IL VAJONT 50 anni dopo
17 ottobre 2013 – Centro Civico “N.TOMMASOLI”
Moderatrice:
- Dott.ssa Silvia PASQUETTO – Ricercatrice presso l’Ist. veronese di Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea
Relatori:
- Alfredo PENAZZI – Vigile del Fuoco, soccorritore il 10 ottobre 1963
- Dott.ssa Lorenza COSTANTINO – Giornalista
Sessanta persone al Tommasoli per rivivere uno dei grandi drammi – sociali, economici e politici – di cui è purtroppo costellata la vita di questo nostro bellissimo e martoriato Paese: il disastro del Vajont. Una tragedia, quella del 9 ottobre 1963, che ha rappresentato, secondo uno dei suoi più mirabili conoscitori Marco Paolini, “la grande lezione che non abbiamo mai imparato”. 50 anni fa, questa immane tragedia, ancora una volta non solo colpa della natura, ma anche e soprattutto dell’uomo; un uomo che ha violato l’ambiente, un uomo che ha nascosto la verità per (i soliti) interessi economici e politici, un uomo che di fronte agli interessi non ha esitato a mettere in pericolo la vita di migliaia di persone, un uomo che ha sfigurato una valle e fatto letteralmente sparire una cittadina in poche decine di secondi (“Longarone non c’è più”, titolavano i giornali nei giorni successivi).
Dopo il saluto di Mauro Spada, Presidente della VI^ Circoscrizione, che ha organizzato la serata, e alcune parole introduttive della Responsabile della Scuola per Genitori Prof.ssa Daniela Galletta, è toccato alla dott.ssa Silvia Pasquetto presentare i relatori, oltre che darci alcuni flash sull’attività dell’Ist.Veronese di Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea, che da quest’anno collabora con Prospettiva Famiglia.
Come ha giustamente detto la dott.ssa Pasquetto, la trasmissione di Marco Paolini del 1997 rappresenta una pietra miliare nella memoria di questo disastro. Probabilmente, la gran parte di coloro che hanno sentito parlare del Vajont, lo sanno grazie a questo programma, in cui Paolini ha saputo mescolare con grande pathos, ma anche grande lucidità tutti gli aspetti di questa vicenda; dallo stato d’animo dei valligiani nei mesi precedenti la tragedia alle menzogne e silenzi della società costruttrice del bacino (SADE – Soc. Adriatica Di Elettricità), dalle discussioni dei tecnici della diga agli effetti devastanti della frana di quella drammatica sera del 9 ottobre 1963.
Toccante la testimonianza che ci ha portato il vigile del fuoco Alfredo Penazzi, che la sera stessa partì da Verona con altri commilitoni per portare soccorso alla zona colpita. Penazzi si è scusato di non essere un oratore, ma per far accapponare la pelle non serve un oratore, ma il racconto lucido e semplice di chi era sul posto nelle ore successive alla tragedia. Quando Penazzi ci ha raccontato dell’intera famiglia del Conte Protti, che si era riunita per festeggiare il suo compleanno, sterminata in pochi secondi o quando ci ha descritto la strada rossa del sangue dei cadaveri dopo due giorni di recupero dei corpi, è chiaro che non serve un oratore. Silenzio glaciale al Tommasoli su questo racconto, che era stato preceduto da uno spezzone del programma di Paolini, ma che l’84-enne Penazzi ha saputo arricchire con un racconto tanto lucido quanto commovente. Ha preso poi la parola la dott.ssa Costantino, che ha toccato subito il tema dei grandi disastri avvenuti in 50 anni a causa degli interventi (sconsiderati) dell’uomo sull’ambiente (si pensi a Stava (19 lug 1985) e a tutti drammi successivi fino all’alluvione nelle Cinqueterre e in Lunigiana nell’ottobre 2011). Anche nel 1963 vi erano opposte versioni dei fatti; chi (Dino Buzzati) sosteneva la violenza della natura e l’incapacità di controllarla (“Natura ribelle” titolava) e chi invece era a conoscenza di come erano andate le cose e sottolineava il dolo dei dirigenti della SADE, dell’ENEL e dei politici (“Magari fossi riuscita a turbare l’ordine pubblico” titolava L’Unità quattro giorni dopo il disastro).
La dott.ssa Costantino ha raccontato poi della sua intervista con il figlio della compianta Tina Merlin, da cui è emerso di un aneddoto fra la stessa Merlin ed i dirigenti della società che gestiva il bacino in occasione di un evento franoso, che aveva preceduto la famosa sera del 9 ottobre e, nel corso del quale, i dirigenti sfuggirono alle domande scomode della Merlin sulla stabilità idro-geologica della zona.
A seguire della tragedia, vi fu la corsa a dare aiuto alle popolazioni, come spesso ci accade di vedere; vi furono soccorritori che accorsero da ogni parte per recuperare i corpi martoriati delle vittime, per aiutare a recuperare il poco che ancora si poteva salvare, per dare una mano a famiglie distrutte da quello spaventoso tsunami. Vi fu il solito coro di polemiche che però non riuscì a scalfire i poteri pre-costituiti, i quali per molto tempo fecero passare l’evento come una tragica fatalità della natura (come quando si legge “montagna assassina” …). In realtà, sappiamo tutti, a mezzo secolo di distanza, che non fu così, che quanto avvenne non fu causato (solo) dalla natura o che comunque avrebbe potuto essere evitato, se la ragione avesse prevalso sugli interessi economici e se il rispetto per gli abitanti e la carità umana avessero prevalso nella mente di chi gestiva l’impianto idro-elettrico.
Quando predomina l’ingegno ed il cuore, l’uomo può fare cose grandiose (alla fine e nonostante tutto, la diga ha tenuto !), ma quando nell’uomo prevale l’interesse personale, l’invidia e la cupidigia allora si verificano le più immani tragedie. Spiace rilevare come – anche a posteriori – non si riesca mai a far completa luce e a colpire i reali colpevoli (il Ministro dell’interno dell’epoca divenne poi addirittura Presidente della Repubblica …). Davanti a questi misfatti, ci sbalordiamo ed imprechiamo, ma poi questa rabbia non sale mai abbastanza alta da coinvolgere i reali malfattori; essa viene in qualche modo plafonata per poi disperdersi e sfumare.
Al termine dell’incontro, è stato trasmesso lo spezzone finale di Paolini con la descrizione appassionata degli ultimi minuti che precedettero il distacco dalla montagna di quei 260 milioni di metri cubi di terra e gli effetti devastanti che essi ebbero dapprima sui paesi limitrofi (Erto, Casso, …) e poi sui paesi a valle con particolare riguarda a Longarone, dove quella sera la gente stava guardando un partita di calcio inglese su un canale apparso da pochissimo (era RaiDue) e mai e poi mai avrebbe immaginato quanto sarebbe accaduto di lì a pochi minuti.
Cerchiamo di imparare la lezione, cerchiamo di ricordarci che ogni qualvolta mettiamo mano al territorio e ne modifichiamo le caratteristiche (pendenza, stabilità del terreno, tipo di coltivazioni, canali di scolo e deflusso dell’acqua, …) mettiamo teoricamente a rischio la vita di chi su quel territorio vive e lavora. Quindi chi prende queste decisioni così importanti abbia sempre davanti e prioritariamente la sicurezza dei cittadini e la loro salute. Per chi volesse saperne di più, può trovare all’indirizzo
http://www.udine20.it/vajont-le-immagini-del-disastro-video-di-massimo-da-via/#_ le immagini di come appariva al mattino successivo la zona del disastro (immagini pubblicate da Massimo Da Vià, figlio di Zoilo, che riprese con una Super8 l’accaduto).
A presto.
Paolo