EDUCARE A CONOSCERE I PERICOLI DELLE DIPENDENZE: DROGHE E ALCOL
”Dall’illusione all’angoscia della vincita: la dipendenza da gioco d’azzardo”
20 marzo 2014 – Centro Civico “N. Tommasoli”
Relatori:
- dott. Alessandro PILAN – Psicologo e psicoterapeuta
- dott.ssa Giorgia BOGONI – Psicologa e psicoterapeuta
Una cinquantina di persone hanno assistito giovedì 20 marzo alla serata tenuta dal dott. Alessandro Pilan e dalla dott.ssa Giorgia Bogoni sul tema della dipendenza dal gioco d’azzardo. Una dipendenza tanto grave quanto diffusa, che ha come principale aspetto di gravità di non colpire particolari fasce della popolazione, bensì di ingenerarsi indifferentemente sulle figure più varie per età, sesso, censo e professione.
Innanzitutto, quando si parla di ciò, si omette sempre un fattore importante: più si gioca più si perde.
Questo è un aspetto che non si tratta mai, ma che ha una certa rilevanza, in quanto tutti coloro che giocano non se ne rendono conto, ma il tempo che trascorrono, a volte inebetiti, davanti alla slot machine e la quantità di denaro che perdono sono direttamente proporzionali.
Ci chiediamo è che cos’è il gioco?
Prima di tutto, vediamo la sua funzione; il gioco ha una funzione biologica, è una possibilità, attraverso il gioco si prova piacere, esso permette alle persone di misurarsi con le regole e con gli altri.
Se volessimo classificare questi giochi potremmo trovare varie categorie; possono esservi giochi competitivi (io contro la macchina) oppure giochi di travestimento (io fingo, mi metto nei panni di …; immagino e costruisco un mondo diverso, così come mi viene suggerito dal gioco).
Oppure posso avere giochi di vertigine per sperimentare un brivido, un rischio, dal punto di vista fisico ed emotivo. Ecco, la componente del rischio è tipica nel gioco d’azzardo.
In generale, è comunque improprio togliere la parola “azzardo” dal gioco. L’azzardo, infatti, deriva dall’arabo e significa dado. Giocare con il dado, cioè con il caso, implica rischi e la condotta rischiosa produce un brivido. Alcune persone trovano nell’azzardo uno spazio mentale psicofisico forte. L’emozione ricercata ha a che fare con una sensazione potente, di estraniazione, come se si volesse annullare la possibilità di vivere normalmente, di soffrire, di affrontare le preoccupazioni.
Il gioco rappresenta l’oblio e non a caso, spesso, il giocatore resta in uno stato di ipnosi.
Il giocatore di slot machines non gioca per vincere ma per l’effetto che esso può dare. La giocata è determinata dal caso, l’abilità è esclusa.
Esiste la possibilità che ci sia una illusione, un cambiamento.
Il gioco assume una funzione di speranza, ma è finta, non vera.
Più si gioca più si perde, dicevamo. Ma la speranza è fondamentale, insieme al timore, affinché il giocatore continui a puntare o a sfidare la macchina.
Pertanto, diffondere il gioco d’azzardo non è eticamente giusto; le fasce più colpite sono le più deboli, ossia le persone che non hanno una personalità sufficientemente forte e consolidata da saper dire no al richiamo. Promuovere il gioco in questo modo è pertanto da Stato biscazziere. Uno Stato che pubblicizza le ”bet&win” è quindi uno Stato moralmente mediocre, che si rifa a questi mezzi, piuttosto squallidi, per fare cassa.
Da qui la necessità di informare sui rischi, che si corrono approcciando queste macchinette. I giocatori raccontano come le scritte dei tabacchini attirino la loro attenzione. L’illusione è invasiva. La pubblicità è micidiale.
L’illusione rimane nel pensiero del giocatore e alimenta la voglia di vincita.
La facilità è una strategia dannosa perché porta alla dipendenza. Ne consegue che con l’illusione della vincita si diventa dipendenti.
L’adrenalina aiuta a rischiare e l’attesa tra la giocata e il risultato dà il brivido. La fase della vincita genera una percezione di positività e incita a continuare. E’ evidente che nel gioco il meccanismo psicologico è tutto.
In molti giochi slot o in quelli “gratta e vinci”, la quasi vincita o piccole vincite sono rinforzi positivi. Trovare un gratta e vinci è facile, il giocatore si illude. Sono trucchi che vengono usati appositamente. L’altro trucco è pensare di contare qualcosa nel gioco. Un fallito che acquisti un minimo di abilità nel gioco, spesso “si sente qualcuno”, si ritiene realizzato, quasi avesse conquistato prestigio agli occhi di amici e conoscenti.
Il giocatore non ha possibilità di scelta. Nelle slot è tutto deciso, si pensa di poter decidere ma non è così. Il giocatore entra nella fase della registrazione delle vincite.
Nel corso della serata è stato mostrato un video, che mostra come perdere sia da cretini in quanto vincere è facile; e, in effetti, questo è quanto succede all’inizio, ma poi il giocatore perde, e se la prende con il caso, tutti gli vanno contro, cambia posto di gioco, gestore. Con questa modalità aumentano le perdite, che diventano pesanti. Il giocatore non racconta più in famiglia. Vuole recuperare le perdite, diventa una dannazione, i soldi persi sono persi. Rincorrere le perdite è inutile. Il gioco non è un secondo lavoro, una entrata, è solo una perdita. Come fare a recuperare? È un pensiero continuo, un’ossessione. Anche nelle relazioni abbiamo la sensazione che il familiare sia da un’altra parte, non sia presente. Nessuno presta denaro a un giocatore e si arriva perciò a rubare, anche in azienda. L’angoscia della vincita scatena l’Illusione, la speranza, la vincita ed il percorso involutivo. I giocatori sentono di essere nelle sabbie mobili. I giocatori arrivano attraverso i familiari. Quando si sprofonda, quello è il momento in cui ti devono aiutare gli altri; meglio ancora se intervengono prima che la situazione assume note preoccupanti.
La relazione con la macchinetta è avvinghiante. Il giocatore sembra ipnotizzato. È uno stato di trans, che paralizza.
L’azzardo e i giovani: a rischio bambini e adolescenti. Perdono molti soldi. Giocano per vincere soldi, attirati dalla pubblicità, ma il rischio di sviluppare una dipendenza psicologica è particolarmente elevato. La pubblicità ingaggia i giovani al gioco. Attenzione alla misura, alla pubblicità, alla diffusione capillare, alla prevenzione strutturale ed educativa. Bisogna parlare chiaro con la gente, soprattutto con i giovani e ricordare loro che chi gioca lo fa per avere denaro, non divertimento, si vuole sollevare dalla noia.
Lo Stato tutela il cittadino in questo senso? La legislazione come tutela?
Su queste considerazioni si è aperto il dibattito, con un pubblico particolarmente attivo che ha proposto domande interessanti ai due relatori, rendendolo intenso e coinvolgente. Ha fatto piacere notare un congruo numero di studenti fra il pubblico a testimoniare che non si tratta di una piaga sulla quale devono e possono intervenire solo i genitori, ma anche e soprattutto i ragazzi.
A presto.
PROSPETTIVA FAMIGLIA
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Scarica qui il Manuale di auto aiuto per familiari di giocatori d’azzardo direttamente dal sito www.andinrete.it , un portale ricco di informazioni sull’argomento.