Quella visita blindata di Caponnetto dopo Falcone e Borsellino
È giusto ricordare ai ragazzi gli ultimi trent’anni del Novecento, senza guerre in trincea, ma gonfi di episodi inquietanti.Così i percorsi di legalità organizzati dalla «Rete scuola e territorio» e «Prospettiva famiglia» sono appuntamenti da non mancare perché seminano nell’incerto presente per raccogliere un futuro migliore. Don Luigi Ciotti è uno dei tanti ospiti e non è la prima volta che parla ai ragazzi veronesi. Prima di lui hanno parlato alla nostra gioventù Piercamillo Davigo, Maria Falcone, Giuseppe Ayala, Giancarlo Caselli, Guido Papalia, Gherardo Colombo, Agnese Moro, Tina Montinaro, Domenico Quirico, Stefano Rodotà e tanti altri.Nel 1992, a ridosso degli assassini di Falcone e Borsellino, arrivò al Liceo scientifico Galilei il giudice Antonino Caponnetto, capo del pool antimafia. Era un pomeriggio d’autunno e anche quella volta i ragazzi attendevano la conferenza come si può fare a sedici anni, clima spensierato, battute fra amici, coppiette che si scambiavano tenere effusioni.All’improvviso, poco prima dell’arrivo dell’alto magistrato, capo del pool antimafia e sopravvissuto alle stragi dei suoi amici, entrarono nella scuola una ventina di agenti della Dia (la Direzione investigativa antimafia), poco più grandi degli studenti, e si piazzarono lungo i corridoi, spalle al muro, imbracciando i mitra. Per non essere riconosciuti avevano il volto coperto dal passamontagna nero, il cosiddetto «mefisto». A scuola l’atmosfera mutò in un baleno, diventò cupa ma solenne. «Ricordo bene quei giorni», ha detto ieri don Ciotti. «Avevo incontrato Falcone a Gorizia e avremmo dovuto ritrovarci a Palermo ma lui saltò per aria a Capaci e non ci vedemmo più. Poi toccò a Borsellino. E dieci anni prima, nel 1982, era toccato a Pio La Torre e a Carlo Alberto Dalla Chiesa e ad Aosta, mezzo chilo di esplosivo fece saltare la Fiat 500 del pretore Giovanni Selis miracolosamente salvo perché l’ordigno era così potente che aprì come una mela la carrozzeria, scaricando l’esplosione all’esterno. Questo per ricordare che la mafia non colpisce solo al Sud».D.CA.