I valori degli italiani nel 2013
Roma, 6 novembre 2013 – Abbiamo tutti l’impressione che la vitalità della nostra società stia lentamente scemando. In molti si chiedono se ci stiamo fermando per poi ripartire o se invece rallentiamo per arrestarci. Siamo come un treno che perde forza pian piano oppure la congiuntura attuale ricorda un pendolo alla fine dell’oscillazione, quando appare quasi fermo, ma è carico di energia per ripartire in un nuovo ciclo? Nella dimensione valoriale, i risultati della ricerca del Censis evidenziano che la crisi antropologica che ha profondamente segnato il Paese (l’egoismo diffuso, la passività, l’irresponsabilità, il materialismo spinto) potrebbe essere giunta alla fine della sua propagazione e le energie per una inversione di rotta ci sono tutte, anche se in forma potenziale, da attivare.
La voglia di altruismo c’è, tanto che aiutare chi è in difficoltà trasmette maggiore energia positiva che non l’idea di occuparsi del proprio benessere in palestra o in un centro estetico. Il 29,5% degli italiani afferma di ricevere moltissima carica dalla possibilità di aiutare qualcuno in difficoltà, e la percentuale rimane costante in tutte le classi di età, segno di una voglia comune di ritrovare l’altro. Soprattutto se si pensa che la possibilità di fare qualcosa per il proprio benessere, come andare in palestra o fare massaggi, darebbe molta carica a una quota inferiore (il 16%) dei cittadini. È quanto emerge dalla ricerca del Censis «I valori degli italiani 2013. Il ritorno del pendolo», pubblicata da Marsilio Editori.
Il 40% degli italiani si dice molto disponibile a fare visita agli ammalati. Più del 36% si dice assolutamente pronto a rendersi disponibile in caso di calamità naturale, per contribuire al bene comune. Il 37% si dice molto o abbastanza disponibile a dare una mano nella manutenzione delle scuole (il 21% è «molto» disponibile). Questa percentuale al Sud aumenta fino al 41%, 6 punti percentuali in più rispetto al Nord-Ovest: evidentemente, laddove il bisogno è più forte, gli italiani sono pronti a mettersi in gioco. Anche per la manutenzione delle spiagge e dei boschi, più di un terzo degli italiani si dice pronto a collaborare (il 34%), mentre il 37% si trincera dietro un più interlocutorio «forse». Anche in questo caso al Sud l’energia potenziale sembra maggiore (la percentuale sale al 36%) rispetto al Nord-Est (33%), dove probabilmente l’emergenza è meno sentita.
L’amore più forte rimane quello per le persone che ci sono vicine: l’80% degli italiani afferma di amare moltissimo i propri familiari, il 64% il proprio partner, il 22% i colleghi di lavoro. Il 26% ritiene di vivere in un territorio in cui la coesione sociale è forte, per il 64% è discreta, solo il 9% pensa che sia modesta. E soltanto il 10% pensa che l’onestà dei cittadini che abitano nel suo territorio sia scarsa.
Il 59% degli italiani afferma che curare la propria spiritualità procura una buona dose di energia positiva. Si diffonde una sorta di «papafrancescanesimo». La figura del nuovo Papa sta risvegliando in molti l’interesse non solo per la fede, ma più in generale per la vita spirituale e il gusto per una certa frugalità nei consumi.
E quale cultura del lavoro si affermerà nel prossimo futuro? Meno competizione e più collaborazione? Il 35% degli imprenditori italiani ritiene che collaborare bene con i colleghi darebbe molta carica. E così la pensa quasi il 31% degli artigiani. Potrebbe farsi strada una nuova cultura imprenditoriale, più collaborativa, in grado di essere trainante per il Paese, se prevarrà la voglia di riscoprire l’altro come alleato e non come competitor.
Certamente non tutti gli italiani dormono sonni tranquilli. Oggi l’85% si dice preoccupato e il 71% indignato, ma solo il 26,5% dice di sentirsi frustrato e il 13% disperato. Al contrario, il 59% degli italiani si sente vitale (e anche il 48% degli over 65 anni). Le preoccupazioni e l’indignazione, non solo non si sono mutate in frustrazione e disperazione, ma non hanno indebolito la vitalità individuale. Il Paese è tutt’altro che spento. Semmai è in attesa di un segnale: il 46% degli intervistati ammette di trovarsi nella condizione in cui vorrebbe fare qualcosa, ma non sa che cosa. Si tratta di un riposizionamento forse solo ideale, solo immaginato, una voglia di recuperare i beni morali come «beni rifugio» in un contesto che percepiamo come degradato.
Nel Paese si prepara una reazione al degrado antropologico, una reazione che però aspetta di essere incanalata e condotta. La spinta ideale mostra di avere sufficiente energia per far sì che il ritorno del pendolo sia un percorso evolutivo e non involutivo. Ma si avverta l’assenza di una regia che coaguli tutte queste energie: oggi il 67% degli italiani non si sente rappresentato da nessuno.
La ricerca, sostenuta anche dalla Fondazione Pescarabruzzo, ha previsto un approfondimento sui valori degli abruzzesi che verrà presentato prossimamente, da cui emerge che il 39% dei cittadini della regione si dice pronto a mettersi subito a disposizione in caso di calamità naturale, il 4% in più rispetto alla media degli abitanti dell’Italia centrale: una maggiore sensibilità determinata probabilmente dalla drammatica esperienza del recente sisma aquilano.
La ricerca, sostenuta anche dalla Fondazione Sicilia, ha previsto un approfondimento sui valori dei siciliani che verrà presentato prossimamente, da cui emerge che il 56% dei cittadini della regione ritiene che la capacità di fare accoglienza nel proprio territorio è altissima: in nessun altra zona del Paese è stato riscontrato un dato così elevato.
Questi sono i principali risultati della ricerca del Censis «I valori degli italiani 2013. Il ritorno del pendolo», che viene presentata oggi a Roma da Giulio De Rita, ricercatore del Censis, e discussa da Goffredo Fofi, saggista e critico cinematografico, letterario e teatrale, Massimo Franco, editorialista del Corriere della Sera, e Giuseppe De Rita, Presidente del Censis.
Per leggere il comunicato stampa originale clicca qui.