«Nessuna legalità senza uguaglianza». La lezione veronese di don Luigi Ciotti
di Pierpaolo Romani
Corriere di Verona, 27 gennaio 2013
«La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile». A discutere di legalità in Italia, partendo da questa frase dello scrittore calabrese Corrado Alvaro, venerdì sera, al teatro Alcione di Verona, l’associazione Prospettiva Famiglia ha invitato don Luigi Ciotti, Presidente di Libera e del Gruppo Abele, il Procuratore Capo, Mario Giulio Schinaia, il Questore di Verona, Michele Rosato, e il sottoscritto. Più di quattrocento persone, tra cui diversi studenti, hanno partecipato in modo attento ad un dibattito appassionato, ricco di spunti e di riflessioni. Il punto di partenza è stato chiaro: la questione della legalità, intesa come rispetto delle regole, deve essere il primo punto dell’agenda di chi governerà questo Paese nei prossimi anni. L’Italia, infatti, è una nazione in cui, storicamente, si registra un difficile rapporto con le regole.
Prova ne è che da più di cento anni si parla di mafia; nonostante “Tangentopoli”, si continuano a registrare casi di corruzione politico-amministrativa; ancora oggi, tanti nostri concittadini continuano a non pagare le tasse. Siamo un Paese in cui, stando ai dati forniti da Istat, Corte dei Conti, Commissione parlamentare antimafia e Ministero dell’Economia, circa un quinto del Prodotto interno lordo – 250 miliardi di euro all’anno – sono sottratti alle casse dello Stato da criminali, corrotti ed evasori. Un vero e proprio furto di risorse per il bene comune, una situazione divenuta intollerabile, se si considerano, ad esempio, i tagli che hanno colpito i fondi per le politiche sociali. Uno scenario cupo, che contribuisce a far perdere la fiducia di tanta gente nelle istituzioni e nella politica, e trasforma molte persone da cittadini in sudditi. «Molte persone in Italia non sono libere» ha gridato con forza don Ciotti tra gli applausi convinti dei presenti. «Pensiamo ai poveri e a chi è sottomesso alla violenza e prepotenza delle mafie. Non ci potrà mai essere legalità senza uguaglianza – ha proseguito il Presidente di Libera – La legalità è lo strumento che insieme alla responsabilità deve costruire la giustizia: questo è il fine. Il problema di oggi – ha concluso don Ciotti – non è rappresentato soltanto da coloro che agiscono nel male ma, soprattutto, da quelli che guardano e non fanno nulla per impedire che certe cose accadano».
L’Italia e gli italiani devono cambiare il loro modo di comportarsi: non possiamo essere «cittadini a intermittenza». È la nostra Costituzione, così ancora poco conosciuta e applicata, a chiedercelo. Basta leggere l’articolo 54, in cui ci viene chiesto di essere «fedeli alla Repubblica e alle sue leggi» e a chi ricopre un incarico pubblico di svolgerlo «con disciplina e onore».
Certo, la sfida non è semplice. Ci vorrà molto tempo per cambiare il nostro modo di essere e di agire. In gioco, tuttavia, c’è la qualità e la tenuta della nostra democrazia, e non si può aspettare oltre se vogliamo garantire un futuro di speranza e di fiducia ai nostri giovani. Dobbiamo comprendere che le regole non sono semplicemente delle norme che ci impongono obblighi e divieti, ma capire e interiorizzare il principio che le regole sono innanzitutto strumenti che ci riconoscono e ci garantiscono dei diritti i quali, per essere realmente riconosciuti e garantiti, necessitano del compimento di determinati doveri. La Costituzione pone al centro la persona e la sua dignità, e indica la strada da seguire per essere cittadini liberi e responsabili.
«Dobbiamo prendere un appuntamento con il futuro: abitare il nostro tempo, insieme. Vivere e non lasciarsi vivere » ha concluso don Ciotti. È questa l’unica occasione che la vita ci concede.
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