hanno dimostrato che i figli sono portati ad accostarsi prima a chi dona loro sicurezza che non a chi dona loro cibo. E questo perché il figlio necessita di sicurezza; il sentirsi sicuro gli dà molta fiducia, così come sapere che il caregiver (mamma o papà, che siano) è lì, è disponibile, fornisce quella che è stata definita una “base sicura”. Prima ancora che un impegno o un lavoro, il donare protezione è un’arte. E lo si fa con il linguaggio, ma anche con mille altre forme di vicinanza. Il figlio dimostra e chiede attaccamento soprattutto in certi momenti della sua vita; quando è malato o triste o impaurito. E’ esattamente in questi momenti in cui cerca la vicinanza; proprio come fanno gli adulti nei confronti del loro partner; quando lo cercano ? Quando si sentono soli, malati o tristi.
La relazione col figlio è importante non solo per potergli dare quella protezione di cui sente un gran bisogno (basta non esagerare e quando comincia a crescere, abituarsi all’idea che si distacchi e cammini con le proprie gambe …), ma anche perché, in base ai messaggi che ci si scambiano durante questa relazione, egli prende coscienza di sé e ingloba il senso di queste relazioni ed i relativi contenuti per poterli poi trasferire un domani a sua volta ad altri.
Il rapporto ha quindi una funzione normativa in quanto mette ordine nella personalità del ragazzo e indica le regole entro le quali muoversi; regole che non vanno solo enunciate, ma anche giustificate (“non attraversare la strada perché rischi di essere investito”) e rispettate a nostra volta. Lui ci guarda per capire come relazionarsi col mondo esterno; se vediamo un cane e ci avviciniamo ad accarezzarlo, anche il bambino prenderà fiducia e metabolizzerà che quel cane non è pericoloso; al contrario, se ci vede indietreggiare e mostrare paura, assimilerà il concetto che quell’animale è pericoloso.
Egli comunque cerca sempre questo contatto, benché lo dimostri in modo diverso nelle varie età; nell’infanzia sarà proprio la ricerca del contatto fisico, mentre nell’adolescenza può essere un’espressione che denota la sua esigenza di sentirsi in sintonia con noi.
Ma quali sono i diritti di un figlio ? Sono un bel po’: dal diritto di giocare al diritto di avere protezione, dal diritto di vicinanza e di ascolto al diritto di sognare e, perché no, di annoiarsi. In un’epoca di frenesia assoluta, dove tutte le emozioni vengono bruciate in pochissimo tempo per passare subito alla successiva, occorre considerare non necessariamente come un problema e tantomeno come un dramma, che il bambino per qualche ora non abbia nulla da fare e si possa annoiare. Ma il bambino ha anche diritto all’ascolto; dove ascoltare non significa dirgli sempre di “sì”, ma significa essere genitore sensibile, che lo ascolta (non solo in senso fisico) e si pone sulla stessa lunghezza d’onda.
Cercare questo connubio e questa sintonia è il primo passo per essergli vicino e cogliere le sue ansie e le sue frustrazioni; guai, tuttavia, a coccolarlo troppo e troppo a lungo: si corre il rischio di creare degli eterni bambinoni, incapaci di gestire qualche fallimento scolastico o qualche problema assolutamente normale che la vita pone quasi quotidianamente.
Il diritto alla protezione, all’ascolto, al gioco si affiancano al diritto di vivere emozioni; ogni essere umano ha in sé l’orologio che regola le sue emozioni, ma “come” regolarle, quando lasciarle esplodere e quando contenerle, egli lo impara da noi. Si parla oggi molto spesso di “intelligenza emotiva”, ossia della capacità di comprendere il nostro interlocutore e replicare di conseguenza. Questa strategia vale nei confronti di un figlio, ma viene spesso utilizzata anche nel mondo del business, dove inquadrare e comprendere il tuo interlocutore diventa spesso per te un vantaggio perché controlli la situazione e conosci i punti forti (e quelli deboli) di chi ti sta davanti. Su questi principi, si giocano spesso importanti partite di confronto e di dialogo, dove il primo che coglie gli aspetti dell’altro ha un vantaggio competitivo.
Belli i filmati proposti (anche se con l’inevitabile coda pubblicitaria) e pubblico coinvolto fino alla fine; le domande hanno riguardato soprattutto gli errori di certi genitori esageratamente (morbosamente?) attaccati ai figli al punto di dare loro un’errata percezione della vita e della relazione col mondo esterno.
Disciplinare questa protezione e dare loro un giusto (e piacevole) senso di fiducia nell’altro, senso che egli poi replicherà nel corso della sua vita, è la prima cosa da imparare da parte di noi genitori. Né ci dobbiamo allarmare o dobbiamo cercare errori, laddove ci chiedesse un distacco o una maggiore lontananza. Tutto ciò è normale e fa parte del ciclo della vita; come dice la Bibbia: “lascerai la casa di tuo padre e di tua madre per andare ad abitare terre nuove”.
Un “grazie” alle due psicoterapeute che hanno tenuto con così alta abilità la serata, con un tono piacevole e leggero, ma dando insegnamenti concreti e importanti al “popolo dei taccuini”.
Un “grazie”, infine, alla Dirigente Sara Agostini che ha messo a disposizione l’aula magna delle scuole Verdi a suggellare un rapporto di collaborazione sempre più stretto ed efficace fra Prospettiva Famiglie e quelle grandi fucine di educazione dei nostri ragazzi, che sono le scuole.
Prossimi appuntamenti mercoledì 15/10 a Marzana per parlare delle figure educative (genitori e allenatori) nel mondo dello sport e giovedì 16/10 al Tommasoli per parlare del rapporto con i nonni e del ruolo che essi hanno giocato e giocano tuttora nel tamponare le falle di famiglie vieppiù in difficoltà.
A presto.
Associazione PROSPETTIVA FAMIGLIA
Il Presidente
dott. Paolo STEFANO
Ascolta qui l’audio dell’incontro
NB: A causa di un problema tecnico, risultano fruibili solo i primi trenta minuti dell’incontro. Ci scusiamo per l’inconveniente.
QUESTIONARIO DI GRADIMENTO DELLA SERATA
Tematiche Suggetite:
l bambino e il tempo libero: è giusto o meno che i bambini siano molto impegnati in attività extra scolastiche (sport, musica, scout);
Meno teoria più pratica;
Più approfondimento;
Tematiche sull’adolescenza trattate poco;
Esempi su come relazionarsi, come diventare base sicura;
Problematiche rapporto genitori/figli nell’adolescenza: limiti e permessi, PC e cellulare nell’adolescenza;
Approfondire maggiormente esempi pratici;
La coppia amore e separazione;
Teoria del Gender.
GRADIMENTO :
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