LA RETE PROSPETTIVA FAMIGLIA, IN COLLABORAZIONE
CON LA PARROCCHIA DI SANTA CROCE, NELL’AMBITO DEI PROGETTI DI EDUCAZIONE ALLA LEGALITA’ E CITTADINANZA CONSAPEVOLE, PROPONE UN SIGNIFICATIVO MOMENTO DI FORMAZIONE RIVOLTO A GENITORI, EDUCATORI E GIOVANI:
“ESSERE LA LEGGE E LAVORARE PER LA LEGGE, MA SAPERLO FARE CON IL CUORE”
Gianpaolo Trevisi e Tina Montinaro
Onorificenze: Medaglia d’oro al valore civile ad Antonio Montinaro
«Preposto al servizio di scorta del giudice Giovani Falcone, assolveva il proprio compito con alto senso del dovere e serena dedizione, pur consapevole dei rischi personali connessi con la recrudescenza degli attentati contro rappresentanti dell’ordine giudiziario e delle Forze di Polizia. Barbaramente trucidato in un proditorio agguato di stampo mafioso, sacrificava la giovane vita a difesa dello Stato e delle Istituzioni. Palermo, 23 maggio 1992.»
5 Agosto 1992
Venerdì 23 Gennaio 2015
ore 20.45 Teatro Alcione
Via G.Verdi 20, Verona
Alle 17,58 del 23 maggio 1992, quando sulla A29, di ritorno da Roma e diretti a Palermo persero la vita , dilaniati da 400 chili di tritolo il Giudice Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre Agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, saltati in aria per primi e scaraventati con i resti dell’auto su cui viaggiavano a centinaia di metri di distanza. Della macchina, una Fiat Croma blindata, è rimasto un groviglio di lamiere carbonizzate per tutti questi anni custodite nell’autoparco della polizia di Messina. A chiedere il permesso per rimuovere da lì il relitto è stata Tina Martinez Montinaro, vedova di Antonio Montinaro, caposcorta di Falcone, da 20 anni impegnata in una battaglia infinita per la realizzazione del “Giardino della Memoria” proprio nel punto dove è avvenuta la strage. Le lamiere della Croma, contenute in una teca di vetro, saranno esposte al Teatro Alcione il prossimo 23 gennaio. «È importante che la gente veda l’auto dove morirono Antonio, Vito e Rocco: aiuta a non dimenticare e a capire fino a che punto può arrivare la barbarie dell’uomo», spiega Tina, che è Presidente dell’Associazione per i Diritti Civili Quarto Savona Quindici, nome in codice della storica squadra della Polizia di Stato che proteggeva il giudice.