Progetto di Educazione alla Legalità e Cittadinanza consapevole
“LE REGOLE DEL GIOCO, IL GIOCO DELLE REGOLE: SCUOLA, SPORT, CULTURA DELLA LEGALITA’ “
6 marzo 2015 – Cinema Alcione
Relatori:
– Damiano TOMMASI, presidente dell’Ass. Italiana Calciatori ed ex-giocatore di calcio
– dott. Pierpaolo ROMANI, giornalista pubblicista e consulente della Comm. Naz.le Antimafia
Serata un po’ sotto tono per quanto riguarda l’affluenza di pubblico, quella di questa sera al Cinema Teatro Alcione. Poco più di 70 persone, che non si sono fatte distrarre da altri appuntamenti concomitanti, che hanno però avuto la fortuna di ascoltare ancora una volta due figure simbolo della legalità. Innanzitutto il dott. Pierpaolo Romani che ci ha intrattenuti raccontandoci la sua esperienza come coordinatore nazionale dell’Ass. Avviso Pubblico e poi, un po’ più tardi, il buon Damiano Tommasi, che – benché trattenuto fino a tardi in quel di Parma per le note vicende che coinvolgono quella società di calcio di serie A – non ha ugualmente voluto mancare all’appuntamento, raccontandoci sia dei fatti e fattacci che avvengono negli alti vertici nazionali, ma anche la sua esperienza di padre di giovanissimi bambini che praticano lo sport, senza l’assillo di diventare per forza dei campioni, ma con il solo impagabile obiettivo di scaricare le loro energie e di socializzare con amici, allenatori e conoscenti.
Il dott. Romani ci ha raccontato alcune sue esperienze, vissute intervistando persone note e meno note che gravitano attorno al mondo del calcio e ci ha fatto riflettere sull’esperienza di don Pino Puglisi, il prete ucciso dalla mafia al quartiere Brancaccio di Palermo il 15 settembre 1993. Ebbene, nel racconto dell’esperienza di questo prete in un quartiere palermitano degradato, dove la mafia la fa da padrona, si dice che egli abbia richiamato l’attenzione dei ragazzi del quartiere dandogli una palla e portandoli qualche settimana più tardi all’interno del campetto dell’oratorio. I ragazzi passarono così dal giocare in piazza senza linee di fondo, né laterali, né aree d rigore ad un campetto dove – benché in terra battuta – erano segnate le linee e dove addirittura venne messo un arbitro, che era volutamente il figlio di un boss. Le linee a significare le regole: si è vero che bisogna giocare all’interno di quelle linee (regole), ma è anche vero che grazie ad esse è almeno chiaro quando la palla è dentro e quando è fuori. E questo è il bello delle regole: la possibilità di impostare i rapporti in modo chiaro. A fare da arbitro il figlio di un boss: una chiara legge del contrappasso, con il padre che aveva fatto dell’illegalità la usa regola, mentre il figlio doveva applicare rigorosamente le regole e tanto fa.
Il dott. Romani ci ha ricordato come diritti e doveri siano intrinsecamente legati e come – riprendendo l’esempio del giudice Gherardo Colombo – le regole, se all’inizio danno un senso di limitazione, nella realtà sono lo strumento per gestire correttamente la nostra vita sociale e quindi per migliorare la nostra vita. Il nostro compito è quindi quello di far capire ai ragazzi che è meglio perdere lealmente piuttosto che vincere in modo scorretto. E qui ha ripreso i due esempi opposti di due giocatori che – di fronte alla possibilità di guadagnare denaro in cambio della violazione delle regole – si sono comportati in modo diametralmente opposto. Da una parte Cristiano Doni, bandiera dell’Atalanta, che ha venduto (per sua stessa ammissione) alcune partite in cambio di “mazzette”, dall’altro un giocatore quasi sconosciuto del Gubbio, di nome Simone Farina, che nonostante avesse un reddito annuo di 60.000 €, ha rifiutato l’offerta di 220.000 € in cambio di lasciare che qualche avversario potesse superarlo e andare a segnare. Oggi Simone Farina lavora nell’Astonvilla – una società del massimo campionato inglese – dove fa il Community coach; in sostanza, ha il compito di educare i giovani ragazzi che entrano in questa società, dandogli gli esempi che servono perché, oltre ad essere bravi giocatori, siano anche brave persone e bravi cittadini. Sempre il dott. Romani è passato poi a raccontare la storia di Gaetano Scirea, un ragazzo che giocava nei campetti di Cinisello Balsamo, nell’hinterland milanese, per passare poi alla Juventus e vincere nella sua carriera praticamente tutto, fino al trionfo ai Mondiali di Spagna del 1982. Eppure, la sua grande forza è sempre stata la correttezza nei comportamenti, la signorilità nel suo stare in campo, il suo considerare l’essere giocatore della Juventus, più una grande responsabilità che non un grande senso di vanto. E quando chiunque – sia esso un giocatore famoso o un amministratore pubblico – vive il suo ruolo come incarico di responsabilità, come servizio alla comunità, allora siamo già a metà dell’opera; se, invece, come dice Damiano Tommasi, sulla poltrona non fa nemmeno in tempo a formarsi la polvere perché c’è qualcuno che vi si è installato e non pensa minimamente di muoversi, allora le cose si mettono male.
Tommasi ci ha raccontato dei suoi figli che fanno anche sport minori (pattinaggio a rotelle), ma non per questo si sentono sminuiti; anzi, vivono la loro esperienza come momento di svago e di crescita e non come frustrazione di diventare campioni ad ogni costo. Tommasi ha fatto notare quanto lui ritenga importante che il ragazzino si porti la sua borsa: finché sarà il ragazzo a farlo, vorrà dire che il ragazzo fa quello sport volentieri; nel momento in cui a portare la borsa sarà il padre, allora vorrà dire che il bambino non ha più quella motivazione necessaria a fare bene, ma significherà che è il padre a volere lo sport del bambino e questa diventa una gran brutta piega. Quanti genitori vedono nel proprio figlio un futuro Maradona e impostano tutto il loro comportamento su questa base, dimenticandosi che invece il ragazzo potrebbe semplicemente volersi divertire un po’ e nient’altro. Le regole sono importanti e noi grandi dobbiamo essere di esempio per i nostri figli; siamo noi i primi a dover cercare l’obiettività nella valutazione delle cose, evitando di farci portare di qua e di là in funzione dei richiami di certe sirene pericolosissime (denaro, fama, prestigio). Tommasi ci raccontava che nei palazzi si ripete spesso il ritornello secondo il quale “le regole si interpretano per gli amici e si applicano per i nemici”, ma questo comportamento è certamente da deprecare.
Anche la prof.ssa Galletta ha portato la sua testimonianza in qualità di madre e di docente, raccontando che:
- Spesso i ragazzi che fanno sport, ottengono anche migliori risultati scolastici, dimostrando maggiore capacità di gestire i momenti di tensione e la prova;
- I ragazzi sono facili da gestire nel mondo dello sport, molto meno invece i loro genitori, specie quando questi vedono nel figlio un futuro campione; se ciò accade, qualunque valutazione scolastica che non avvalori questa concezione, provoca la frattura netta e spesso insanabile fra genitori e docenti;
- Le conseguenze di cui al punto 2, spesso portano alla rottura di quella alleanza educativa, che Prospettiva Famiglia ha tanto volte sostenuto e rivalutato.
Infine, in sede di dibattito, il dott. Romani ha esortato a non aspettare le cose dall’alto, bensì a generare importanti movimenti dal basso, che possano portare ad una educazione dei ragazzi e ad introdurre quei controlli che consentono di garantire che ogni allenatore si comporti prima di tutto da educatore; in sostanza, che chi assume l’incarico di allenatore sia formato anche sotto il profilo educativo e psicologico e che ci si convinca che giocare bene e in modo leale non è affatto in antagonismo con il fatto di vincere, ma spesso il secondo è la naturale conseguenza del primo.
Damiano Tommasi ha detto una volta che – sulle note dell’inno di Mameli, con la maglia della Nazionale – egli ha pensato a tutti quelli che lo hanno aiutato ad arrivare fin lì: sicuramente fra questi c’è stato qualche anno prima un allenatore che aveva capito quel bambino e che aveva pensato a lui prima come uomo e poi come campione.
E così dev’essere per tutti i nostri ragazzi.
Ecco il video (disponibile su YouTube) dell’ incontro.
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A presto.