GRAN GUARDIA. La scrittrice ospite per la Giornata internazionale
Donne e violenza Maraini: «Amore non è possesso»
«Il femminicidio nasce dall’idea distorta che una persona sia nostra: è necessario un cambiamento culturale, si deve imparare la sacralità del corpo»
sabato 26 novembre 2016
Educare alla sacralità del corpo, e dunque al suo rispetto, alla sua inviolabilità: perchè il corpo (il corpo di tutti, donne e uomini) è, in senso laico, sacro, e dunque, fuori dalla frettolose semplificazioni manichee tra bene e male, giusto e ingiusto, buono e cattivo in cui appare rassicurante circoscrivere gli eventi drammatici, se vogliamo che finisca l’assurda violenza che arma la mano di un uomo contro una donna (nella maggior parte dei casi, quella che è stata o addirittura ancora è la sua donna) è necessario che ripensiamo a questo fondamentale valore del sacro. È questo il messaggio che la scrittrice Dacia Maraini ha consegnato ieri alle centinaia di studenti che hanno partecipato alla Gran Guardia all’incontro «Isolina» promosso dall’associazione Prospettiva Famiglia insieme alla Rete di scuole «Scuola e Territorio: Educare insieme» in collaborazione con il Comune, l’Associazione avvocati di famiglia, l’Associazione Isolina e… e la Libreria Jolly del Libro. «Non credo che uomini e donne appartengano a due “razze” differenti: un bambino non nasce violento, lo diventa semmai per ragioni culturali», ha spiegato la scrittrice. «Noi siamo tutti figli della storia e quello che facciamo, il modo in cui agiamo, anche il modo in cui pensiamo sono legati alla cultura, nel senso più ampio del termine, che respiriamo. Il fatto è che le donne da sempre sono abituate a sublimare, gli uomini molto meno. In tutti noi esiste quello che Freud definiva “istinto di morte”, una pulsione cieca alla violenza: con l’educazione, l’etica, la religione, il sapere noi sublimiamo questo istinto. Ma un uomo debole (ricordate che la violenza è caratteristica dei deboli) che identifica la propria virilità nel possesso, di fronte al desiderio di autonomia della donna non riesce a darsi ragione, e può diventare un assassino».Alla scrittrice i ragazzi hanno rivolto molte domande, e fatto anche un bellissimo omaggio con la lettura di un passo del suo romanzo «Isolina» da parte dell’attrice Anna Chiara Zanoli, accompagnata dalla fisarmonica suonata con grande suggestione da una studentessa del Maffei, Aliettamna Saba. La Maraini si è poi soffermata sul suo romanzo che racconta appunto un femminicidio, quello della diciannovenne Isolina Canuti, una ragazza povera, come tante altre nella Verona a cavallo fra Ottocento e Novecento, dove i militari potevano trovare facilmente divertimenti e belle donne. Quando resta incinta, il suo amante, il tenente Trivulzio, anch’egli un ufficiale dell’esercito, la costringe ad abortire e Isolina muore in modo raccapricciante fra urla strazianti sul tavolo di un’osteria. Ma per salvare l’onore dell’esercito tutto viene nascosto, come se Isolina non fosse mai esistita.«Ho ricostruito con grande attenzione quella vicenda, fermandomi a Verona e indagando i luoghi in cui si è svolta, che è emblematica per molti aspetti, e ancora così attuale: mi ha colpito come la città abbia cancellato la memoria di Isolina. Per fortuna il mondo cambia, e oggi cambia anche più velocemente», ha osservato la Maraini. «Il problema è che c’è chi non vuole accettare il cambiamento. Pensiamo alla schiavitù: per secoli è stata ammessa, la stessa religione la accettava, oggi a noi pare follia disporre di un’altra persona come di uno schiavo. Così per anni le donne non hanno avuto alcuna rilevanza nelle professioni e l’Onu ci dice che ancora oggi guadagnano il 16% in meno degli uomini che svolgono la stessa professione. La lotta contro i pregiudizi è dura, ma il fatto che si parli della violenza sulle donne è già un modo per combatterla, significa ammettere che il problema c’è e rompere il muro del silenzio, un passaggio fondamentale per costruire un futuro diverso».
Alessandra Galetto