Progetto“Viaggio tra Storia, Arte e Pensiero”
A SPASSO PER L’EUROPA TRA STORIA, ARTE E PENSIERO:
LA ROMA DELLA DOLCE VITA
26 febbraio 2018
La Roma della DOLCE VITA Prof. Masotto
La Roma della Dolce vita è una città che attira verso di se numerosi intellettuali e artisti da tutto il mondo. Difficile è individuarne il vero motivo. Forse perché, come si vede dalla fotografia di William Klein, fotografo americano, Roma era ed è una città che è fatta da stratificazioni di culture, idee, e anche per questo mostra in modo unico ed inusuale tali sedimentazioni culturali e storiche.
La mia idea è che come nel Barocco Gian Lorenzo Bernini ha trasformato urbanisticamente la città facendola diventare un paese delle meraviglie, spettacolare per attrarre verso di se anche tutte quelle persone che si erano staccate dalla chiesa; la Roma degli anni ’50 prosegue in questo suo fascino irresistibile e attrattivo con il cinema. Federico Fellini è il nuovo Bernini; con il suo primo fil “Lo sceicco bianco” che vede come protagonista Alberto Sordi, inizia un ciclo di capolavori cinematografici che ha come sfondo la città di Roma. Da ricordare, anche il film americano di W. Wailer “Vacanze romane” che racconta il vivere spensierato di due giovani turisti innamorati che girano il centro di Roma con una lambretta. Successivamente anche la Roma delle borgate con Pier Paolo Pasolini diventeranno luoghi straordinari, scenari naturali, dove raccontare la miseria e la disperazione.
Due artisti che hanno a che fare con Roma sono de Chirico, che vive in piazza di Spagna, ha girato l’Europa, crea i suoi manichini , è un artista aristocratico, il secondo, più popolare è Guttuso, che vive in via Margutta,artista figurativo, politicamente impegnato. Periodo di Lotta dura, di scontro. Via del Babbuino e via Margutta , le vie degli artisti, vicino a piazza del popolo, dove era possibile incontrare gli artisti. Il caffè Rosati era importante. Potevi sederti e chiacchierare. Alla domenica in queste vive si esponevano le opere, la gente comprava qualche tela. i committenti erano scarsi . Cominciano però a nascere diverse gallerie, quella dell’Obelisco, in via Sistina, aperta nel 1951. Una Piccola galleria che darà il via alla nascita di altre gallerie determinanti per l’arte italiana; La Tartaruga. La Salita. L’Attico. Proponevano una arte importante dove hanno esposto i maggiori artisti mondiali tra cui Bacon, Dalì. Alberto Burri studia arte americana degli anni quaranta. Si dedica alla pittura. Qui espone i primi sacchi, quelli del piano Marshall. Guttuso non amava questa arte. Passando da via obelisco un giovane americano Robert Rauscenberg, che, rientrato negli Stati Uniti, darà vita con Jim Dine al New Dada. Come secondo riferimento abbiamo Picasso a cui nel 1953, viene dedicata una prima grande mostra antologica presso la Galleria Nazionale d’arte moderna che ha come grandiosa direttrice Palma Bucarelli. La mostra venne presentata dal presidente della repubblica Luigi Einaudi e il catalogo venne redatto da Lionello Venturi, ed ebbe un successo incredibile La mostra creò un punto di contatto tra gli artisti figurativi e quelli astratti che nel frattempo, soprattutto nelle giovani generazioni, prendevano sempre più piede. Da ricordare infine due artisti che hanno lavorato a Roma e forse un po’ frettolosamente dimenticati; Tancredi Parmeggiani e Francesco Lo Savio.
PAOLO TRICARICO
FARE CONFRONTI TRA TEMPI E PERIODI DIVERSI
A Roma negli anni tra il 1953 e il 1970 ci sono moltissimi scrittori. E’ sempre ingeneroso e storicamente discutibile operare confronti tra la realtà culturale del presente e quella del passato: si rischia di precipitare nella nostalgia acritica dei bei tempi andati, quando la letteratura aveva un valore, una qualità, una profondità non più riscontrabili nel buio che ci circonda nel presente.
Tuttavia se pensiamo a Roma negli anni ‘50 e ’60 è impossibile non cogliere l’eccezionale ricchezza e varietà di proposte culturali: Roma diventa un simbolo nel mondo intero, appare una città così ricca di registi, di attori, essa stessa un palcoscenico per il cinema e per la letteratura e per le più originali esperienze artistiche.
Nomi come: Pierpaolo Pasolini, Alberto Moravia, Vincenzo Cardarelli, Ennio Flaiano, rendono grande la capitale che, nel giro di pochi anni, sembra rifiorire dalle macerie della seconda guerra mondiale.
Ricordando Pavese (tra l’altro anche lui arrivato a Roma nel giugno del 1950 per ritirare il premio Strega e per innamorarsi per l’ultima volta) il quale affermava che si può ricostruire il mondo partendo da un frammento di spazio e di tempo -per lui le adorate Langhe- si può ricostruire l’universo romano di quegli anni così intensi attraverso due luoghi emblematici: il tribunale e via Veneto. Via Veneto rappresenta una Roma che spreme dalle notti fatte di alcol e di chiacchiere una visione della vita tanto fantastica quanto nostalgicamente in bilico tra passato e futuro: la morte stessa assume un carattere diverso, tra gioco, finzione e dramma autentico.
Prima la gente moriva in modo indistinto sotto le bombe della seconda guerra mondiale, quasi i morti non avevano un nome, ora a Roma abbiamo il cinema che rappresenta morti finte, ma abbiamo anche la cronaca nera, che restituisce i primi delitti che diventano casi nazionali. La storia individuale diventa collettiva.
Il primo caso è quello di Wilma Montesi, il cui cadavere viene trovato sulla spiaggia di Tor Vajanica senza scarpe e calze, nell’aprile del 1953. La dimensione del delitto assume un carattere a sfondo politico, coinvolgendo personalità pubbliche del tempo. La ragazza probabilmente è morta nella villa del marchese Ugo Montagna, dove festini a base di cocaina. Anche se sul piano processuale l’omicidio si risolve in nulla di fatto, gli Italiani capiscono che i complotti sono sempre qualcosa di diverso. La nostra storia dimostra che la verità è un bene che quasi sempre ci manca.
Roma è via Vittorio Veneto, Fellini gira La dolce vita nel 1958; la via fa da specchio grottesco e satirico.
Fellini ama una realtà non in presa diretta. La dolce vita è la risposta soggettiva a Roma città aperta di Rossellini. È la Fine del neorealismo in Italia.
Nello stesso periodo la Magnani e De Sica si recavano alle udienze del secondo processo sensazionale: il delitto di Maria Mortirano. Il caso Fenaroli-Ghiani scuote e appassiona l’opinione pubblica. Forse dietro al delitto ci sono i servizi segreti per presunte tangenti all’ENI. Questi delitti entrano nella cinematografia dell’epoca, compresa quella di Fellini, il quale, dopo il clamoroso successo (e relativo scandalo) de La dolce vita, gira nel 1970 Roma, una specie di documentario autobiografico sulla povertà, sulla bellezza e sulla storia del Novecento della capitale.
Nello stesso anno la città è scossa da un altro, clamoroso delitto: quello di Anna Fallarino e del suo giovane amante, uccisi in modo spietato dal marito della donna, il conte Camillo
Casati Stampa, suicidatosi subito dopo. Siccome il caso presenta evidenti caratteri scabrosi, fondati su sadismo e masochismo, la stampa e l’opinione pubblica vi si gettano a capofitto, alla ricerca dei risvolti più inquietanti e più scandalistici. Un pezzo importante dell’eredità del conte passa tra le mani di un giovane avvocato di nome Cesare Previti, il quale, truffando la legittima erede, riuscirà a svendere per poche centinaia di milioni una villa meravigliosa dal valore di oltre sette miliardi, la villa di Arcore, ad un giovane imprenditore milanese. Inutile ricordare il suo nome.
Per terminare questo parziale ritratto di Roma, dei suoi lussi e delle sue miserie, è utile ricordare alcuni libri dedicati a questa città:
Addio a Roma di Sandra Petrignani
La grande bellezza di Paolo Sorrentino e Umberto Contarello Candore di Mario Desiati
Qualcosa di scritto di Emanuele Trevi
Io confesso di Cabré Jaume,
La sera andavamo in via Veneto di Eugenio Scalfari Passeggiate nei prati dell’eternità di Valeria Paniccia