SOCIAL MEDIA. Una poliziotta insignita con il premio «Elsa Morante Ragazzi» all’istituto Pasoli
«Cyberbullismo, è necessario un dialogo serio con i ragazzi»
Della Libera: «Il rischio è di non considerare concreti questi rischi»
lunedì 14 novembre 2016 CRONACA, pagina 13
«I social media sono per i nostri ragazzi la nuova agorà, il luogo dell’abbraccio virtuale, purtroppo vengono spesso usati per fare del male, ecco perché noi adulti dobbiamo educare al rispetto e monitorare». Parola di Ornella Della Libera, poliziotta da 30 anni e ispettore capo della polizia a Napoli, scrittrice insignita con il Premio Elsa Morante Ragazzi 2009 e impegnata dal 2002 in una campagna di formazione sui pericoli della rete e sulle dipendenze nelle scuole di tutta Italia.Con la stessa verve della sua Blondie, protagonista in «Tredici casi per un’agente speciale» e «I nuovi casi dell’agente speciale Blondie», ha rivolto parole accorate a più di 400 allievi dei primi anni delle scuole superiori in rappresentanza di 34 istituti in una sessantina di plessi. L’occasione è stato l’incontro organizzato dall’associazione Prospettiva Famiglia con la libreria Jolly al Pasoli all’interno del percorso formativo della scuola per genitori ed educatori di Prospettiva Famiglia e della rete «Scuola e territorio: Educare». «Ho arrestato genitori, ragazzi e nonni e mi sono detta che qualcosa non funziona”, vedevo intere generazioni perdersi – ha esordito Della Libera. L’anello mancante è il rapporto tra scuola, famiglie e istituzioni per fare fronte comune e combattere problemi che spaziano dalla dispersione scolastica alla pedofilia, all’alcolismo alle droghe, ai reati online. A proposito del cyberbullismo spesso i genitori minimizzano le situazioni, pensano che non siano concrete. È necessario invece parlare con i propri figli, svolgere un’opera di informazione e prevenzione con la scuola in modo che la paura non li isoli dal mondo né li porti a confidarsi con malintenzionati».Tutto parte dal fatto che virtuale viene spesso confuso con non tangibile o non reale, in chiave discolpante. «In genere i ragazzi non capiscono la gravità dei reati che commettono e gli “assassini da tastiera” sfruttano la rete per nascondersi e pensare di rimanere impuniti, senza immaginare che la polizia postale oggi dispone di mezzi sofisticati per andare all’origine di ogni atto di cyberviolenza». Da scatti di foto private o osé poi diffuse sui social network alla creazione di profili falsi e diffamanti, dalle chat di insulti nel gruppo di classe o di amici su Whatsup o su Telegram allo stalking, ogni offesa sul web è reato e viene punito dalla legge. «Ad esempio, la sottrazione e appropriazione indebita di un profilo a scopo diffamatorio comporta un minimo di due anni di reclusione, pena che si può aggravare a seconda delle offese», ha detto Della Libera. «La diffusione nella rete di un video di sesso tra fidanzati magari dopo la fine di una storia d’amore comporta da un minimo di sei a un massimo di dodici anni di reclusione e una multa da 24.000 a 240.000 Euro». In voga ma cybercriminali anche la sextorsion, cioè ricattare minori minacciando di diffondere foto intime estorte con l’inganno o con l’illusione di un flirt o di un’amicizia, o il sexting, la divulgazione online di immagini, video o testi sessualmente espliciti. Quali i rimedi? Domanda semplice, risposta complessa. «Per le vittime il rischio e il dolore aumentano se si tengono le ferite nascoste: il silenzio non aiuta a risolvere ma crea difficoltà nei rapporti interpersonali, chiusura, isolamento e disturbi alimentari. Al primo campanello d’allarme occorre invece rivolgersi ad amici, alla famiglia, alla scuola o a centri di aiuto e denunciare il problema alla polizia di stato».Tutto parte da comportamenti che andrebbero riappresi. «I ragazzi dovrebbero imparare a dire in faccia alla persona quello che preme, senza ricorrere alla rete, che in numerosi casi diventa una gogna digitale. Teniamo presente che il bullo è colui che invidia qualche caratteristica della vittima, dall’abbigliamento ai bei voti, o che si sente speciale nel momento in cui denigra gli altri, ma non ha il coraggio di esprimere il suo disagio per cui si allea con un gruppo di gregari. I gregari potrebbero dal canto loro reagire isolando il bullo e fare rete con la vittima per bloccare il circolo vizioso della diffamazione online, capace a lungo andare di distruggere una persona».
M.S.