Scuola per Genitori ed Educatori di Prospettiva Famiglia
”EDUCARE AL SENTIMENTO, ALL’EMOZIONE, CREANDO EMPATIA NELLE RELAZIONI INTERPERSONALI”
17 marzo 2016 – Centro Civico “N.Tommasoli”
Relatrice: dott.ssa Stefania PERUZZI, psicanalista junghiana
Ha attratto l’interesse di una sessantina di persone, per lo più mamme, l’argomento dell’educazione al sentimento e all’emozione, come propellente per generare empatia nelle relazioni interpersonali, trattato stasera dalla dott.ssa Peruzzi. Si è parlato di emozioni, come stati mentali e fisiologici associati ad una situazione piscologica o fisica e si è detto che le principali emozioni sono – secondo Watson – l’ira, la paura e l’amore. La dott.ssa Peruzzi ha anche precisato che ci sono fenomeni come l’alessitimia, ossia situazioni in cui il soggetto non percepisce le emozioni, quindi un vero e proprio deficit della consapevolezza emotiva. Non si poteva a questo non parlare di fenomeni correlati come il bullismo, dove la figura del bullo è – secondo la dott.ssa Peruzzi – non un forte, bensì un debole, uno che ha bisogno di ricorrere alle minacce o ad altri atti violenti per dissimulare la sua debolezza. Ma si è cercato anche di dare una definizione di sentimento (dal latino, “sentire, percepire con i sensi”), quale situazione fisiologica che deriva da uno status psicologico e fisico, come situazione derivante dal percepire con i sensi. A differenza delle emozioni, i sentimenti sono molto più mediati dalla ragione; quindi, mentre l’emozione può generare modificazioni fisiche esteriori (mani sudate, rossore in volto, …), il sentimento è più celato internamente. Fondamentale coltivare questi aspetti e impegnarci per far vivere ai nostri figli reali emozioni; è un dovere di tutte le figure educative, indurli a vivere delle emozioni perché è in esse che imparano a conoscere sé stessi e a riconoscersi negli altri; grazie a queste esperienze, essi possono maturare un valore fondamentale del nostro vivere sociale che è l’empatia, ossia quella capacità di riconoscere lo stato d’animo degli altri, pur senza ricorrere al linguaggio verbale. E’ l’empatia che fa di noi degli esseri sociali e ci permette di stabilire relazioni valide con i nostri interlocutori; le più moderne tecniche di “team building” e di “leadership” delle grandi aziende mondiali si basano sulla capacità di generare empatia; un vero leader non è necessariamente un conoscitore della materia (anche se ciò riveste una certa importanza, ovviamente), ma deve soprattutto essere uno in grado di trascinare il gruppo, di gestire le dinamiche interne al gruppo e del gruppo stesso nei confronti dell’esterno. Per farlo, il leader deve capire con un colpo d’occhio cosa passa nella testa dei suoi, siano essi colleghi di lavoro o soldati; se sa generare empatia e quindi sa capire immediatamente cosa pensano quelli del gruppo che egli guida, può stabilire le azioni da intraprendere per portarli a bordo. Sempre nei corsi di “leadership” si presenta spesso lo spezzone del film “Braveheart”, laddove il capo carica i suoi prima della battaglia. Perché lo fa? Perché ha empatia con i suoi, ha capito che stanno per voltargli le spalle e allora tocca le corde giuste per indurli a combattere, stabilisce con loro un legame ideale, che va oltre le parole.
Che cos’è l’empatia: è la capacità di un individuo di comprendere in modo immediato i pensieri e gli stati d’animo di un’altra persona e che spesso deriva dal fatto che vediamo un nostro simile adottare un certo comportamento simile al nostro. Quindi adottare lo stesso comportamento è già un primo passo per stabilire empatia.
Da cosa nasce l’empatia? Dai neuroni-specchio, ossia neuroni che si attivano quando un individuo compie un’azione o quando l’individuo osserva la stessa azione compiuta da un altro soggetto.
Si è sperimentato all’Università di Marsiglia, che la stessa parte del cervello si attiva sia in chi compie l’azione e sia in chi vi si riconosce; se provo disgusto ad annusare dei calzini usati, proverò la stessa sensazione nel vedere un altro che lo fa.
Per sviluppare l’empatia, servono alcune azioni propedeutiche come:
- Predisposizione: ossia una certa qual tendenza a cogliere gli stati d’animo di chi ci sta davanti o al telefono per poter adottare la strategia giusta;
- Osservazione: ossia capacità di osservare gli altri e capire il loro stato d’animo; se ho il carrello della spesa pieno e sto cercando di andar via perché sono di fretta, ma qualcuno mi ferma e si mette a parlare con me con tutta calma, deduco che non ha capacità di osservazione e quindi è molto pregiudicata la sua capacità di stabilire empatia.
- Sistema empatico condiviso: ci possiamo trovare col sorriso in mezzo a un gruppo di persone allegre o in tristezza in mezzo a gente un po’ riluttante.
L’empatia è la chiave di volta fondamentale per stabilire un rapporto con i nostri figli o da parte di un insegnante nei confronti della propria classe; con l’empatia non ho bisogno di parole per capire come sta il mio interlocutore. Che l’empatia sia un “fluido magico” che si diffonde anche negli ambienti lavorativi per lavorare meglio insieme, è un dato di fatto; va tenuto presente, inoltre, il potenziale inespresso da parte dei nostri ragazzi ogni qualvolta non si attiva l’empatia e quindi non scatta la voglia di fare e di mettersi in gioco. Perché l’empatia non è solo la capacità di fare propri gli atti degli altri, ma anche predisposizione all’ascolto e all’affetto; prima di prendere una decisione che riguarda o coinvolge i nostri figli, bisogna averli ascoltati, aver capito cosa vogliono: o perché l’hanno detto oppure perché, pur non avendolo detto, la nostra sensibilità ci ha permesso di intuirlo. La dott.ssa Peruzzi ci lascia dunque con queste indicazioni preziose: far sperimentare ai nostri ragazzi le emozioni, parlare con loro delle emozioni che provano, proprio perché parlandone si vince quella ritrosia che si ha nel parlare di fenomeni che entrano nella nostra intimità. Grazie all’empatia si riesce a far fare ai nostri ragazzi cose impensabili e questo perché non vedono più in noi colui che comanda o il dittatore, ma colui di cui si possono fidare ciecamente. Compito quindi di noi genitori è sviluppare questa caratteristica e saper essere elemento di calore anche quando vi è il gelo intorno a noi. Una volta ho letto: “se rispondi al telefono, sorridi: dall’altra parte se ne accorgeranno”.
E l’essere positivi è il primo passo per essere empatici.
Cordiali saluti.
Per PROSPETTIVA FAMIGLIA
dott. Paolo STEFANO
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