Elisa Innocenti
Per l’inviato de La Stampa è uno scontro di civiltà e di culture «in cui sono in ballo forti interessi economici»
sabato 21 febbraio 2015 CRONACA, pagina 15
«La minaccia dell’Isis è seria e dovremo farci i conti ancora per diversi anni».
Ne è convinto Domenico Quirico, giornalista del quotidiano La Stampa, inviato di guerra, sopravvissuto a 152 giorni di prigionia in Siria.
Quirico era ieri in città per presentare il suo nuovo libro «Il grande califfato», edito da Neri Pozza, all’istituto Pasoli, nell’incontro organizzato dalla rete di Prospettiva Famiglia.
«La minaccia non va vista in termini semplicistici, come i Saraceni che sbarcano sulle nostre coste, si tratta di un nuovo califfato, che ha un progetto ben preciso: quello di estendere il più possibile i confini di uno stato islamista», precisa Quirico.
«Hanno i mezzi, si finanziano da soli e già dominano uno Stato grande come la Francia».
Un pericolo ben diverso da quello di al-Qaida, l’organzizazione terroristica che era guidata da Bin Laden.
«Sono terroristi nei mezzi, ma il fine è un altro. Bin Laden se ne stava nella sua grotta, il suo desiderio era di uccidere, seminare terrore. Qui si vuol costruire invece uno Stato, vogliono amministrare. Non è più un problema di polizia o intelligence, ma un problema militare».
Uno scontro che quindi è necessariamente anche di civiltà.
«Sarebbe consolatorio pensare che non sia così», riflette Quirico, «ma anche se Obama dice che non è una guerra contro l’Islam, in realtà bisogna rendersi conto che l’Is è una parte di Islam. Non si tratta di islamofobia, ma non possiamo sottrarci a questo progetto di espansione esplicito».
Uno scontro di civiltà, di culture che alla base ha interessi economici.
«Sì, ci sono in ballo molti interessi, anche economici, ma è pure uno scontro tra culture», spiega Quirico.
Eppure esiste un Islam moderato. E l’Occidente attende che vi sia una mobilitazione. «Certo, ma come sempre gli estremisti hanno maggiore forza attrattiva e anche i moderati non è detto che abbiano la forza di opporsi, o la voglia di diventare martiri».
L’Is usa anche molto internet, lanciando tweet minacciosi, condividendo video, un terrorismo 2.0?
«Dobbiamo accantonare questa visione dell’Islam medioevale, che usa i messaggero a cavallo, utilizzano gli strumenti tipici del mondo che vogliono distruggere, per distruggerlo». È concreto il pericolo di un attacco militare in Italia? «Al momento, che arrivino a conquistare Roma è fantapolitica, il loro obiettivo è di collegare i territori che già controllano, Nigeria, Libia, il Vicino Oriente, allargando i confini del loro stato islamico».