EDUCARE A CONOSCERE I PERICOLI DELLE DIPENDENZE
Cybersex e Cyberbullying
6 marzo 2014 – Centro Civico “N. Tommasoli”
Relatrici:
- dott. ssa Sara BERNARDELLI – Psicologa e psicoterapeuta
- dott.ssa Daniela PANACCI – Psicologa e psicoterapeuta
Serata al Tommasoli con 148 persone presenti per ascoltare e interloquire con le psicologhe Sara Bernardelli e Daniela Panacci a proposito di una patologia che è stata ben esposta nei suoi tre stadi:
- bullismo
- cyberbullismo
- cybersex
Si è cominciato esponendo gli aspetti che caratterizzano il fenomeno del bullismo (dall’inglese to bully):
- asimmetria: ossia assoluta non pariteticità fra torti o dispetti fatti e subiti; mentre negli scherzi c’è un botta e risposta, nel bullismo c’è sempre una netta prevalenza degli atti di prepotenza di una parte nei confronti dell’altra;
- prevaricazione: si tratta di atti che prevaricano e offendono, nel fisico e nella mente, la vittima del bullismo;
- ripetitività: difficilmente il bullismo si manifesta in un atto isolato, ma è sempre una ripetersi di atti di violenza fisica e verbale;
Quasi mai il bullo agisce da solo, ma è solitamente accompagnati da pochi “guardaspalle” o gregari, che si fanno forti del clima che investe il bullo e chi gli sta vicino; viceversa, la vittima è spesso solitaria, anche perché se frequentasse spesso un gruppo sarebbe molto difficile per il bullo mettere in atto i suoi piani.
Di sicuro, gli atti di bullismo vengono quasi sempre manifestati quando vi è la certezza dell’assenza degli adulti. Ciò non significa che il bullo sia un cuor di leone, anzi; spesso, si verifica infatti il fenomeno del “cane piccolo”, ossia lo stesso effetto del chihuahua che continua ad abbaiare a cani anche molto più grandi di lui. E’ probabilmente un modo per manifestare aggressività, cercando in tal modo di nascondere un forte senso di paura e di inferiorità.
Chi è il bullo e chi è la vittima ?
Spesso il bullo non è una persona molto felice di sé; e proprio per questo suo malessere, cerca di sfogarsi con atti di violenza su chi ritiene sia uno “sfigato”; il bullo è solitamente uno che non va benissimo a scuola, uno che ha un’alta impressione di sé, uno che non sa relazionarsi molto bene e che pertanto cerca di superare questo suo limite ricorrendo alle mani. La vittima, invece, è solitamente uno che ha qualche caratteristica per essere considerato diverso, si va da quelli molto alti a quelli molto bassi, da quelli grassi a quelli magri, da quelli belli o che comunque piacciono a quelli bravi a scuola (“è un secchione”), da quelli che stanno da soli a quelli che hanno le orecchie a sventola o portano gli occhiali. Insomma, un qualunque elemento, nient’affatto particolare, ma che rende il soggetto in qualche maniera degno di essere preso in giro e trattato come uno che non rientra nel gruppo.
Ma i protagonisti di questo panorama non sono solo loro; vi sono, come già detto, i gregari, ossia di solito un paio o comunque pochi personaggi, non coraggiosissimi, che ritengono di poter godere di una certa immunità, per il solo fatto di stare dalla parte del “più forte”, cioè del bullo; vi sono poi gli spettatori o astanti, ossia tutti coloro che assistono ad atti di bullismo e che sono determinanti nella soluzione del fenomeno. Vi sono, purtroppo, anche quelli che fanno finta di non vedere, ma vi sono anche quelli che ne parlano agli adulti (docenti, genitori, conoscenti) e gettano così le basi perché il problema possa essere risolto.
Il bullismo, rilevato per la prima volta nei Paesi anglosassoni, è arrivato tardi da noi, ma considerato che … non ci facciamo mancare niente, adesso siamo il Paese con il più alto numero di casi registrati. Il fenomeno si manifesta nelle scuole, ma non solo; lo si rileva nel mondo dello sport e in generale nei vari ambiti di aggregazione, dove basta che uno sia o sembri un po’ più debole e subito si scatena la caccia allo sfigato.
Il passaggio dal bullismo al cyberbullismo è breve; diciamo che si passa da una zona reale ad una zona virtuale; se nel primo caso, volavano parole, insulti, pugni ed altri atti offensivi, nel secondo vi è un attacco verbale che viaggia sull’etere. Ed il cyberbullismo può essere anche peggio del bullismo. Lo è innanzitutto perché vi è anonimato; in pratica, mentre nel caso di violenza fisica, l’aggredito è in grado di riconoscere l’aggressore, nel caso del cyberbullismo non è sempre così facile. Certo che ogni azione su Internet o sui social network lascia tracce importanti che vengono utilizzate dalla Polizia postale per risalire al colpevole, ma finché la cosa non scala di gravità e non arriva sul tavolo degli investigatori, vi è nella vittima un senso di impotenza, non potendo capire da dove arriva l’attacco. A ciò si aggiunga il superamento delle barriere spazio-temporali; si possono quindi portare attacchi a persone anche molto lontane fisicamente, grazie al fatto che parole e immagini possono fare il giro del mondo in pochi minuti. E’ il caso drammatico di Amanda Todd, di cui è stato proiettato il toccante filmato, ossia della ragazza canadese che, perseguitata su Internet da persone che se ne auguravano la morte, e dopo aver tentato varie volte di fuggire da quell’attacco, trasferendosi altrove, si è suicidata nell’ottobre 2012 a soli 15 anni. Il cyberbullismo tocca inoltre punti di violenza verbale ancora più gravi in quanto il fatto di essere “schermati” da un PC, il fatto di poter scrivere ciò che si vuole senza avere di fronte l’interlocutore, conferisce coraggio. Si dicono, pertanto, cose che difficilmente, il bullo troverebbe il coraggio di esprimere faccia a faccia. Nel caso del cyberbullismo, inoltre, non si ha percezione della reazione della vittima; se, in un’aggressione fisica, posso rendermi conto che la vittima è caduta a terra o che non reagisce o che è dolorante, al contrario, nel caso del cyberbullismo posso scrivere ciò che mi pare e non rendermi nemmeno conto di come la vittima può reagire emotivamente al mio attacco. Ne derivano varie forme di violenza, dal flaming, al cyber-stalking, dalle molestie al masquerade (o sostituzione di persona).
Sicuramente mai reagire a mail di questo genere; vedere che c’è stata una reazione è lo scopo del cyberbullo; conviene, invece, parlarne con i genitori e replicare semplicemente che si è proceduto con una denuncia alla Polizia postale.
Terzo stadio quello del cybersex; si tratta in sostanza di chi cerca sui social network di realizzare quelle forme di sessualità che vanno dalla chat volgare ai video, che riportano ciò che si pretende dall’altro o ciò che si offre all’altro. E’ preoccupante che in Italia, ben 800.000 giovani sotto i 18 anni, trascorrano 7 ore al mese su siti pornografici. Viene da chiedersi dove siano i loro genitori …
Quali le soluzioni proposte dalle nostre psicologhe ?
La solita medicina universale: lavorare sulle relazioni, senza stancarsi e senza demotivarsi. Crederci sempre, nel costruire una “connessione” con i nostri ragazzi, nello stabilire con loro quella relazione empatica, che ci permette di capire cosa pensano, quali sentimenti attraversano la loro mente; avere feeling con loro, supera ogni altro tentativo di limitarne le deviazioni. I controlli parentali sul PC vanno benissimo, ma possono essere superati andando a casa dell’amico; ciò che invece ci può dare la chiave del successo è entrare in contatto con loro e stimolare in loro pensieri positivi, una coscienza positiva delle loro potenzialità e delle loro capacità.
Tutto ciò in quella “alleanza educativa” che scuole e famiglie possono e devono firmare.
Dibattito finale fra il pubblico e le nostre due brave psicologhe, che hanno avuto anche il pregio di affrontare un tema piuttosto forte con simpatia e con ottimismo ed hanno saputo mantenere alto il livello di attenzione con interventi alternati a filmati estremamente efficaci.
“Grazie” ad entrambe e sicuramente riprenderemo il tema in una prossima occasione, nella speranza di poter dare ai papà e mamme che frequentano i nostri incontri, gli spunti per creare in famiglia il giusto clima e le giuste premesse di un vivere sano e positivo.
per PROSPETTIVA FAMIGLIA
dott. Paolo STEFANO
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Questionario di gradimento :