La Scuola per Genitori di Prospettiva Famiglia propone l’incontro intitolato
“ DOV’E’ FINITA LA VOGLIA DI STUDIARE ? “
28 febbraio 2013 – Centro Civico “Nicola Tommasoli”
Discreto successo di pubblico anche stasera al Centro Civico Tommasoli con poco meno di 90 persone presenti.
Ecco il resoconto della serata.
Relatori:
- Psicologa e psicoterapeuta – dott.ssa Francesca DONADELLO
- Istituto Seghetti – Prof.ssa Laura RUFFO
- Ist. Tecnico Economico Statale “A. PASOLI” – Prof.ssa Daniela GALLETTA
Al Centro Civico “Tommasoli” stasera si è parlato della voglia di studiare e delle dinamiche che si scatenano nei nostri figli nell’ampio e variegato mondo della scuola, dal momento in cui si affronta l’apprendimento alle relazioni sociali che si sviluppano nei rapporti con i docenti, i compagni e i genitori, per arrivare al momento della valutazione.
Ha aperto le danze la dott.ssa Donadello che ha posto il pubblico presente di fronte ad alcuni quesiti ed in particolare ha voluto far capire che c’è sempre una motivazione – seppur inconscia – al non-studio; se un ragazzo non va bene a scuola è perché alla forza che lo spinge a studiare, se ne oppone un’altra – in direzione opposta – che lo induce a fare l’esatto contrario. Innanzitutto, il giovane ricerca un’IDENTITA’ e la ricerca è a tal punto che “è preferibile un’identità negativa piuttosto che nessuna identità”. Il giovane può essere indotto a non studiare per confermare la sua fama di bullo e rivoluzionario oppure perché mettersi a studiare significherebbe obbedire ai genitori che glielo ripetono continuamente e molti giovani accettano tutto, ma non di fare una cosa per obbedire ai propri genitori. Ecco quindi che in taluni casi, si ottengono i risultati evitando di ripetere sempre lo stesso ritornello “studia, studia, studia” o addirittura indicando l’opposto “fai come vuoi”. Può sembrare incredibile, ma il non-studiare implica fatica perché occorre ridirezionare le forze che – nell’animo del giovane – si annullano reciprocamente, facendo sì che entrambe puntino nella stessa direzione.
E’ importante, secondo la nostra relatrice, non insistere in un comportamento che non ci porta frutto; se non riusciamo a dormire, non sforziamoci a tutti i costi di dormire perché spesso si ottiene solo l’effetto contrario; piuttosto alziamoci e facciamo dell’altro finché ci viene sonno. Talvolta cattive performance scolastiche vengono proprio dalla paura dell’immagine che gli altri hanno di noi (“quando uscirò per l’interrogazione, avrò la maglietta sporca ? gli altri mi guarderanno se ho i pantaloni bucati ? vedranno che ho le gambe grosse o i brufoli ? …”). Per combattere, l’emozione bloccante che viene generata da questi timori, occorre ipotizzare le situazioni peggiori e provarle in vitro, cioè a casa, per conto nostro. Saremo più pronti e preparati al momento cruciale.
Intelligenza e motivazione non sono, secondo la nostra relatrice, qualità che si hanno o non si hanno; ma solo aspetti che possono essere latenti e vanno fatti uscire perché diano gli effetti attesi. Chi non ha motivazione oggi, può benissimo averla domani. Evitiamo di usare avverbi temporali assoluti come per es. “non hai MAI voglia di studiare”, “non hai NESSUN interesse”, “non ti impegni MAI nello studio”; innanzitutto perché non è vero (anche quelli più svogliati hanno dei campi o delle aree dove invece l’interesse è evidente, eccome) e poi perché – ce lo diceva anche don Mazzi – “anche nel peggiore dei nostri figli, c’è sempre un aspetto o una dote da salvare; non esiste la persona completamente negativa, qualcosa di positivo c’è sempre e va rivalutato e sottolineato proprio per tirare fuori il meglio da lui”.
La dott.ssa Donadello ha fornito una serie di casi abbastanza comuni in cui il giovane non va bene a scuola e per ciascuno di essi ha invitato il pubblico a scoprire il vantaggio che il giovane trae dal non-studiare; per es. in tutti i casi (e sono tanti) in cui genitori e docenti affermano “ha qualità enormi e basterebbe un suo piccolo sforzo per ottenere risultati importanti”, è evidente che, finché il giovane non metterà in atto lo studio, avrà sempre il beneficio del dubbio di avere qualità enormi; ma se, al contrario, dovesse mettersi a studiare e poi non ottenesse i risultati sperati, forse decadrebbe la descrizione che gli altri danno di lui (forse non si potrebbe più dire “ha qualità enormi”). In altri casi, capita che per es., il pre-adolescente studi solo con l’assistenza e la supervisione della madre; studiare da solo vorrebbe dire perdere il supporto della madre e affrontare difficoltà che invece può evitare, mantenendo lo status quo.
La dott.ssa Donadello ci ha indicato che cosa lo studente dovrebbe “mettere nello zaino” per risolvere i suoi problemi. Sono 12 o 13 suggerimenti, ma qui ne citiamo solo alcuni:
- non cercare scorciatoie: smettiamola di sognare di poter superare gli esami col solito Bignami o saltando questo o quel paragrafo; sono palliativi che non ci danno alcun vantaggio;
- Spegnere il cellulare, internet, … (non servono spiegazioni)
- Non darsi un tempo infinito per fare le cose, anzi darsene meno di quello stimato: è un bel modo per alzare l’asticella. Se penso mi servano tre ore per studiare, mi do la sfida di farlo in 2 ore e mezza.
- Quando non va, non va: se non si ingrana, smettere e riprendere più tardi
- Pensare che, alla fin fine, gli insegnanti sono persone umane (ma vah ?): quindi anch’essi con le loro emozioni ed i loro limiti;
- Ogni 45’ fare una pausa
- L’interazione è influenzata anche dalla nostra azione: proviamo a guardare con un sorriso l’insegnante anche quando pensiamo che sia uno spietato senza cuore …
Infine, la brava Donadello ha fornito degli spunti di riflessione sui concetti di obbedienza, di negoziazione delle regole (le regole vanno condivise e negoziate fra le parti) e di partecipazione.
E’ stata poi la volta della prof.ssa Laura Ruffo che ci ha detto che la valutazione è solo lo step finale di un processo che deve vedere il giovane al centro dei nostri obiettivi; genitori e docenti devono pensare a come poterlo indurre a dare il meglio di sé, a come affrontare le difficoltà, a come relazionarsi e poi la valutazione verrà di conseguenza.
Lei stessa nella sua esperienza predilige il lavoro in team perché questo tipo di interazione ha molti effetti positivi:
- aiuta a socializzare
- aiuta chi ha più doti e qualità a condividerle con chi ne ha meno (quindi un principio solidaristico).
Generalmente i pre-adolescenti mostrano un atteggiamento svogliato nei confronti dello studio, ma occorre ugualmente svegliare la loro parte migliore perché come diceva J.J. Rousseau quella fra i 12 e i 15 anni è l’età utile, ossia quella in cui dobbiamo mettere il massimo impegno educativo e quella di massimo apprendimento. La Prof.ssa Ruffo ci induce a non tediare i nostri figli con continui richiami allo studio perché si finisce per far odiare l’apprendimento; piuttosto, capire i nostri ragazzi ed evitare di pretendere da loro comportamenti non condivisi (inutile spingerlo a leggere libri, se non ha voglia di leggere).
Infine è stata la volta della testimonianza di vita vissuta che ci ha portato la prof.ssa Daniela Galletta. Potremmo riassumere il suo accorato intervento con una parola:
EMPATIA
Ebbene sì, empatia, cioè feeling, cioè attivazione di una relazione fra docente e discente che scateni le emozioni e il desiderio di darsi e raggiungere degli obiettivi, una simbiosi dove il docente sia davvero figura di esempio e di guida per l’allievo e lo spinga a dare il meglio di sé nello studio e nelle relazioni interpersonali. Quanto è importante essere di esempio per i nostri giovani ! Ce lo siamo detti tante volte, ce l’ha detto don Mazzi, il dott. Aceti, lo stesso don Ciotti; e, purtroppo, quanti cattivi esempi ci vengono invece dal mondo esterno ? dalla politica ? dal mondo degli affari ? dalle trasmissioni televisive più ipocrite e dalle riviste più stupide ? Tantissimi purtroppo.
Siamo di esempio per i nostri allievi (e per i nostri figli) e ci seguiranno anche in un burrone ! Dobbiamo essere noi i primi a comportarci secondo quelle regole, quei principi, quei valori che fondano una società civile ed evoluta.
E invece, proprio la prof.ssa Galletta ci ha detto che – per la sua esperienza – dei tre poli coinvolti (studenti, genitori e insegnanti), quello che più di tutti mette a repentaglio il precario equilibrio è il secondo. In circa 20 anni di insegnamento, la prof.ssa non ha notato grandi differenze nei ragazzi, sono belli, vitali e solari come nella nostra generazione, hanno la stessa voglia di vivere e fanno gli stessi errori a volte per irruenza, altre per inesperienza.
Chi invece è cambiato sono le famiglie, i genitori; molti, troppi genitori non hanno tempo per i propri ragazzi, non riescono a dare loro quelle emozioni che invece i giovani chiedono disperatamente. A volte la causa prima è la disgregazione del nucleo familiare, altre volte un disinteresse inaccettabile dei genitori per ciò che fanno i loro figli, altre volte la mancanza di tempo di questi genitori troppo presi nelle loro questioni personali (lavoro, tempo libero, interessi extra-familiari) per creare con i propri figli quel rapporto di empatia che la prof.ssa Galletta ha posto alla base di ogni evoluzione successiva.
Solo creando questo “filo diretto” con loro, potremo infondere il sacro fuoco di chi vuole vivere pienamente la vita. E, invece, cosa facciamo? Secondo un articolo provocante e provocatorio, presentato dalla Professoressa, ci premuriamo di far vivere i nostri figli nella FACILITA’, li lasciamo cullare in un oblio onirico in cui tutto fluttua lentamente, senza difficoltà, senza asperità alcuna. Stiamo, senza accorgercene, crescendo una generazione di stupidi perché non vogliamo che ci creino difficoltà, né affanni; meglio lasciarli guardare i programmi televisivi più beoti o trastullarsi sulla rete virtuale piuttosto che impegnare il nostro ed il loro tempo in attività che elevino la loro figura di uomini e di donne, insegnando loro attività pratiche e manuali o impegnandoci ad infondere in loro la curiosità di sapere, di conoscere. Dovremmo creare degli Achille dei tempi moderni e invece troppi genitori lasciano che crescano dei figli che non hanno la minima confidenza con le difficoltà, con la fatica, con il rischio.
Difficile pensare che chi è stato abituato a vivere da pecora, improvvisamente si trasformi in leone.
Accorato l’appello della Prof.ssa Galletta a tornare alle nostre case con l’impegno di percorrere le perigliose strade della vita al fianco dei nostri figli, a trasmettere loro le nostre qualità migliori, ad infondere loro coraggio e fiducia nei propri mezzi.
Come? Con il nostro comportamento quotidiano e con l’esempio.
Le difficoltà sono molte, ma possiamo e dobbiamo crederci.
Per chi non fosse stato presente, mettiamo a disposizione le slide utilizzate durante la serata.
Scarica qui le slide della dottoressa Donadello.
Scarica qui le slide della professoressa Galletta.
Scarica qui le slide della professoressa Ruffo.
Prossimo appuntamento giovedì prossimo 7 marzo con un argomento dedicato alla DONNA.
Il titolo della serata è: “DONNA: Professionista, moglie, madre, figlia. Qual è il suo vero ruolo oggi ?” – relatrice la dott.ssa Maria Abate.
A presto.
Per Prospettiva Famiglia
Paolo