MENS SANA IN CORPORE SANO
Lo sport come percorso di crescita, prezioso insegnamento per i propri figli
19 dicembre 2013 – Centro Civico “N. Tommasoli”
Relatrici:
- dott. Valentina ANDREOLI – Psicologo psicoterapeuta
- dott.ssa Francesca DONADELLO – Psicologo psicoterapeuta
Ancora una volta due brave professioniste al Tommasoli per esporre un concetto tanto semplice, quanto vero, cioè quello di una “mens sana in corpore sano”. Siamo tutti d’accordo nel ritenere che la mente è più prolifica ed efficace se operativa all’interno di un corpo sano e tonico che non in un corpo ammalato o inflaccidito da abitudini comportamentali (sanitarie, alimentari, sociali) non particolarmente brillanti e rigorose.
Le nostre due psicologhe, alternandosi nell’esposizione, hanno dato vita ad un incontro gradevole ed interessante sotto il profilo dell’intensità del tema dello sport come percorso di crescita e sotto il profilo dell’attenzione catturata nel pubblico presente. Innanzitutto, la dott.ssa Donadello ha ripreso il tema dell’etimologia del termine “sport”, derivante da “deportare” ossia portare il proprio corpo “fuori dalle mura cittadine”, ossia in uno spazio verde dove poter svolgere attività fisica. Lo sport come momento per scaricare le nostre tensioni e i nostri piccoli-grandi drammi quotidiani, un momento in cui insieme a rilasciare le tossine presenti nel nostro corpo, si coglie l’occasione per liberare la nostra mente dai cattivi pensieri. Quante volte diciamo “vado a correre per non pensare a nulla”, ossia un momento per staccare la spina e dedicarci ad una attività che deve essere – prima di ogni altra cosa – ludica, ossia ci deve dare divertimento e gioia, prima che soddisfazione fisica o orgoglio personale.
Lo sport presenta quindi una serie di sfaccettature davvero interessanti: lo sport è autoefficacia, ossia valutazione delle nostre abilità in rapporto alla nostra capacità di svolgere determinati sforzi fisici, ma lo sport è anche socializzazione, ossia momento di aggregazione e di confronto, dove imparare a gestire i contrasti (il mio compagno di squadra mi ha fatto arrabbiare, ma io adesso devo superare questo aspetto perché sto giocando e devo impegnarmi a vincere questa partita); lo sport come motivazione, ossia ricerca delle nostre aspirazioni a raggiungere il massimo risultato nei confronti dell’avversario, ma anche e soprattutto nei confronti di noi stessi. Lo sport come presa di coscienza delle proprie capacità e dei propri limiti ed infine lo sport come conquista delle proprie abilità motorie: in sostanza, come movimento del corpo nell’aria e definizione di come il corpo esegue il gesto atletico e di come le singole membra hanno acquisito l’abilità di eseguire certi movimenti. Lo sport visto dunque anche nel suo stadio iniziale di “movimento” prima ancora che pratica di questa o quella disciplina: lo sport come occasione per adottare determinati stili di vita sociale, evitando situazioni a volte un po’ difficili da capire (faccio una corsa di 10 km, ma poi prendo l’ascensore per salire a casa oppure il bambino arriva a 10 anni e non sa ancora andare in bicicletta). Siamo molto spesso davanti a ragazzi che sono molto più statici di qualche decennio fa e quindi più disponibili ad affrontare questioni di concetto o di lettura e che hanno meno opportunità di movimento di una volta (correre per i campi, fare una scazzottata fra coetanei), ma che hanno anche spesso perso moltissimo in manualità e abilità manuali (dal salire su una scala senza perdere l’equilibrio al saper usare un cacciavite).
Le nostre due brave psicologhe si sono poi soffermate sul tema “sport fra sogno e realtà”: lucidità di riconoscere i nostri limiti, ma anche sogno di voler emulare i nostri idoli e cercare di essere come loro. Lo sport come serie di prove per migliorarsi e mettere quindi
Si è passati poi a parlare dell’adolescente Narciso, un adolescente che ha bisogno continuo di ricevere conferme dagli altri. Un adolescente che si “specchia” continuamente con sé stesso, ma che non ha ancora la capacità di valutarsi con obiettività, sia nel bene che nel male. Ecco che allora lo sport diventa un momento di vera valorizzazione e di rispetto reciproco.
La dott.ssa Andreoli, infine, non ha potuto non citare gli atti scorretti dei genitori nei confronti dell’allenatore, gli interventi dei genitori nei confronti della squadra dove giocano i loro figli.
Lo sport allora va vissuto fra sogno e realtà, ossia lasciando che i nostri figli sognino un giocatore da emulare (“voglio essere come Messi”), ma anche che, senza traumi, verifichino i loro limiti e giochino consci di ciò che sono capaci di fare, con un po’ di carica adrenalinica, ma senza pressioni eccessive.
La dott.ssa Andreoli ha sviscerato il confronto fra l’adolescente “Edipo” di qualche anno fa, tutto intento a confrontarsi con i propri istinti e le proprie passioni e l’adolescente “Narciso” che si specchia fino a morire e che necessità del feedback degli altri per prendere coscienza di sé.
Lo sport – hanno rilevato importanti istituti di ricerca americani – come area dove indirizzare gli adolescenti, forti del fatto che statisticamente le persone che praticano sport sono meno portate a commettere atti anti-sociali, forse anche in conseguenza del fatto che praticando lo sport sono in grado di scaricare stress e tossine e quindi la loro mente è molto più serena e lucida dopo aver svolto attività sportiva.
Non elevatissimo il pubblico presente, ma che – in fase di dibattito finale – ha dato vita ad un bel momento di esperienza laboratoriale con richieste di chiarimenti sulla opportunità di indirizzare i propri figli a sport così detti di squadra o sull’opportunità di tenere lontani quei genitori che urlando a bordo campo influenzano negativamente il figlio che gioca, oltre a vanificare il lavoro dell’allenatore. Ne consegue, come è stato testimoniato, il progressivo abbandono da parte degli allenatori, che oltre a dedicare il loro tempo in modo gratuito, si trovano a gestire non solo le normali difficoltà di tenere unito e coeso un gruppo di ragazzi, ma anche l’entropia generata sull’ambiente da parte di genitori che seminano zizzania e inculcano nell’adolescente pensieri non suoi e soprattutto non condivisi.
Un ‘grazie” ancora alle due relatrici che con la loro presentazione hanno completato l’argomento dello sport, che già un paio di settimane fa, la dott.ssa Tonin aveva avviato con indicazioni molto chiare e precise sugli aspetti di forza e di debolezza derivanti dal proprio rapporto con lo sport.
A presto.
Paolo
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