L’Arena giovedì 28 marzo 2013 CRONACA, pagina 14
L´INCONTRO. Il procuratore capo ospite dell´istituto Pasoli. Tra i temi affrontati, anche quello delle infiltrazioni mafiose
«La violenza non risolve nulla. Rispondiamo con la legalità»
Elisa Pasetto
Schinaia: «Ciascuno può dare l´esempio. Non significa essere vigliacchi, ma più intelligenti Alle botte replicate con il dialogo»
«È demenziale che alcuni ragazzi sappiano reagire solo menando le mani anziché con le parole: con la violenza non si risolve nulla, la soluzione è la cultura dei diritti e delle ragioni».
È questo il messaggio che il Procuratore capo Mario Giulio Schinaia ha voluto lanciare ai ragazzi dell´istituto tecnico per geometri Pasoli di Borgo Venezia, dove era ospite di un´assemblea di istituto organizzata dagli studenti nell´ambito di un progetto di educazione alla legalità che riunisce ventotto scuole di Verona est, voluto dalla rete di agenzie educative «Prospettiva famiglia», coordinata dalla docente Daniela Galletta.
«Ciascuno di noi può dare, nel suo piccolo, un esempio di legalità», ha ripetuto il procuratore. «Come? Semplicemente dicendo, di fronte alla violenza, “Io non ci sto”. Perché la superiorità rispetto agli altri si dimostra con la forza delle proprie idee e del dialogo, non con le botte e le parolacce». Lo spunto per la lezione di vita arriva dalla domanda di uno studente, che tira in ballo il recente raid in due bar di Veronetta, iniziati con minacce, lancio di bicchieri e bottigliate e finiti con due denunce in questura. «Ma succede anche allo stadio», aggiunge Schinaia, «dove decine di ultras introducono armi anche se è illegale».
Gesti che evocano lo spettro di una nuova stagione di odio e violenze? «Sicuramente nascono da vecchi conflitti e contrapposizioni», risponde, «ma la speranza è che oggi ci siano strumenti diversi, democratici e civili, per dirimere queste controversie. Per esempio fare un sorriso, girare i tacchi e andarsene. Non significa essere vigliacchi, ma culturalmente più ricchi, dimostrando l´intelligenza di sapersi sottrarre ad una situazione di illegalità».
Perché questa, spiega il magistrato, è ovunque intorno a noi, non solo al sud. Prendiamo la mafia. «È proprio nelle realtà più ricche come la nostra che la criminalità organizzata agisce, perché sono qui i soldi da investire per arricchirsi». L´invito del procuratore ai ragazzi, quindi, è quello di smettere di pensare alla mafia come un fenomeno locale di «banditelli», ma come organizzazioni che hanno a disposizione tecnologie e menti raffinate, messe quotidianamente a disposizione nello scambio con i pubblici poteri.
Lo ripete deciso davanti agli studenti in aula magna, che hanno appena terminato la visione del film Il divo di Paolo Sorrentino: un lavoro che racconta la vita di Giulio Andreotti, compresi i suoi presunti rapporti con la criminalità organizzata. «Ed è proprio questo scambio vicendevole tra enti-istituzioni e la malavita che dobbiamo combattere, per esempio eliminando il sistema dei subappalti. Un modo per ricondurla ad essere un fenomeno minimo, fisiologico: credo infatti che estirparla del tutto sarà impossibile, la mafia ci sarà sempre, è connaturata con la natura umana».
Ma se legalità significa letteralmente rispetto della legge, non è detto che questa faccia sempre rima con giustizia.
«È giusto che Pietro Maso, dopo aver ucciso i suoi genitori, dopo poco più di 20 anni di carcere torni in libertà?», provoca uno studente. «Di fatto ha scontato la pena che gli è stata inflitta, una pena stabilita dalla Corte d´Assise in base alla legge e che quindi va rispettata. Piuttosto ora, a proposito di questa storia dovremmo interrogarci su un altro aspetto», aggiunge il procuratore.
«Perché i suoi amici-complici hanno deciso di seguirlo per uccidere i suoi genitori, quella sera? Pur sapendo, per assurdo, che a loro nulla sarebbe venuto in tasca dell´eredità? Lo ripeto», ha concluso Schinaia, «l´occasione per dire no di fronte all´illegalità c´è sempre e bisogna avere il coraggio e l´intelligenza di coglierla».