DOMENICO QUIRICO
Ci sono uomini che meritano di essere conosciuti.
Domenico Quirico è un uomo che certamente merita di essere conosciuto, e non solo perchè è stato uno dei pochi che è uscito indenne da quelle sanguinose terre arabe, dove molti altri, ritrovatisi al suo posto, purtroppo non ce l’hanno fatta.
Infatti il suo coraggio e il suo desiderio di mettere le altre persone a conoscenza dei fatti, lo hanno reso un grande giornalista, ed è proprio per questo che noi lo dobbiamo ricordare.
L’amore per il suo “giornalismo” autentico-fatto sul campo, oggi spesso tragico, dell’attualità- lo ha portato ad affrontare prove assai rischiose, talvolta mettendo in pericolo la sua stessa vita.
Per questo, dopo essere stata messa al corrente della sua storia e avendo fatto qualche ricerca in rete, ho deciso di voler parlare di lui.
Io ho sempre visto il lavoro del giornalista più o meno simile a quello dei telecronisti, che si sentono in diretta durante le partite; ovvero come persone non direttamente coinvolte, che si limitano solo a raccontare ciò che è successo senza riuscire a trasmettere alcuna sensazione, che invece con mia sorpresa ho provato solo ascoltando quelle “due paginette” tratte dall’ultimo libro di Quirico, volontariamente scelte dall’editore Russo per introdurci l’ospite.
Devo dire che sentendo quelle poche parole ho avuto come la sensazione di trovarmi in quei territori medio-orientali, disastrati da guerre e scontri atroci e disumani, e questo suo modo di scrivere è estremamente diverso rispetto a molti altri giornalisti, che io reputo o noiosi o aridi o perfino incomprensibili.
Quirico è riuscito non solo a raccontare ciò che lui ha potuto vedere, ma soprattutto quello che lui ha provato nel vedere tutto ciò…
Questo “gioco di parole”, mi permette di spiegare quanto la sua preziosa dote di una scrittura tanto chiara quanto emotivamente profonda può coinvolgere qualunque persona.
Ritengo che i suoi discorsi, che ho potuto ascoltare grazie al meritevole e prezioso lavoro di Prospettiva Famiglia, che ci ha permesso di incontrarlo, hanno lasciato un “segno” impresso dentro di me; perché il suo particolare stile di cronaca e di narrazione dal vivo senza il peso della retorica, ha permesso anche a me, una ragazza estranea alla storia, di provare ciò che lui stesso ha sentito e visto e meditato.
Parlando di paragoni, citati poc’anzi, quello che più mi ha colpito è stata l’immagine del pozzo: il giornalista ha affermato infatti che se fosse finito in un pozzo, non avrebbe cercato di risalirlo, anzi avrebbe fatto proprio il contrario, in modo tale da poter scoprire ciò che di bello aveva da offrire quel pozzo, e che sicuramente lo avrebbero arricchito.
Ancora una volta, ho avuto la conferma della sua lucida e insieme pacata intelligenza critica; perché Quirico non è solo abile nell’usare una parola incisiva, ma soprattutto è un uomo di grandi valori che non si limita all’apparenza di un oggetto (il pozzo, ad esempio) o a raccontare in “modo piatto” una notizia, ma invece cerca di condividerla con i lettori cercando un rapporto tra noi che leggiamo e i “protagonisti” del suo articolo. Inoltre, c’è da dire che lui ha riportato notizie di ciò che sta accadendo non dall’altra parte del mondo, ma fatti di guerra e di disperate emigrazioni come quelle dalle coste libiche: che accadono a soli 200 chilometri da noi…e questo ci dovrebbe far riflettere; perché la maggior parte degli italiani ultimamente rischia di avere pregiudizi negativi e xenofobi contro questi poveri disgraziati che pur di avere una vita migliore, accetta di lasciare tutto per imbarcarsi su barconi sudici e malandati affrontando allo sbaraglio il mare aperto, solamente per avere una speranza di una vita non incentrata sulle guerre; e inoltre noi italiani non ci preoccupiamo di quello che hanno dovuto affrontare e lasciare, ma l’unica domanda che ci poniamo è: dove li mettiamo?, perché per il nostro Stato rappresentano soltanto un peso in più da mantenere. Invece noi italiani dovremmo capirli ed aiutarli, perché, come mi ha raccontato la mia bisnonna, anche noi italiani ci siamo trovati al loro posto, migrando verso nord in cerca di una vita migliore, e quindi io mi chiedo che diritto abbiamo noi nel giudicarli?
Io penso nessuno.
Tornando a Quirico, vorrei ricordare in particolare un suo “passaggio” in merito ad una domanda posta dal pubblico, nel quale ha ricordato una frase pronunciata dal capo dei suoi rapitori qualche minuto prima di ricevere la notizia della sua liberazione. Questo suo “carnefice” gli ripetè che entrambi erano stati prigionieri, ma con una differenza, cioè che Quirico ha sempre conservato un’altra vita al di là del confine, la quale non l’ha mai lasciato; mentre loro non hanno una “vita di ricambio”; continuano a rimanere prigionieri di quella terra che da quattro anni a questa parte ha “inghiottito” più di 20 milioni di persone. Questa sua considerazione ci deve far “aprire gli occhi” nel comprendere che in certi territori di guerra i confini tra vittime e carnefici non sempre sono chiari e che in ogni caso i primi ad essere le vittime sono proprio le popolazioni civili, costrette a subire una guerra che non avrà mai fine.
Penso che sia questo che Quirico ha voluto condividere con noi, perché a lui non interessa scadere nella propria cronaca personale (il suo rapimento!), ma metterci al corrente di ciò che pensano le vere vittime.
Vorrei concludere dicendo che egli ha dimostrato (non solo a me) quanto ricca sia la sua umanità, non solo un grande giornalista, innanzitutto un grande uomo; perché nonostante tutto quello che gli è successo è tornato e tornerà in quelle terre che l’hanno tenuto prigioniero cinque mesi, per condividere, in primis, con le persone che combattono cercando di mettere fine a questa lunga guerra, e in secondo luogo anche con noi, per tenerci aggiornati e riportando ciò che lui può scoprire o provare assieme a loro.
Ci son uomini che meritano di essere apprezzati: Domenico Quirico è uno di questi.