Progetto Scuola per Genitori di Prospettiva Famiglia
“Deep web, dark web”
Prof. Roberto FLOR
16 novembre 2017 – Centro civico “N.Tommasoli”
- Relatore: prof. Roberto FLOR, docente di diritto penale all’Università di Verona e Trento
Un tema – quello di stasera – molto noto e molto coinvolgente perché nessun genitore, che lo voglia o no, può restare fuori dall’ “assalto” della tecnologia. Una tecnologia che ormai pervade la nostra vita e, se usciamo di casa, “possiamo dimenticarci tutto, anche il portafoglio, ma assolutamente non possiamo dimenticarci il cellulare”. Internet è questo nuovo pianeta, ovviamente virtuale, all’interno del quale possiamo navigare infinitamente, date le sue potenzialità, ma con l’accortezza che in questo grande mondo, c’è una parte pubblica, visibile e chiara e un’altra – ben più consistente, decisamente oscura o comunque dove vige l’anonimato più assoluto e dove si svolgono traffici leciti e illeciti (deep web) o solo illeciti (dark web).
Nella parte pubblica, i motori di ricerca costruiscono continuamente associazioni basate sulle frequenza con cui le parole compaiono sulla rete; ecco allora che basta pubblicare con frequenza sui social network il nome di una persona associato ad un giudizio negativo, che il motore di ricerca considererà statisticamente sempre più frequente quella associazione, fino a darla come prima proposta fra quelle ricercate; se continuo a pubblicare che “Maria è una ladra”, ad un certo punto i motori di ricerca daranno come prima scelta – associata alla parola “”Maria” – la parola “ladra”. Ecco allora che internet è diventato la “piazza” dove mettere in pubblico notizie – spesso – negative o ingiuriose nei confronti di Tizio o di Caio. Ne sono derivati tutta una serie di reati (sextortion, furto di identità, cyberbullismo, …) che la legge stenta a prevenire o a reprimere proprio perché la tecnologia viaggia ad una velocità 100 volte superiore; inoltre, essendo questa “piazza” ormai planetaria, si introducono difficoltà ad ordinare ad un sito di togliere determinate immagini o informazioni, se la richiesta va fatta a Paesi lontani, dove vige tutt’altra legislazione o addirittura quando non si riesce nemmeno a risalire alla dislocazione fisica dei server che supportano il sito. E’ questo un mondo da prendere con le molle perché è fin troppo facile far apparire immagini, identità, ruoli assolutamente falsi, dietro ai quali si nascondono personaggi di dubbio gusto, pedofili, malviventi, persone pronte ad approfittare dell’ingenuità del ragazzo o della ragazza. I titoli dei giornali pubblicati questa sera sono stati molto eloquenti su come si perviene a fatti di cronaca disgustosi, partendo da un’immagine spesso ammaliante e graziosa, dietro la quale si nascondono “orchi” da condannare senza indugio.
Se pubblicare un’immagine è piuttosto semplice ed immediato, tutt’altra storia è invece togliere quell’immagine dalla rete, sia per i motivi qui sopra indicati e sia perché una volta pubblicata un’immagine, non potremo mai essere sicuri che qualcuno non se la sia scaricata in locale, pronto a farla circolare su altri circuiti e/o altri device. Si arriva così al cyber-stalking, al cyber-bullismo e ad altri reati di nuova introduzione. La legge 71 del 2017 – quindi di recentissima introduzione – si occupa di disciplinare il cyberbullismo, anche se – accanto ad aspetti positivi (la scuola viene incaricata di informare i genitori e di dare supporto alle vittime, possibilità per il minore ultra-quattordicenne di avanzare istanza per rimozione, blocco o oscuramento del materiale, …) – ve ne sono altri negativi o che rischiamo di essere populistici (difficoltà a discriminare fra dolo intenzionale e dolo specifico, concetto di identità digitale, …).
Accanto a questa punta dell’iceberg, vi è un mondo sommerso, dove invece vige assolutamente l’anonimato e dove gli affari sono, nella maggior parte dei casi, illeciti. In quest’area, si trovano i c.d. black market, dove poter acquistare tutto ciò che è illegale, dalle armi alla droga, dai bambini agli organi. Un inferno dantesco per l’uomo della strada, ma un vero e proprio paradiso per chi invece intende fare affari mantenendo il più assoluto anonimato, spesso pagando con i c.d. bit coin, una moneta digitale che sta prendendo piede perché non serve contante, non servono conti correnti, non serve scoprirsi, né firmare alcunché. Non è quindi difficile, come ci ha fatto vedere il prof. Flor, acquistare una carta d’identità falsa a soli 358 € o un kalashnikov per qualche decina di dollari. Ma nulla vieta che si acquisti della droga o che si possa trovare uno sconosciuto disposto a vendere qualche organo perché ridotto alla fame, specie in qualche Paese in via di sviluppo. Attenzione poi ai siti falsificati, ossia siti che per l’aspetto (layout) sembrano decisamente altri ben più noti (vedi e-Bay), ma se si guarda l’indirizzo indicato nell’indirizzario (URL) si nota che non è il sito famoso a cui crediamo di accedere, bensì altri.
Sempre dal web è possibile per es. ricavare la mappa delle telecamere presenti in città; informazioni purtroppo straordinariamente utile per chi dovesse compiere attentati o delinquere.
Non facciamoci scrupoli, quindi, in qualità di genitori ad assumere la nostra potestà ed il nostro dovere di garanzia nei confronti del minore, controllando come navigano e su quali siti vanno o verificando sul cellulare con chi intrattengono chat e relazioni. In una importante statistica condotta qualche anno fa negli USA è stato chiesto separatamente a genitori e figli se questi ultimi avessero mai incontrato dal vivo persone che avevano inizialmente conosciuto sul web. Ebbene, mentre la maggioranza schiacciante dei genitori ha sempre risposto di no, purtroppo, i ragazzi hanno dato risposta diametralmente opposta.
Controlli che non possono essere solo tecnologici (parental control), ma anche basati su una relazione chiara e trasparente con i nostri figli e su un’azione educativa che deve prevenire
Infine, il prof. Flor ci invita a meditare prima di pubblicare immagini o date personali (“sono in ferie e torno fra 10 giorni” …) perché si forniscono informazioni preziose ai malintenzionati, specie se – come spesso accade – si utilizzano password a basso grado di sicurezza (il proprio nome o quello del cane o del figlio, …). Situazioni che alcuni programmi di sniffing , scoprono n pochi minuti.
Pertanto, non dimentichiamo che noi siamo i primi responsabili della riservatezza dei nostri dati ed avere i nostri dati – di cui siamo proprietari – su Google e non sapere nemmeno dove si trova fisicamente il server che ospita i nostri dati, non è così immediato.
Un grazie sincero al prof. Flor per i dati che ci ha fornito e per le immagini che ci ha proposto. Questa situazione ci deve indurre a evitare sempre l’impulso di pubblicare dati privati perché tornare indietro è davvero difficile.
La prima regola del gioco è quella di adottare una condotta prudente, prima ancora di sfruttare i controlli tecnologicamente consentiti.
A presto.
Per PROSPETTIVA FAMIGLIA
dott. Paolo STEFANO
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