Ciclo di incontri dell’ambito storico-culturale
LE LETTERE E IL MEMORIALE DI ALDO MORO NELL’ANALISI DEL PROF. MIGUEL GOTOR
24 ottobre 2014 – ITES “A. Pasoli”
Relatore è Miguel GOTOR, Professore universitario, Storico, Senatore della Repubblica
Miguel Gotor, che statura intellettuale, che profondità di pensiero, che lucidità nell’analizzare ed esporre una delle vicende più drammatiche della storia italiana e della Prima Repubblica: il rapimento e l’uccisione dello statista Aldo Moro.
Saluti iniziali del Dirigente Scolastico Sandro Turri, orgoglioso di poter ospitare nella sede dell’istituto A. Pasoli, dopo Davigo, Ayala, Caselli e Colombo, un’altra figura di spicco come il senatore Miguel Gotor; ne è seguito un breve intervento della Prof. Silvia Pasquetto, referente dell’ambito Storico-culturale di Prospettiva Famiglia, che ha contattato e coinvolto il protagonista della serata ed infine la presentazione fatta da Federico Melotto, Direttore dell’Istituto Veronese di Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea.
Il Prof. Gotor ha fatto cenno alla Commissione di inchiesta parlamentare sulla vicenda Moro, istituita poche settimane fa – e di cui fa parte lo stesso professore – con l’obiettivo di approfondire, a 36 anni di distanza, la vicenda del sequestro dello statista della Democrazia Cristiana, avvenuto il 16 marzo 1978 e del suo assassinio avvenuto il 9 maggio successivo. Purtroppo, il decorso del tempo ha complicato non poco le cose, visto che nel frattempo alcuni dei protagonisti dell’epoca sono venuti a mancare, come il Sostituto Procuratore Domenico Sica o il brigatista Prospero Gallinari; nel frattempo se ne sono andati anche personaggi come Andreotti, Cossiga e La Malfa, ossia persone che occupavano a quel tempo ruoli di primaria importanza nelle istituzioni repubblicane. Ci dice il Prof. Gotor che, dopo 36 anni, è giunto il tempo che parli la storia, ma in realtà ammette di essersi sbagliato, visto che vi è ancora un’indagine giudiziaria ed una politica aperte su questo caso.
Certo, dopo tanto tempo, si ricorre alla memoria, ma storia e memoria sono i due binari, infiniti e paralleli, che pur senza incontrarsi mai, spiegano e chiariscono i fatti del passato.
L’interesse per la vicenda nacque nel Prof. Gotor da un articolo dell’epoca di Italo Calvino, il quale non aveva mai preso posizione durante la vicenda Moro, ma solo alcuni giorni dopo la triste conclusione, aveva scritto un articolo sul Corriere della Sera, intitolato “Le cose che non usciranno mai da quella prigione”. In questo articolo, Calvino sostiene che solo un romanziere potrà in futuro raccontare come sono andate veramente le cose, ma l’allora giovane Gotor non accetta una simile interpretazione, convinto che solo l’analisi dei fatti, delle testimonianze, delle circostanze, ripulite dalla cortina fumogena creata dai giornali dell’epoca, potrà veramente fare luce su questo, come su altri fatti, che hanno funestato la storia della Repubblica. C’é in questa vicenda un’atmosfera di congiura, così come l’uccisione di Giulio Cesare da parte di Bruto; in entrambe le situazioni, le vittime sono morte e quindi non possono parlare, mentre i carnefici, per definizione, mentono sempre, in quanto carnefici.
La fionda di Davide che Gotor usa contro Golia è la filologia, che consiste nel capire il testo e nel calarlo all’interno di un contesto; e questo è ciò che ha fatto anche stasera, conducendoci per mano e facendoci capire che, oltre all’aspetto emotivo – rispettabilissimo – della vicenda, ve n’è uno storico, che deve portarci ad interrogarci sulle conseguenze politiche e civili connesse ad una vicenda di questa portata.
Troppo spesso, noi persone della strada, veniamo trascinate dagli aspetti emotivi, senz’altro forti e senza dubbio comprensibili, ma non dobbiamo dimenticare di cogliere anche e soprattutto gli aspetti più generali di quanto successo; due sono le caratteristiche peculiari di questo sequestro che il Prof. Gotor ci ha indicato:
- È stato un sequestro di persona, che si è concluso con la morte dell’ostaggio (perché sapeva troppo? perché aveva visto troppo?);
- Aldo Moro non era una persona qualunque, ma riuniva in sé le figure di:
- uomo di Stato;
- uomo politico;
- uomo di potere.
In particolare, la prima e la terza caratteristica lo rendevano particolarmente esposto al rischio che poi si è tradotto in realtà; un uomo e particolarmente un uomo dell’intelligenza politica di Aldo Moro, sapeva benissimo che nel suo ruolo avrebbe potuto “dare fastidio” a molti, quindi non deve essersi sorpreso più di tanto di quanto accaduto; ma ciò che è importante è che questo non è uno dei tanti regicidi che ci sono stati nella storia (Giulio Cesare, Enrico IV, J.F. Kennedy, …), ma qualcosa di diverso; se avessero voluto ucciderlo subito, avrebbero potuto farlo facilmente (è probabile che sia stato più difficile lasciarlo vivo che non ucciderlo in occasione del rapimento di via Fani, dove furono uccisi gli uomini della scorta). Qui il movimento terroristico delle Brigate Rosse voleva estorcergli informazioni davvero importanti e pericolose sullo stato della Repubblica.
L’aspetto emotivo è inevitabile e assolutamente umano, ma Gotor ci porta a ragionare sugli aspetti storici e civili e ci dice, con le parole di Carl Schmitt che “sovrano è chi decide nello stato di eccezione”. E ripensiamo allora a quanto devono essere stati eccezionali quei 55 giorni; come si sono mosse le istituzioni? chi decideva cosa fare in un momento in cui il Presidente del Consiglio era in mano ai rapitori? Come funziona una democrazia che deve muoversi sotto attacco (“under attack”)? Come si sono mosse le istituzioni repubblicane americane in occasione dell’11 settembre 2001? E’ chiaro che in queste situazioni di emergenza, saltano gli schemi canonici e chi prende le decisioni, pur in uno stato di crisi, senza stravolgere la democrazia, è il vero leader.
Il Prof. Gotor ci ha invitato, infine, ad abbandonare atteggiamenti disfattisti o qualunquisti; dare sempre la colpa alla politica è spesso un alibi per autoregalarci la patente della non responsabilità, ma se ci pensiamo chi in quegli anni incendiava le auto, organizzava cortei che si concludeva regolarmente con gli scontri con le altre forze politiche e con la polizia, non erano i politici, ma quello che Leopardi nello Zibaldone definisce “il popolaccio”. Ricordiamoci, inoltre, che generalizzare peggiora solo la situazione: dire che i politici sono tutti ladri, ad esempio, vuol dire generare ancor più difficoltà in quelli che invece sono onesti; dire che sono tutti mafiosi equivale a dire che non esiste la mafia.
Gotor ha infine spiegato il significato e la successione dei fatti importanti nella vicenda Moro (le lettere inviate già pochi giorni dopo il sequestro oppure quelle comparse solo 12 anni dopo, quando per errore un muratore ruppe una parete nel covo di Via Monte Nevoso a Milano) e le domande che lo storico si pone: quelle carte sono autentiche? Sono sempre state lì o ci sono state messe dopo?
Che gli unici politici di cui l’uomo della strada parla bene siano solo quelli che sono morti per la politica (Moro, Berlinguer) la dice lunga sullo stato di gravità in cui versiamo sul piano morale, storico e dell’impegno civile.
Le cose che ci ha detto ed il modo in cui le ha dette devono indurci a guardare con occhi nuovi la realtà ed i fatti che costellano la vita politica e sociale del nostro Paese; molti dei giovani presenti non erano neanche nati nel 1978, ma tutti dobbiamo capire che ogni cittadino è portatore di un valore e di una responsabilità. Se sapremo guardare ai grandi fatti del nostro tempo con la lucidità del Prof. Gotor, potremo cogliere la verità e valutare il vero peso della ragion di Stato perché il valore di un Paese è dato dalla sommatoria dei suoi cittadini e ogni Paese ha il Governo che si merita.
A presto.
Associazione PROSPETTIVA FAMIGLIA
Il Presidente
dott. Paolo STEFANO