“PROSPETTIVA FAMIGLIA” INCONTRA L’ASSOCIAZIONE “SULLE REGOLE”
22 marzo 2014 – MILANO – Via di Porta Vigentina
Sabato 22 marzo, la nostra Associazione ha accolto l’invito che il giudice Gherardo Colombo aveva avanzato durante la sua visita a Verona nel gennaio u.s. di partecipare alla riunione dell’Associazione “Sulle regole” da lui presieduta. Domenica 23 si è tenuta l’assemblea dei soci, che però è stata preceduta nella giornata di sabato da un interessante convegno, intitolato “Il perdono è responsabile ?” chiaramente ispirato al titolo dell’ultimo libro di Gherardo Colombo.
Il meeting si è aperta con una presentazione della vedova Pasquinelli, a nome dell’omonima Fondazione, che ha illustrato gli obiettivi sociali, di beneficenza e di aiuto ai giovani, che si è finora esplicitata sia nel supporto alle iscrizioni all’Università Bocconi per gli studenti che adottano iniziative di tipo sociale e sia nell’offerta a “Sulle regole” degli spazi nella nuova sede di Corso Magenta a Milano.
Si è poi passato al cuore del convegno con un confronto fra Giustizia e Perdono, che possiamo sintetizzare nella tabella che segue:
GIUSTIZIA |
PERDONO |
Realtà pratica |
Spirituale religioso |
Occhio per occhio … |
Buonismo |
Vendicare, retribuire |
Gratuito ? |
Colpa |
Vittima superiore ? |
Punire |
Rinuncia a vendetta |
Espiare |
Liberarsi da sofferenza ? |
Educare |
Educarsi |
Prevenire |
Prevenire ? |
Sono stati esposti i concetti e buttati sul tavolo dei punti di domanda su quale delle due facce della medaglia sia preferire.
La mattinata è poi proseguita con un interessante confronto fra il giudice Francesca Manca e la docente di Diritto Penale Claudia Mazzucato, dove – relativamente al tema “Il perdono è responsabile ?” – la prima ha sostenuta la tesi della necessità di una pena a fronte di una violazione della norma (penale), mentre la dott.ssa Mazzucato ha portato una ricca serie di motivazioni a sostegno dell’opposta tesi che solo tecniche diverse da quella della forza possono dare risultati socialmente accettabili, lasciando l’uso della forza (reclusione) solo come ultima spiaggia.
Il giudice Manca ha sostenuto che la giustizia regola le dimensioni sociali e talvolta lo fa anche ricorrendo all’uso della forza. Il perdono è certamente un percorso, ma non sempre si incrocia con la giustizia.
La giustizia fa i conti, mentre il perdono non fa i conti; la giustizia guarda il passato delle persone, mentre il perdono guarda la persona.
Giustizia e perdono non sono sovrapponibili.
PENA, VENDETTA E PERDONO
La vendetta è l’inflizione di un male, ma non ha uno scopo, è fine a sé stessa. Anche la giustizia può essere l’inflizione di una pena, ma ha uno scopo.
TEORIA O PRATICA
Dobbiamo tenere conto che:
– Le sentenze intervengono dopo svariati anni e sono, solo per questo, ingiuste;
– Il carcere è una scuola di delinquenza;
– La detenzione travolge di fatto diritti diversi dalla libertà personale (per es. il diritto alla privacy, …);
– Le condizioni degli istituti carcerari sono inaccettabili ?
GIUSTIZIA ED EQUITA’
Giustizia in senso “formale” e giustizia in senso “sostanziale”;
“Giustiziare” è uccidere in nome della giustizia (ambiguo)
“Regole”
è constatazione, come presa d’atto, di fenomeni naturali (la notte segue sempre il giorno);
è come “precetto”.
DIRITTI E SENTIMENTI
Non c’è nessuna norma del diritto che dà rilievo al sentimento; si pensi, per es., al fatto che da nessuna parte si dice che i genitori devono voler bene ai propri figli; è fatto obbligo in alcune circostanze di garantirne la sussistenza o l’alloggio, ma nessuna norma impone ai genitori di voler bene ai propri figli.
Si è poi passati alla definizione dei concetti di pentiti, dissociati e collaboratori.
PERDONO
Il perdono privato è un sentimento o un comportamento;
In alcuni casi, si è parlato del dovere di NON perdonare, nel rispetto delle vittime (per es. di fronte alle atrocità dei campi di concentramento e della shoah)
PERDONO PUBBLICO
Provvedimenti di clemenza:
AMNISTIA è cancella il reato ed è per definizione generale e collettivo;
INDULTO è è come l’amnistia, ma non cancella il reato
GRAZIA è è un atto individuale e viene messo in pratica quando è già iniziata la pena.
Quando lo Stato rinuncia alla propria pretesa punitiva, si possono creare problemi di:
- credibilità
- iniquità (per es. quando l’amnistia va fino al 31 dicembre, il reato commesso il 31 dicembre viene cancellato, mentre lo stesso reato commesso il 1* gennaio resta valido ?).
In sostanza, il giudice Manca ha sostenuto la necessità di applicare una punizione (interdizione, carcere, ergastolo) a fronte del reato commesso nell’ottica che una punizione funge da deterrente e che sostiene il ruolo assegnato allo Stato di struttura superiore, che non si fa influenzare dalle singole parti, ma applicare in modo categorico e asettico la legge.
E’ stata poi la volta della docente Mazzucato, che ha, invece, sostenuto la tesi che i reati non possono più essere puniti con la banale sottrazione della libertà personale in quanto già oggi le statistiche ci dicono che 2 detenuti su 3, reiterano il reato, una volta usciti.
La relatrice ha sottolineato il legame fra diritto e violenza; il legame c’è e ne discendono tre conseguenze:
- la giustizia diventa coercizione, quindi è una giustizia collegata alla forza, è una giustizia retributiva, cioè connessa ad un atto violento;
- idea dell’ “homo homini lupus” , ossia un mondo dove non può esserci fiducia e dialogo, ma ciò genbera un deterioramento dei rapporti sociali;
- la regola diventa un comando presidiato dalla forza; alla regola bisogna ubbidire perché è un comando.
Le regole si esprimono come obbligo, divieto o permesso.
La tesi della dott.ssa Mazzucato tende a dimostrare che la giustizia riparativa è più efficace di quella retributiva, che fra colpevole e vittima (o parenti della vittima) si è spesso creato un rapporto capace di reintrodurre nella società chi ha commesso il crimine (anche grave), mentre quella retributiva ha da tempo manifestato tutti i suoi limiti.
E’ stato fatto un interessante confronto fra come è inteso il concetto di giustizia e l’aspetto architettonico dei palazzi di giustizia. In Sudafrica, presso la Corte costituzionale, la giustizia (Justice under the tree) è rappresentata con un albero, sotto il quale si trovano degli uomini in cerchio e lo spazio fra due uomini bianchi corrisponde ad un uomo di colore. Questo simbolo dà un segnale di grande amicizia, di accoglienza e di socialità. Invece, la Corte Suprema d’Israele, è fatta in vetro e ciò dà un’idea di grande trasparenza (chi è fuori vede dentro, ma anche chi è dentro vede fuori); inoltre il simbolo è una linea retta che tocca un cerchio (il cerchio della vita); la linea retta (della giustizia) deve incontrare le altre vite e non per raddrizzarle, ma per dire loro che quella linea retta è l’unica strada percorribile; sopra la testa i giudici di Tel Aviv hanno un vetro (massima trasparenza) e da cui passa la luce del cielo.
Occorre quindi secondo la dott.ssa Mazzucato cercare una giustizia che non sia legata alla violenza.
I rapporti umani sono di tipo io çètu.ma se io non lo controllo, lui può muoversi nel suo ambito e quindi devo fidarmi; ciò crea dei rischi, ma è anche vero che vivere senza rischi, ha prodotto dei danni inenarrabili. Pertanto, la regola serve per imporre qualcosa di importante (per es. un diritto umano), ma non può imporre la forza, non ha bisogno della forza, ma della convinzione del destinatario.
Il perdono ci mette al cospetto di un mondo “altro” che però non governo e non controllo. Il libro “La forza dell’esempio” (di Alessandro Ferrara) ci cattura per la sua capacità persuasiva, benché non cogente. Se, per es., dico che una cosa è bella, la sua bellezza mi affascina anche senza bisogno di studiare trattati sulla bellezza.
La dott.ssa Mazzucato perviene allora alla convinzione che un ordinamento giuridico responsivo, si propone ai destinatari, lasciando la sanzione solo come ultima spiaggia e solo se il colpevole non aderisce alle regole. Anche perché spesso la realtà è così varia e difforme che è difficile incanalarla nella classificazione che la giustizia richiede di imporre (“quante parole hanno gli Inuit per descrivere il bianco e la neve ?”).
Anch’essa ribadisce che nel diritto non possono entrare i sentimenti, ma solo i comportamenti nei quali si estrinseca un sentimento.
Effettivamente se guardiamo alla situazione attuale, l’applicazione delle pene, al di là di essere tardive, non ha ridotto la percentuale di coloro che ripetono l’errore una volta usciti dal carcere. Ecco perché si propone una giustizia riparativa, che crei le premesse affinché il colpevole non reiteri il reato e perché si è visto che la sfiducia che regola i rapporti umani e a fronte della quale si infarciscono i contratti ed il vivere civile di regole e divieti e obblighi, in realtà non ci difende a sufficienza e troppo spesso capita che la fattispecie ricade in un ambito che non era stato normato o comunque disciplinato; ne consegue che continuiamo ad arricchire i nostri contratti con clausole di ogni tipo, ma non arriviamo mai ad avere la totale tutela.
Meglio sarebbe instaurare totale fiducia nell’altro e formare una coscienza che faccia crescere nelle persone la convinzione che la violazione di questa fiducia è per ciò stesso indegno e meritevole di condanna sociale.
Al termine dell’incontro abbiamo ringraziato il giudice Colombo per l’ospitalità con l’obiettivo di ripetere presto questa fruttuosa collaborazione.
A presto.
Per PROSPETTIVA FAMIGLIA
dott. Paolo STEFANO