Progetto Scuola per Genitori
Incontro con Massimo Recalcati
L’EVAPORAZIONE DELLA FIGURA PATERNA
21 ottobre 2016 – I.T.E.S. “Aldo Pasoli”
La presentazione dell’ Avv. Sabrina De Santi
Professor Recalcati,
Dall’ultimo dopoguerra la famiglia ha attraversato un profondo cambiamento.
Il modello della famiglia patriarcale, che affonda le radici nel diritto romano, dove il pater familias era il centro di tutti i rapporti (basti pensare che matrimonium è il dono della mater al padre), era arrivato quasi intatto fino al nostro codice civile del 1942: il padre è il capo della famiglia e da lui proviene il cognome; la moglie segue la condizione civile di lui; è obbligata ad accompagnarlo dovunque egli creda opportuno fissare la residenza; i figli sono sottoposti alla sua potestà (patria potestà).
La Costituzione del 1948 ha sancito all’art. 29 la parità morale e giuridica dei coniugi e il nostro legislatore ha dovuto, a partire da questo principio, adeguare tutte le leggi.
Fino agli anni ’60 l’unico modello familiare considerato legittimo e quindi secondo la legge, era quello fondato sul matrimonio.
Al cospetto della famiglia legittima, tutte le altre erano illegittime e quindi non secondo legge ma contro la legge.
A partire da quel periodo i giudici hanno dovuto tenere conto di una realtà sempre più ampia che dava spazio ad altre forme familiari che non si basano più sull’atto di matrimonio ma sull’affectio.
Quello che diventa importante è il rapporto che lega i suoi componenti e non l’atto fondativo di matrimonio.
La rigida gerarchia che vedeva quale capo indiscusso il pater familias lascia spazio, nelle sentenze e nelle norme, a una famiglia basata sulle regole dell’accordo, del vincolo affettuoso, della dedizione dei partner e della pari dignità di ciascuno dei suoi componenti.
La potestà lascia spazio alla pari responsabilità dei genitori verso i figli.
Le famiglie diventano tante, ciascun libera di scrivere le proprie regole in un’epoca in cui vi sono tanti diritti per tutti, in un’epoca in cui si può scegliere se diventare pilota o astronauta, in un’epoca in cui abbiamo molto più tempo e vita da vivere, in un’epoca in cui il benessere è diffuso.
Eppure in un ambito che sembra così favorevole, molto famiglie esprimono un profondo malessere legato all’assenza di regole e all’assenza di ruoli definiti.
Chiedono aiuto per la mancanza di senso e di gusto per la vita che esprimono figli tanto fragili quanto velleitari e disancorati dalla realtà.
Abbiamo interrogato illustri giuristi del calibro di Gherardo Colombo che ci ha parlato del valore dell’educazione e della punizione e di quanto la responsabilità sia imprescindibile compagna di strada della libertà propria e altrui; abbiamo chiesto al grande costituzionalista, prof. Stefano Rodotà, di leggere per noi la Costituzione dove parla di famiglia e ad illustri educatori come il prof. Aceti, di spiegarci il senso del materno e del paterno nell’educazione dei nostri figli.
Chiediamo questa sera alla psicoanalisi e al prof. Recalcati di leggere il nostro tempo.
Grazie
Sabrina De Santi
Avvocato – Presidente Aiaf Regione Veneto
Il resoconto del Presidente di Prospettiva Famiglia dott. Paolo STEFANO.
Relatore: Massimo Recalcati, psicoanalista, saggista e accademico
Pubblico delle grandi occasioni – più di 500 persone – presente all’Aula Magna dell’Istituto Aldo Pasoli per ascoltare e lasciare affascinare dal prof. Recalcati, che ha toccato davvero i temi più importanti che ruotano attorno alla famiglia e in particolare alla figura del padre. Dopo le parole della prof.ssa Galletta, una completa, competente e ricca presentazione dell’avv. De Santi, che è partita dal concetto del bonus pater familias, che tanto ha ispirato il legislatore nel dare il riferimento del sano e corretto esempio di condotta. Poi, la parola è passata a lui, il prof. Massimo Recalcati, che con ironia, ma anche seguendo un chiaro e lucido filo logico ci ha accompagnati dal padre-patriarca e dal padre-padrone alle varie figure di padri che si sono via via succedute nell’ultimo mezzo secolo, fino al “padre-eterno-adolescente” che descrive molti dei padri del nostro tempo.
Giustamente, Recalcati ha invitato a non cadere nella trappola di rimpiangere il padre di 50 anni fa: il silenzio a tavola generato da uno sguardo severo non era il sintomo di una relazione o di un rapporto sereno e costruttivo, ma solo ed esclusivamente frutto del terrore e della paura. Ha, però, invitato a riprendere ciò che c’era di buono. E precisamente quell’insegnamento prezioso che ci davano i nostri padri dell’impossibile, ossia di farci rendere conto che alcune cose erano possibili, mentre altre erano impossibili. Non tutto era possibile: davanti a certe richieste, ci sentivamo rispondere di no. Oggi, invece, viviamo l’era in cui tutto deve per definizione essere possibile: dall’utilizzo dell’auto ai viaggi, dalla scelta di uscire di casa alla richiesta di disporre del telefonino di ultima generazione. Il NO non esiste più. Eppure, proviamo a pensare quanto quei NO sono stati fondamentali per farci apprezzare ciò che avevamo (poco o tanto che fosse). E’ proprio il fatto di non poter avere certe cose che ci fa apprezzare ciò che si ha. Il concetto di limite e quello di rinuncia sono stati quindi fondamentali per darci il valore delle cose e per aumentare ancor più la nostra soddisfazione. Al contrario, in un mondo in cui “tutto è possibile”, non facciamo a tempo ad avere una cosa che subito partiamo alla ricerca di altro in una continua ed ininterrotta marcia verso ciò che non abbiamo, che bramiamo e che un attimo dopo immediatamente accantoniamo per andare alla ricerca di altro.
Un passo importante è quello delle regole: dire ai nostri figli “devi rientrare entro mezzanotte” è una regola. Può darsi che non la rispetteranno, almeno le prime volte, ma è e rimane una regola; e come sarebbe la nostra vita se non ci fossero le regole? Un autentico caos. I bambini giocano a pallone se viene disegnato un campo di calcio, con le sue linee laterali, la sua area di rigore e i suoi corner. Bene: queste sono regole e senza di esse non si potrebbe giocare o non ci si divertirebbe allo stesso modo. La regola è tanto più efficace quanto più essa è vista come aiuto alla vita e non come imposizione dall’alto e quindi vincolo. Essa è tanto più efficace, quanto più:
- Chi la deve rispettare, metabolizza che essa è per il nostro bene e non per renderci la vita difficile;
- Chi la deve imporre, non gode nel farlo, anzi probabilmente lo fa anche malvolentieri o con dolore, ma lo fa nella convinzione suprema che essa è il passaggio obbligato per la nostra tutela ed il nostro futuro.
Oltre al senso del limite – così importante per farci rendere conto delle nostre reali possibilità ed evitare drammatiche sorprese – Recalcati ci ha parlato dell’importanza del desiderio, ossia di quella perenne spinta che deve esserci dentro di noi per continuare a percorrere la strada maestra ed evitare di cadere nella noia e nella frustrazione. Sensi, questi ultimi, che rischiano di portare su strade laterali pericolose come l’anoressia o le dipendenze (droghe, alcol, …). E’ solo quando teniamo vivo il desiderio di coltivare le nostre passioni (“voglio fare l’astrofisico”, “sono appassionato di circuiti elettrici”) che veniamo spinti a migliorarci continuamente, come professionisti, ma soprattutto come persone. L’evaporazione è davvero un termine intrigante: esso richiama alla mente il dissolversi, il sublimarsi di una figura fondamentale come quella del padre. Recalcati ci dice che il desiderio è il vaccino contro le debolezze dell’uomo moderno e che dobbiamo moltiplicare i punti di distribuzione di questo vaccino: uno di questi punti è la scuola, il luogo per eccellenza deputato ad instillare nei ragazzi la curiosità ed il desiderio di migliorarsi, specie nelle discipline che più ci affascinano e dove riteniamo che sia il nostro talento. Perché è vero che certi talenti sono innati, ma è altrettanto vero che solo la spinta quotidiana a migliorarsi ci permette di esaltarli e di portarli a livelli inaspettati. Ma se il desiderio è il vaccino contro tutte le nostre debolezze, la domanda diventa: come facciamo a veicolare questo vaccino. Beh, ci dice Recalcati, il veicolo per trasmettere questo vaccino è solo l’amore. L’amore fra i genitori, specie in presenza dei figli; l’amore inteso come perenne scoperta dell’altro; l’amore come riconoscimento della nostra incapacità di capire l’altro e di realizzare che l’altro non è come lo vorremmo noi, eppure di amarlo per il solo fatto che esiste. Mia moglie o mio figlio non sono come li vorrei io, ma provo verso di loro un anelito per il solo fatto che esistono e anche se non sempre mi ritrovo in ciò che fanno. Infine, il nostro relatore ci ha parlato dell’importanza delle varie figure educative: pensate quanto peso può avere nella crescita di un bambino, la figura dell’allenatore (di basket). Sì, lo spirito di squadra, m anche la serietà dell’impegno di ripetere un gesto atletico mille e mille volte per migliorarsi sempre, il rispetto dell’altro, lo spirito di sacrificio, il rispetto degli orari, la condivisione di un obiettivo comune. In fin dei conti, quell’allenatore ci instilla il desiderio, ossia la spinta a migliorarci come persone, rispettando delle regole (l’orario, l’impegno, lo spogliatoio, …). Se passa il concetto, in allenamento, in famiglia, in qualunque ambito della nostra vita di relazione, che il rispetto di quelle regole è ciò che ci fa vivere meglio, avremo fatto un bel passo avanti. E quando nostro figlio si troverà a vivere – da solo – le sue esperienze di vita, i suoi primi innamoramenti, ad instaurare rapporti sociali, veicolerà proprio quell’aria che gli avremo fatto respirare nei suoi primi anni di vita. Se non avrà respirato la buona aria del dialogo e del confronto, ma si sarà ritrovato nel bel mezzo del cortocircuito di due genitori in perenne conflitto non sarà certo destinato al suicidio, ci dice Recalcati, ma la sua vita scorrerà in modo più difficoltoso, con qualche ansia in più, con qualche frustrazione in più. Un breve flash, Recalcati l’ha fatto anche sull’importanza della cultura intesa come apertura al mondo e come capacità di mettersi in dubbio.
Perché i nostri figli non vogliono un padre eroe, né un padre perfetto; va benissimo un padre con qualche difetto, purché però abbia con loro una relazione di grande lealtà, di rispetto e di dialogo, un padre che possa essere di esempio nelle grandi e nelle piccole cose e sappia, con onestà e schiettezza, riconoscere i propri limiti.
Al termine dell’esposizione, solo il tempo di un paio di domande, dopo di che il nostro ospite ha dovuto rientrare, lasciandoci importanti spunti, su cui sarà importante riflettere.
A presto.
Per PROSPETTIVA FAMIGLIA
dott. Paolo STEFANO