IL RICORDO. In Gran Guardia la figlia dello statista ucciso dalle Br
«Moro un secchione anche da premier»
Agnese ricorda il padre Aldo: «Amava insegnare» Tosi: «Un rivoluzionario, voleva cambiare il Paese»
Quando finisce di raccontare, l’applauso degli 800 ragazzi che riempiono la Gran Guardia è lunghissimo. Ma già prima, tra un ricordo e una foto, Agnese Moro, a Verona ospite di Prospettiva Famiglia, incassa sorrisi e risate divertite «a scena aperta». Con lei, sociopsicologa, è una «lezione» che non si aspettano. Non l’Aldo Moro dei libri di storia, lo statista e il segretario della Dc, quello degli ultimi 55 giorni di prigionia nel covo delle Brigate Rosse. Non l’Aldo Moro dei giornali, rapito e ritrovato ucciso. Ma l’altro Aldo Moro: un padre, prima di tutto. Non solo di famiglia, ma anche di quella «democrazia dal valore umano che lui e molti, dopo il ventennio fascista, sognavano è che invece altri fortemente osteggiavano».
Basta sfogliare l’album dei ricordi, come fa Agnese davanti agli studenti mostrando le foto a lei più care. A cominciare da una che lo ritrae in Lapponia, «mentre prova a parlare con una renna: era convinto che si potesse parlare con tutti, anche con chi non vuole ascoltare», dice la figlia. «Era il suo modo di vivere la politica: parlare con le persone, incoraggiarle, ascoltarle per conoscere la situazione e provare a rimediare, se qualcosa che non va».
Dall’album spunta persino una pagella del liceo classico Architta di Taranto: tutti otto e nove, con un dieci in matematica e fisica. «Figlio di due maestri, era un secchione», sorride Agnese. Oltre che figlio d’arte, perché «la passione della vita è sempre stata insegnare». Professore universitario a soli 23 anni, «ha insegnato sempre, anche da presidente del Consiglio. Conosceva gli studenti uno ad uno, voleva impicciarsi delle vite degli altri».
Finché nella sua vita si inserisce un sogno, «quello di una generazione uscita dal fascismo e dalla guerra: ricostruire il Paese sui temi della libertà, della pace della democrazia. La sua impronta si legge chiara nella nostra Costituzione, che contribuì a scrivere».
Le foto raccontano anche degli ideali che rappresentava. «Per lui la politica era responsabilità: persino in spiaggia, con noi figli, veniva in giacca e cravatta».
Gli studenti ascoltano. E domandano: del terrorismo, che secondo Agnese «potrà tornare, perché c’è ancora chi crede che la violenza sia uno strumento di risoluzione dei problemi». Della nuova commissione d’inchiesta sul casoMoro: «Cosa potrà mai dimostrare, dopo 37 anni, che non sia stato ancora dimostrato?». Dei 55 giorni, durante i quali «siamo stati capaci di veder morire un innocente senza fare nulla, di questo si dovremmo aver paura». Del perché, come scrive lo stesso Moro in una lettera dalla prigionia, letta dai ragazzi del Pasoli, «tra tanti amici nessuna voce si sia levata».
La risposta prova a darla il sindaco Flavio Tosi: «Aldo Moro era un vero rivoluzionario, con la sua voglia di cambiare il Paese in maniera democratica e ordinata risultava scomodo per molti. Chi teneva all’interesse del Paese avrebbe dovuto proteggerlo».
E.PAS.