INFANZIA: IL SEME PER IL FUTURO
24 Gennaio 2014 – Cinema Teatro “ALCIONE”
Relatore:
- dott. Ezio ACETI – Psicologo
Una serata semplicemente entusiasmante quella che ci ha regalato il prof. Ezio Aceti.
450 persone al Teatro Alcione, a cui si sono aggiunte altre 160 da casa (grazie alla diretta streaming organizzata dalla Parrocchia di S. Croce) per assistere ad un incontro in cui il protagonista ha veramente creato quel rapporto empatico, che chiedeva nella premessa, con il pubblico in ascolto; un incontro in cui il prof. Aceti ha saputo far breccia nei nostri cuori e nelle nostre coscienze per aprirci gli occhi sul nostro modo di stabilire la relazione con i nostri figli, dalla loro infanzia alla loro adolescenza. Ci ha detto di quanto sia importante che noi genitori ed educatori mettiamo in campo tutta la nostra umiltà e il nostro amore per fare in modo che quella pianta cresca bella e robusta. Sì, la nostra umiltà perché se noi ci abbassiamo, se noi ci chiniamo, ci mettiamo al loro livello ed è più facile parlare e anche ascoltare.
Non esiste il bambino che ha un brutto carattere o il bambino lazzarone; non si può affermare in un rapporto affettivo che uno ha ragione e l’altro ha torto, ma, al contrario, hanno entrambi ragione. La loro ragione. La ragione del padre che vede le cose da adulto, ma anche la ragione del bambino a cui non si può chiedere che veda le cose come l’adulto; lui le vede con l’occhio ed il cuore di un bambino.
Se si disegnano alla lavagna delle aste, il bambino saprà sicuramente individuare la più lunga e la più corta, ma – almeno fino ai 6 anni – avrà grandi difficoltà a scegliere la “meno corta” perché il suo codice intellettivo e comportamentale non gli permette di cogliere che due negazioni si annullano e che quindi la “meno corta” corrisponde alla “più lunga”.
Ecco allora il nostro dovere di stabilire con loro un rapporto empatico, senza con ciò pretendere che ci dicano “tutto di sé”; lasciamo che ci parlino di ciò che desiderano, ma lasciamogli anche delle zone di intimità, aree dove vogliono mantenere un segreto (magari per non ferirci). Rapportarsi con noi non deve significare per loro svuotarsi di tutto; se lo facessero, vorrebbe dire non lasciargli spazio per alcuna emozione, non permettere loro di avere qualcosa di personale e dunque di poter anche vivere emozioni profonde. Per far questo non dovremo assalirli appena mettono il piede sullo zerbino di casa, ma lasciamo che “ci parlino quando ne hanno voglia”, sapendo che a noi “farebbe piacere ascoltarli”.
Essi vivono un paradigma composto di tre elementi: ansia, realtà e sostegno.
Hai preso una nota a scuola? Mi dispiace di quanto è successo (ansia), ma questo è un problema tuo (realtà); sono sicuro che la prossima volta ti comporterai meglio (sostegno). E’ quasi una traslazione della Trinità divina.
E’ la rappresentazione di madre, realtà e padre. La madre che vive lo stato di ansia (“mi dispiace per quanto è successo”) e lo fa per un motivo naturale da parte di chi, avendo generato fisicamente quell’essere, lo considera quasi una sua propaggine; la realtà (“questo è un problema tuo”); ed infine il padre, che rappresenta il futuro, il sostegno, la norma (“sono sicuro che la prossima volta ti comporterai meglio”).
Non diciamo ai nostri ragazzi ”sei un buono a nulla” o “hai un brutto carattere”; queste affermazioni non risolvono il problema, anzi lo peggiorano. Perché se continuiamo a dire a un ragazzo che è cattivo, lo convinceremo di ciò; ma se gli ripetiamo che è bravo e può far meglio, questo gli ridarà fiducia e carica per migliorarsi e dare il meglio di sé. Non dimentichiamo l’insegnamento di un’icona della pedagogia italiana come Maria Montessori. Aceti ci ha ripetuto che in ogni ragazzo c’è una scintilla di positivo e noi è su questa scintilla che dobbiamo puntare, anche con il ragazzo apparentemente peggiore.
Questo è un messaggio che abbiamo già sentito altre volte; vi ricordate don Mazzi? E don Fasani? Anche loro ce l’hanno ricordato: anche nel peggiore dei ragazzi c’è un angolo di bontà e di perfezione; Dio è presente in ognuno di noi, persino in quelli che commettono gli atti più scorretti ed efferati.
I ragazzi non cercano genitori perfetti, ma solo genitori umani; genitori che, pur con le loro debolezze e con i loro difetti, gli parlino e diano l’esempio che si può sbagliare, si può inciampare, ma ci si rialza e si riparte: sempre!
Loro vedono in noi dei giganti: cosa può pensare un bambino di fronte ad un gigante? Beh, se quello è un gigante buono e si inginocchia davanti a Dio, loro sono le persone più felici; se, invece, il gigante è cattivo, loro sono impauriti e, in quello stato non apriranno mai la porta per stabilire una relazione.
Perché i bambini piangono? Lo fanno perché quando loro piangono, il padre o la madre si avvicina a loro e si prende cura di essi. In sostanza, si fa carico delle loro paure e difficoltà e gli dà il suo “sé positivo”, ma che cos’è questo se non Amore? Prendersi carico dei problemi altrui e dargli la nostra positività: questo è davvero amore. Perché il dare agli altri è fonte di gioia, perché si crea uno stato empatico di donazione pura all’altro che è la base della gioia, oltre che del messaggio cristiano. Il Prof. Aceti ci ha messo a confronto un rapporto pornografico rispetto a due anziani su una panchina; nel primo caso c’è morbosità e, chiuso l’aspetto fisico, non rimane nulla; nel secondo caso, invece, è nell’aria quello stato di serenità e di estasi impagabile, che si crea quanto mente e cuore sono in perfetta sintonia.
Se nell’età infantile è la madre a rappresentare il faro, in quella adolescenziale deve venir fuori la figura del padre; colui che rappresenta la regola, la norma, il senso, il futuro. Non dimentichiamoci mai, ci dice Aceti, di salutare i nostri figli prima di andare a dormire; possiamo lamentarci con loro per ciò che non condividiamo, ma alla fine dobbiamo sempre chiudere in positivo, dobbiamo dire loro che “siamo sicuri che domani sapranno far meglio”, che “la prossima volta saranno più bravi”); diciamoglielo quando sono sotto le coperte e stanno per addormentarsi. Parliamogli finché sono in posizione orizzontale, in un momento di tranquillità e di pace che precede il sonno; non sono distratti da altro, le nostre parole faranno sicuramente breccia in loro; sapere che noi abbiamo fiducia in loro, che noi siamo certi che possono farcela, sarà la spinta emotiva a migliorarsi.
Ogni tanto, ci ha ricordato ancora Aceti, padre e madre si prendano del tempo per stare insieme, magari per uscire a cena; i figli si potranno lamentare nell’immediato, ma lo dobbiamo fare; innanzitutto, perché una coppia vive anche all’interno della famiglia e oltre a coltivare l’amore padre-figli o madre-figli, va anche coltivato quella padre-madre; ma ciò va fatto anche perché il bambino vedrà in quello spazio, in quell’atmosfera che si crea fra padre e madre, in quel tempo, la scintilla dell’Amore che lo ha generato; e quando un bambino vede la sua sorgente, vede – secondo uno dei più grandi pediatri italiani, il prof,. Bernardi – la cosa più grande di tutto il Creato.
Al termine di questa strepitosa esposizione del prof. Aceti, si è dato spazio alle domande di genitori alla ricerca di risposte in merito ad alcuni comportamenti dei figli, a volte troppo sensibili, a volte preoccupati; la ricetta del prof. Aceti è trattarli con rispetto e con amore, senza cadere in attaccamenti morbosi, ma semplicemente dandogli le risposte a cui hanno diritto e indicando loro – con l’esempio e con il comportamento – i principi in cui crediamo e i valori che ispirano la nostra vita. L’ultimo intervento, il prof. Aceti lo ha riservato a ricordarci il caso del Prof. Korczak, un professore polacco, che nel ghetto ebraico di Varsavia, in piena II^ guerra mondiale, diede un grandissimo esempio di educatore, seguendo 200 bambini ed educandoli come se la guerra non esistesse. Un professore, un don Bosco dei tempi moderni, che aveva capito come i ragazzi si nutrano di positività e di fiducia da parte degli adulti. L’arrivo della Gestapo non toglierà nulla del grande insegnamento lasciato da questo educatore. Il film Korczak è del 1990 ed è stato diretto da un grande regista polacco (Andrzej Wajda).
Chiudo ricordando che, con questo primo appuntamento, si aprono gli incontri dedicati alla Festa di don Bosco; ringraziamo don Guido, che ci ha dato l’opportunità di utilizzare il Teatro Alcione e don Francesco che ha permesso ad altre 160 persone di seguirci da casa grazie alla diretta televisiva e a noi di disporre del video della serata; con l’augurio che sia di auspicio per i prossimi appuntamenti e che sia un efficace modo per raggiungere anche chi, per normali limiti di capienza della sala, non può essere presente fisicamente.
Un “grazie” infine al nostro Prof. Aceti, uomo di grande carisma e passione, che ha stabilito ormai con noi un rapporto di leale e profonda amicizia e che ci ha lasciato importantissimi insegnamenti su cui meditare.
A presto.
Paolo