Progetto“Viaggio tra Storia, Arte e Pensiero”
A SPASSO PER L’EUROPA TRA STORIA, ARTE E PENSIERO:
LA BERLINO DI WEIMAR
Prof. Daniele Mainente
Prof. Andrea Masotto
Prof. Paolo Tricarico
LA RELAZIONE
Prof. Daniele Mainente:
Viene presentato un documentario del 1927, 70 minuti che raccontano una giornata di Berlino, capolavoro del cinema tedesco di quegli anni. Rintracciabile.
Speranza e disperazione diffuse generata dalla guerra, Berlino aveva un’ energia particolare che non si poteva non riconoscere.
Piazza Potsdamer Platz, crocevia trafficato, cinque arterie , 25 linee tranviarie, migliaia di veicoli all’ora, al centro della piazza c’è un semaforo impiantato nel ‘24, si alza e si erge su una piattaforma di cemento. Figlio della architettura modernista e molto criticato da una certa stampa conservatrice, considerato una scempiaggine, da demolire, in realtà è l’unica cosa che rimane oggi della vecchia piazza. Hessel scrisse che esso regolava il traffico come un giudice in una partita di tennis. Piazza molto grande.
Caffè Josty, diverse persone in piedi, ferme, si vede una fioraia che vende rose rosse e uno strillone che grida i titoli dei giornali.
Il caffè storico della piazza chiuderà nel 1930 e verrà distrutto dai bombardamenti della II Guerra mondiale. Nel film “Il cielo sopra Berlino” il vecchio cantore, Homer, cerca ancora il luogo del suo caffè .
La piazza si trasforma di notte, si illumina, è contorniata di pubblicità , di manifesti, di offerte, di uffici, ci sono insegne , un grande spettacolo di luci notturne, il vero grande spettacolo è il rosso sera, il giallo sera e il verde sera. Il verde e giallo prodotto da una rivista di varietà. Il rosso da un negozio di vini. Luce è tremolante sopra il boulevard.
Le strade diffondevano la musica. Berlino era una città galante. Molte erano le sale cinematografiche negli anni venti,
rilevante L’ espressionismo tedesco, alcuni nomi di registi più famosi erano Murnau, Pabst, Wiene e il più famoso Fritz Lang (Il dottor Mabuse, Metropolis; M, il mostro di Dusseldorf)
Dalla Postdamer Platz partono due strade importanti con uffici ministeriali, dove si trovano ambasciatori, personaggi di rilievo. ma lungo le stesse strade e nella piazza si trovano i mutilati della prima guerra mondiale, i detriti viventi, uomini dal volto sfigurato, privati della vista, senza lavoro, che mendicano, che si muovono a fatica. Nella Berlino degli anni venti ci sono più di venti istituti per mutilati. Li si può trovare vicino alle due stazioni che danno sulla piazza, in particolare alla Anhalt banhof
Chi arriva dalla lontana provincia tedesca i questa stazione è subito catapultato nella vita frenetica della piazza.
L’attenzione è immediatamente colpita dai locali che la piazza metteva a disposizione. È possibile cercare una taverna, una birreria, l’Alt Bayern, ad esempio. A fianco di palazzi e locali moderni, si trovano ancora birrerie composta da sale dal sapore antico, da sale e enormi, con decorazioni romaniche, gotiche, barocche. Si passa dal gesso al legno, dal vetro alla ceramica. tutto molto Kitch, ma la birra era buona. Altro luogo mitico,Haus Vaterland, prima della grande guerra Piccadilly era il suo nome; ma la guerra chiama al patriottismo .
Questo immenso edificio è fatto di più piani. Un mondo in miniatura , una trattoria francese, una veranda sul Reno, una piazza spagnola, la Lorelai, divertimento spicciolo che costa poco, ma con più marchi in tasca e un pò più di buon gusto si può salire al terzo piano con danze , cabaret, menu raffinati. Ma il Vaterland rimane un luogo poco frequentato dai berlinesi.
Uscendo da lì ci si imbatte nel Columbia Haus. Costruito nel 29, da Mendelsohn, in stile modernista razionale, è un immenso grande magazzino, un mondo di balocchi, magazzini di abiti maschili e femminili, scarpe e quant’altro ancora che il consumismo di quell’epoca poteva offrire.
Torniamo al caffè Josty. E’ l’ora di un pasticcino perchè il caffè è famoso per i suoi dolci. Allo Josty è possibile bere e fumare, il fumo era un rito sociale, tutti fumano e in modo differenziato a
seconda della classe sociale di appartenenza, sigari per l’alta borghesia, gli operai la pipa, e le classi medie le sigarette.
Alla sera Berlino, la Postdamer platz e i d’intorni offrono molto, ci sono teatri, la sede della filarmonica, ci sono altri locali con concerti da camera. Si può sentire a teatro un cabaret politico di Kurt Tucholsky, si può vedere l’opera da tre soldi di Brecht.
Locali in cui fanciulle si mettono in mostra nude.
Altra passione dei berlinesi è il jazz , frenetico e selvaggio, nero e moderno, è il ritmo della città, le auto che frenano, i camion che sterzano, è tutto questo il jazz.
Il vero spettacolo sono le donne.
Raffinate, eleganti, parigine, libere, audaci.
Anna Finder racconta la storia di una ragazza berlinese impegnata politicamente. Frequenta i locali , i grandi magazzini, cerca vestiti ricercati.
La Donna berlinese è simbolo della modernità. Le donne girano da sole , in gruppo, in negozi, indipendenti, entrano al Vaterland, colpiti da queste donne borghesi, dai capelli e dalle gonne corte. Franz Hessel le descrive.
Questo mondo sarà reso plumbeo dal nazismo e poi spazzato via con la seconda guerra mondiale e dalla divisione della città in est ed ovest. Fino al 1989 non esisterà più. Che cosa fosse rimasto della Postdamer Platz lo racconta bene Wim Wenders in “Il cielo sopra Berlino”.
Prof. Paolo Tricarico.
Sostiene Pereira che non abbiamo un‘unica identità; siamo invece formati da numerose galassie che girano, spesso un centro, e raramente si intersecano: siamo insomma tanti io diversi. Così si può dire anche di Berlino, che non è una città simile ai nostri spazi urbani e storici, Berlino ha numerosi centri che sconfinano in quartieri di periferia
Il centro tende ad espandersi nella periferia e la periferia sembra a volte inghiottire il centro. Una cosa è certa: ogni volta che si torna a Berlino, Si ha sempre la sensazione di trovarsi in una città nuova, perché gli spazi, le architetture, gli ‘oggetti urbani’ cambiano rapidamente. La città è un cantiere aperto Forse, secondo i nostri canoni latino-mediterranei, Berlino non può definirsi bella, tuttavia presenta luoghi e monumenti di estremo interesse storico e culturale. Uno dei suoi simboli è Alexanderplatz , antica piazza del mercato dei buoi, negli anni profondamente cambiata.
Il romanzo straordinario e innovativo di Alfred Döblin, Berlin Alexanderplatz, libro complesso e difficile, narra di un certo Franz Biberkopf, appena uscito dal carcere, che incontra vari tipi di umanità. La soria è ricca di scene di horror e di violenza, ma anche din situazioni dove l’amore e la dolcezza sono presenti. La città e Alexanderplatz sono riscostruite con una specie di fotomontaggio e sono animate da diversi personaggi strambi che affascinano il lettore. Il grande cinema espressionista è al centro della scena.
Un altro libro che racconta la città negli anni immediatamente precedenti l’avvento del Nazismo, è quello di C. Isherwood, Addio a Berlino, una specie di diario autobiografico scritto tra il 1930 e il 1933, quando lo scrittore inglese si trovava a Berlino. In sei capitoli densi di scoperte narrative originali, sono narrate sei vicende umane, storie di persone normali e non, che lottano per conquistare la loro libertà esistenziale.
Ieri come oggi Alexanderplatz è l’espressione di una vita al limite della trasgressione, centro di ritrovo di molti omosessuali europei, ravvivata dalla presenza di locali notturni, non tutti all’insegna del bon ton borghese.
Anche nell’ultimo romanzo uscito in Italia nell’autunno del 2017 di Andrew Sean Greer, Less, lo scrittore americano cinquantenne protagonista della storia decide di partire per l’Europa, va in Francia, in Italiae poi si ferma in Germania, a Berlino . Tra gli anni Trenta e il 2017 non troviamo molta differenza: la stessa volontà di cogliere la vita e di bruciarla. Berlino brucia intensamente.
Abbandoniamo la frenesia esistenziale di Alexanderplatz per andare alla ricerca di un parco isolato e tranquillo, lo Steglitz ParK. Ci sediamo su una panchina, illudendoci che sia la stessa occupata da Kafka nell’estate del 1923, insieme alla sua ultima compagna, Dora Diamant. La loro storia d’amore è raccontata nel romanza La meraviflia della vita di Michael Kumpfmuller. Dopo essersi conosciuti su una spiaggia del Mar Baltico, si erano trasferiti a Berlino e un giorno in quel parco in incontrarono una bambina, di nome Elsi, che piangeva disperata perché aveva perso la sua bambola Brigida. Lui le chiede cosa sia capitato, mostrandosi insolitamente. paziente e gentile. Le diche che la sua bambola non è sparita, ma è partita per un viaggio. Lui lo sa perché è il postino delle bambole. Tornato a casa, scrive con assoluta concentrazione la prima lettera della bambola. L’indomani, incontrando la bambina che lo aspetta, legge la lettera per lei. La bambola era partita perché voleva conoscere il mondo. Per tre settimane fa lo stesso. Questa bambola gira per il mondo. La realtà si allontana, il dolore si smorza, è la realtà della finzione letteraria. La bambina è presa dal gioco delle parole, ma bisogna trovare la conclusione alla storia. La bambola è in Africa, si innamora di un domatore di leoni e non tornerà più perché giustamente si è rifatta una vita. Kafka si dimostra un essere pieno di compassione verso gli altri; alla fine regalerà una bambola con un biglietto nascosto: Ogni amore non è destinato a perdersi, cambia solo forma.
Potsdamer Platz, che oggi è un rigurgito di grattacieli che spigolano l’azzurro del cielo, è, come Alexander Platz, uno dei simboli di Berlino e della sua storia tragica, come il muro. Se è vero che bisogna attraversare il male della storia, per trovare un senso qualsiasi al nostro vivere, allora generazioni di scrittori tedeschi –e anche europei- hanno dovuto fare i conti con la storia del XX secolo, magari per scoprire genitori e nonni ex soldati del terzo Reich.
La storia purtroppo non sempre ci porta la redenzione sperata.
A Berlino oggi delude il checkpoint Charlie: ridotto a oggetto di consumo, a visite frettolose, a storie annacquate. Scompare la tragedia. Si perde la crudeltà della storia.
E’ possibile ricostruire l’anima di Berlino nella storia attraverso cinque libri contemporanei, emblematici del suo passato che non finisce.
Il primo, dal titolo Tutto ciò che sono, di Anna Funder, racconta la storia vera di quattro giovani (tra cui la bellissima Dora Fabian e il suo compagno, lo scrittore Ernst Toller), che vivono intensamente la loro amicizia, la loro gioventù, le loro lotte contro l’avvento del Nazismo; storie di speranze, di grandi illusioni, bruciate dalla realtà impossibile del Male.
Il secondo libro di Magee Audrey, Quando tutto sarà finito, racconta di una Berlino immersa nei disastri della seconda guerra mondiale e di un soldato di nome Faber, che per ottenere una licenza, durante la campagna di Russia, si sposa per procura. Allontanatosi da quell’inferno, incontra Caterina e per due settimane vivono la loro storia d’amore e lei rimane incinta. Per molti anni, il figlio rappresenterà l’unica speranza per il soldato.
Il terzo libro, Morire in primavera, di Ralf Rothmann racconta i mesi peggiori della seconda guerra mondiale, durante la primavera del 1945. E’ la storia di due diciassettenni, amici e mungitori di capre in un villaggio a nord di Berlino, dove arrivano le SS, per arruolare con la forza gli ultimi giovani rimasti. I due vengono spediti al fronte, in Ungheria, dove faranno i conti con la tragedia della guerra e la sua follia: a volte il Destino amaro della vita non concede alcuna speranza.
In tempi di luce declinante è un libro di Eugen Ruge, in parte autobiografico. Racconta una saga familiare ambientata a Berlino Est che inizia nel 1952 e termina nel 2011:tutti sono travolti da un crudele destino. E’ la storia di un fallimento politico che non lascia speranza.
Il quinto è un capolavoro scritto da un autore franco-algerino, Boualem Sansal, Il villaggio del tedesco, e racconta la storia di un figlio che decide di tornare in Algeria, dove i suoi genitori sono stati uccisi dagli integralisti islamici. Nella casa del padre trova una valigetta con documenti e lettere che testimoniano il passato nascosto di suo padre, ex soldato delle SS a Berlino e ad Auschwitz e che lo costringono a fare i conti con un passato impossibile da giustificare.
E’ la Germania intera che deve fare i conti con il proprio passato.
Per questo fu costruito il Museo ebraico nel 2001, il più grande di Europa ,
Dentro c’è una sala particolare; il pavimento è formato da volti di metallo. Calpestandoli si calpestano le vittime della Shoah. Nulla scompare, tutto resta
Prof. Andrea Masotto:
1916, Zurigo , cabaret Voltaire con artisti , letterati schierati contro la guerra, si rifugiano in Svizzera neutrale, discutono sugli orrori della guerra, molti artisti decidono di proporre un’arte nuova che rompesse con il passato. Le avanguardie avevano aiutato nella partecipazione alla prima guerra mondiale, nasce il movimento Dada in tutta Europa, il nome non significa nulla, è nato casualmente, è la negazione dell’arte. In questo cabaret Voltaire si creano spettacoli dove le arti si uniscono. Nel 1918 gli artisti tedeschi tornano a Berlino ed entrano in una Germania distrutta, e si collegano al movimento comunista, alcuni nomi Otto Dix, Raul Hausmann, George Grosz, Richard Huelsenbeck, Wieland Herzfelde, John Heartfield, artisti che hanno avuto a che fare con il Dada.
Il movimento prende varie forme. Nel 1920 si tiene la prima fiera dada presso la galleria Otto Buchard, “Internazionale della fiera dadaista” vengono esposte diverse opere legate al movimento Dada .
Una delle prime opere è il “Borghese arrabbiato”, un manichino amputato, al posto della testa abbiamo una lampadina, si va contro borghesia, il conformismo, l’uomo diventa una macchina, si spegne e si accende. Simboli sono legati agli oggetti. L’Uomo diventa una macchina, un mezzo. Ancjhe nella “Testa meccanica o spirito del nostro tempo” di Hausmann, rappresenta una testa d’uomo a cui sono applicati elementi meccanici tanto da farlo apparire come un automa.
L’Arte non è più di tradizione, utilizza l’oggetto trovato; questo lo si può vedere nei collage di
Hanna hoch e di Richard Huelsenbeck. Altri autori Come George Grosz, il quale dopo il 1920 riprenderà a dipingere. Queto lo vediamo nel dipinto Metropoli dove rappresenta una città che cammina, oppure abbiamo la pittura di Otto Dix, che rappresenta gli emarginati,o i diversi .
I pittori dadaisti saranno forti oppositori del nazismo e di Hitler, dal 1933 questi autori saranno invitati ad andarsene dalla Germania Tutta questa arte avrà uno sviluppo, questi autori ritorneranno e daranno vita a nuove forme di arte che faranno da base, negli anni ’70, al movimento Fluxsus e all’arte di Joseph Beuys
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