EDUCARE ALLA RELAZIONE E ALLA COMUNICAZIONE A SCUOLA
14 novembre 2013 – Centro Civico “N. Tommasoli”
Relatore: Prof. Francesco DELL’ORO
130 i componenti del “popolo dei taccuini” presenti stasera al Centro Civico “N. Tommasoli” per ascoltare un ironico e simpatico Prof. Dell’Oro, parlarci con tanta concretezza e con un occhio paternamente benevolo verso questi nostri ragazzi, della relazione e comunicazione a scuola.
Prima di dare la parola al nostro professore, vi è stata una breve presentazione della collega Stefania Zivelonghi su alcuni progetti di prossima attivazione (educare alla cittadinanza, immigrazione, violenza giovanile), oltre ad un breve saluto di Alberto Tosi, che ha invitato a collaborare e a dare supporto all’azione di Prospettiva Famiglia; a seguire, un intervento della Prof.ssa Laura Donà dell’Uff. Scolastico Provinciale, che ha collaborato nella realizzazione dell’incontro ed ha fornito indicazioni utili ai genitori sulla raccolta di informazioni per l’orientamento dei figli (compreso il prossimo Job-orienta).
Innanzitutto il Prof. Dell’Oro ha esordito dicendo che forse tutti questi confronti con i nostri tempi sono un po’ faziosi (possibile che ascoltando i genitori di oggi, sembra che a suo tempo fossero tuti dei secchioni ?). In realtà, il nostro professore ci ha esposto un ritratto che Raffaello Lambruschini, Provveditore agli studi della Toscana, faceva dei giovani già un secolo e mezzo fa (siamo nel 1849) nella sua opera “Dell’educazione” Ebbene, sostituendo la parola “balocchi” con “PlayStation” o “Tablet”, pare di leggere il commento che facciamo dei giovani di oggi; ciò significa quindi che forse i giovani di oggi non sono poi così differenti dai giovani di un tempo.
Attenzione ! ci dice ancora ad impedire ai nostri giovani di esprimere le loro reali aspirazioni; quante volte siamo noi che vogliamo che prendano un certo indirizzo piuttosto che un altro, siamo noi che vogliamo che faccia. Per es., il liceo classico quando invece lui vorrebbe fare dell’altro. C’è la forte sensazione che si sia un po’ col fiato sul collo di questi adolescenti, non rendendosi conto che occorre anche accettare i loro tempi e la loro disponibilità al dialogo. Non possiamo chiedere “Com’è andata a scuola ?” quando il nostro adolescente è ancora sullo zerbino di casa al rientro da scuola o addirittura quando gli rispondiamo al citofono. Questi ragazzi hanno grandi qualità, ci dice Dell’Oro, ma occorre dargli il tempo di esprimerle e tenere conto che l’età in cui fanno questa scelta scolastica è davvero prematura.
Non sono mancati gli esempi di mail (reali) di genitori che segnalavano la loro difficoltà a saper cogliere le istanze del figlio, così come segni di grande maturità dimostrati dagli stessi ragazzi, anche quando possono essere travisati (“intanto vado avanti e poi come va va” oppure “leggo e scrivo tutti i giorni, ma fino a quando dovrò farlo ?”).
Sicuramente nella nostra relazione con loro dobbiamo tenere presente l’importanza e l’impatto che ha il loro sviluppo adolescenziale nel loro comportamento; cambiano radicalmente gli aspetti fisiologici, cognitivi, relazionali e valoriali. Non possiamo pretendere che – in un momento in cui cadono i pilastri valoriali dell’infanzia e si apre un mondo astratto di incertezze e in cui si passa dal bianco e il nero ad un vero e proprio arcobaleno – il ragazzo abbia quelle certezze e quell’impostazione “quadrata” che ci si aspetta da un adulto (“y=mx +q” e lui non sa cos’è “m” e cos’è “q” ?).
Teniamo conto dell’imponderabilità: è una fase in cui non si possono pesare gli effetti di certi atti; un’insufficienza può essere presa alla leggera, ma può anche diventare un incubo per certi ragazzi; a volte, a maggior ragione se sono abituati a voti alti …
Consideriamo l’importanza che possono avere su questi adolescenti, figure di grande personalità e di grande spessore educativo: quanti di noi hanno nei loro ricordi più belli qualche professore che è riuscito a coinvolgerli e a scatenare in noi la passione e l’interesse. Non servono tanto le qualità intellettive o il genio, ma serve soprattutto che l’adolescente abbia la curiosità di ciò che fa, esattamente come Einstein. Se riusciamo ad accendere in lui la curiosità di conoscere, di sapere, siamo già a metà dell’opera.
Particolarmente efficaci le mail che il nostro ospite ci ha mostrato con le incertezze di certi genitori, ma anche la loro soddisfazione nel vedere i progressi di certi figli che si davano perduti e che invece, nel giro di pochi mesi, sembrano miracolati. Forse bastava dar loro il tempo di tirare fuori le loro potenzialità.
E poi quella “equazione imperfetta”, quello strano rilevare – non così raramente – che persone bravissime a scuola, si rivelano meno brave nel lavoro. Perché ? Beh, molto semplice. Perché non bastano le abilità professionali e le competenze, ma servono – soprattutto – la capacità di lavorare in gruppo, la disponibilità al problem solving, il carisma. Le stesse statistiche che ci ha mostrato, evidenziano che le aziende cercano soprattutto queste qualità. Non si cerca l’Einstein di turno, si cercano persone capaci di “fare squadra” (team building), capaci di dare soluzioni innovative a problemi storici, capaci di crescere professionalmente e di assorbire informazioni da qualunque fonte (ricordiamo Steve Jobs: “Stay hungry, stay foolish”).
Teniamo, inoltre, presente che l’Italia copre il 24°posto (su 27, seguita solo da Portogallo, Spagna e Malta) in Europa per numero di studenti che abbandonano prematuramente gli studi. Quali le motivazioni ? Forse non siamo riusciti a capirli o a far nascere la curiosità in loro o li abbiamo indirizzati su una strada che piaceva a noi, ma non corrispondeva alle loro aspirazioni. E allora il ciclo di studi si trasforma in un incubo.
Teniamo presente che per l’adolescente è più facile dire di no ai genitori che non ai compagni. Dire no ai compagni significherebbe violare il loro senso di appartenenza e questo è un vincolo forte.
Ma soprattutto, il Prof. Dell’Oro ci dice – avvalorato anche dall’esperienza della nostra Daniela Galletta – che non c’è insegnamento, non c’è messaggio, non c’è informazione che noi possiamo passare a questi adolescenti, se non riusciamo a stabilire una “relazione”, se non si crea quel rapporto di empatia che solo consente il travaso di informazioni, di esperienze e di emozioni. Se non apriamo il collegamento con loro è come un dialogo fra sordi o fra gente che parla lingue diverse. Accendiamo questo canale e tutto riuscirà più facile: anche cogliere le loro inquietudini e i loro desideri. che non sempre sono tenuti nel dovuto conto. Non c’è proprio nulla di male se un adolescente dichiara di voler fare lo chef quando sarà grande: ciò che conta è che vi sia la curiosità e la passione: i migliori ingredienti per riuscire bene nel nostro lavoro e nella nostra vita.
Le domande finali del pubblico sono state incentrate su casi di ragazze, che sono particolarmente responsabilizzate e per le quali anche un 6 può costituire un fallimento. Il Prof. Dell’Oro ci invita a calare la pressione (facciamo come “un ciclista che riduce la pressione delle gomme”), sia per evitare situazioni di stress e sia per evitare l’effetto stanchezza di ragazzi che si sono talmente impegnati nella scuola secondaria di primo e secondo grado, da arrivare “spompati” all’università e mostrare cali sostanziali nel rendimento.
Siamo sempre pronti a puntare il dito sugli adolescenti, ma a volte ci dimentichiamo che molto probabilmente saranno migliori di noi: anche grazie alla nostra esperienza.
A presto.
Paolo
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