SCUOLA E FORMAZIONE. Tre classi quarte dell’istituto Pasoli hanno concluso in Sicilia il progetto di un anno
Studenti veronesi a Palermo,
viaggio tra memoria e legalità
Maria Falcone ai ragazzi: «Fate sempre il vostro dovere». E poi: «Cosa nostra è al tappeto, il potere è della ‘ndrangheta al Nord»
Un tour a Palermo tra memoria e legalità quello che si conclude in queste ore per gli oltre quaranta studenti di tre classi quarte dell’Istituto tecnico Pasoli in trasferta a Palermo a conclusione di un progetto che nel corso dell’anno scolastico ha visto le classi della scuola impegnate in varie iniziative, dagli incontri con il giudice Giuseppe Ayala e l’ex pm Gherardo Colombo alla trasferta a Torino dal Gruppo Abele di don Luigi Ciotti ispiratore di Libera.
Palermo è stato il coronamento del progetto legalità che ha visto le classi 4A Sia, 4A Afm e 4B Afm accolte nella Fondazione Giovanni e Francesca Falcone dalla sorella del magistrato ucciso nella strage di Capaci, Maria Falcone. Un incontro molto toccante, che ha lasciato emozioni forti ai ragazzi e alle quattro professoresse che li accompagnavano, Daniela Galletta, Silvia Pasquetto, Laura Brunelli e Silvana Bianchi. Maria Falcone, ricevendo la scolaresca veronese nelle sale della Fondazione ricavate in un immobile confiscato alla mafia (erano gli uffici di una finanziaria) ha parlato ai giovani in modo molto schietto e diretto. «Non pensiate che solo perché vivete al Nord siete liberi dal pericolo della mafia. La mafia va dove ci sono gli affari e il denaro: Giovanni riuscì a dimostrare proprio il riciclaggio, seguendo il denaro».
E il termine «mafia» va esteso oltre la Sicilia: «La mafia intesa come Cosa nostra può anche essere al tappeto, dopo che i grandi capi sono stati arrestati, da Riina a Provenzano. Di grossi latitanti è rimasto Matteo Messina Denaro e il potere di Cosa nostra non è più quello di una volta», ha spiegato Maria Falcone. «Ma tutto quel potere si è spostato. Dove? In Calabria. La ‘ndrangheta ha trovato terreno fertile diventando più forte anche della camorra e come mi diceva il presidente del Senato Grasso, è presente ormai in ogni Stato nel mondo».
Perché la mafia si sposta dalla Sicilia alla Calabria? «Perché dopo le grandi stragi, da Capaci a via D’Amelio, in Sicilia c’è stata una ribellione civile che altrove deve ancora verificarsi; in Calabria non c’è ancora tutto quell’impegno civile contro la criminalità e il potere mafioso che si è avuto in Sicilia. La morte di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino non sono state quindi una sconfitta, ma hanno permesso un impegno civile che ha portato a un cambiamento della società palermitana. In Calabria ci vorrebbe un forte movimento civile e anche più attenzione da parte dello Stato, perché la repressione è importante ma non basta: ci deve essere la ribellione della società».
Il nemico da battere, infatti ha sottolineato Maria Falcone parlando agli studenti «è l’indifferenza». E ha ricordato che «il primo pentito di mafia, Vitale, che a fine anni Settanta raccontò tutto ai magistrati di allora non venne creduto. Rilasciato, fu ucciso dalla mafia».
La mancanza di partecipazione civile «è quello che consente alla mafia o alla ‘ndrangheta di infiltrarsi nel tessuto sano della società, nell’economia, nelle imprese e di strangolarle. Quindi», è stato l’invito agli studenti, «come diceva sempre Giovanni Falcone, l’importante è che facciate il vostro dovere: di adolescenti, di adulti, di genitori, di lavoratori». Il dovere cioè di «andare a testa alta, di rigettare la mafiosità intesa come mancanza di partecipazione alla causa civile».
Il tour della memoria e della legalità ha portato le tre classi del Pasoli al Centro studi e iniziative culturali Pio La Torre, poi sul luogo della strage di Capaci e quindi in via Notarbartolo sotto l’Albero della Memoria davanti alla casa dove abitava Giovanni Falcone con Francesca Morvillo, infine in via Pipitone dove un’autobomba uccise sul portone di casa il giudice istruttore Rocco Chinnici, il primo a credere nel pool antimafia con Falcone e Borsellino. E proprio con il figlio di Paolo Borsellino, Manfredi, c’è stato un incontro nelle vie di Palermo con la promessa di un progetto comune a Verona entro breve.
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