Lo scandalo dell’onestà – incontro con il dottor Gianpaolo Trevisi
Oggi, al teatro Camploy, si è tenuto l’incontro con il dottor Gianpaolo Trevisi che ci ha parlato dell’onestà e di come possa sembrare uno “scandalo”.
Gianpaolo Trevisi è un signore simpatico, ironico e soprattutto molto vicino a noi giovani.
È romano, ma dall’età di vent’anni vive qui a Verona, dove lavora come poliziotto. Da piccolo, ci ha raccontato, aveva dei sogni: fare lo scrittore, l’astronauta e il poliziotto. Lui dice di averli realizzati tutti: fa il poliziotto a tempo pieno, è scrittore di notte e dice che a ottant’anni sarà un astronauta. Potrebbe sembrare un po’strano questo discorso, ma in realtà il messaggio è chiaro: bisogna credere nei propri sogni e continuare a sognare anche se la vita non è proprio come la vorremmo noi, perché prima o poi i sogni si realizzano, ma solo se siamo noi a farli realizzare.
L’argomento principale di questa mattina, “lo scandalo dell’onestà”, può sembrare un titolo contraddittorio, ma in realtà riassume bene il concetto di onestà al giorno d’oggi. Purtroppo adesso è considerato quasi uno scandalo essere onesti e quindi pagare il biglietto dell’autobus, restituire alle autorità un portafoglio trovato, il resto che distrattamente il commesso ci ha dato in più o altre piccole cose.
Molti magari terrebbero i soldi, oppure farebbero qualcosa di “furbo” semplicemente per interessi personali, senza pensare a ciò che realmente fa stare bene gli altri. Non c’è da lamentarsi molto di una politica corrotta, perché la politica in un certo senso siamo noi, che con i nostri atteggiamenti creiamo una società onesta. L’onestà è dappertutto, sta a noi decidere se essere sinceri per essere liberi o vivere nella schiavitù delle menzogne.
Trevisi ha voluto spiegarci il concetto di onestà in vari modi, ma uno in particolare mi ha colpito molto. L’onestà è nel mondo del lavoro; nei rapporti tra le persone, ma soprattutto nell’amore tra familiari, tra genitori e figli, tra fidanzati.
Ha raccontato alcune esperienze del suo lavoro, per esempio quando ha trovato in una casa tre cadaveri di bambini piccoli, ancora nel letto, che erano stati uccisi dal padre; di quando alcune ragazze, picchiate o aggredite dai propri compagni avevano paura a denunciarli o di quando si è occupato del caso di una ragazza di quindici anni che aveva conosciuto su facebook un ragazzo che si spacciava per diciassettenne ma che in realtà era un quarantenne. Tutti questi sono casi in cui bisogna “trovare il colpevole”, fare giustizia.
Il dottor Trevisi ha anche presentato il libro che ha dedicato a sua figlia Dalia dove si vede chiaramente un amore per quel “fagiolino”, come lo ha chiamato lui, che giorno dopo giorno, mese dopo mese cresceva nella pancia di sua moglie.
Trevisi ha insegnato a sua figlia Dalia a sognare, a stare con gli altri, a parlare con chi ha opinioni diverse dalle sue, ad essere come un aquilone in mezzo a tanti altri aquiloni diversi che condividono lo stesso cielo, ad essere “la goccia di un mare che con le sue onde segue la luna”, ad essere libera e felice, a conquistare tutto giorno dopo giorno.
Ho ammirato come un poliziotto, che ogni giorno si batte per la giustizia, abbia avuto questa sensibilità nel trasmetterci questi valori e soprattutto sono davvero contenta per Dalia, in quanto di papà come il suo, così attenti e premurosi ce ne sono pochi, perché può essere difficile a volte saper educare, saper parlare con i propri figli.
Quest’incontro, è stato coinvolgente per tutti, le scuole presenti hanno recitato un brano, una poesia, cantato in coro, esprimendo il concetto di onestà.
È per questo, dice Trevisi, che se qualcosa non funziona nei ragazzi di oggi, non è solo per la nuova generazione, ma perché alcuni genitori non parlano con i propri figli, non riescono a insegnare loro l’importanza delle piccole cose.
Il suo modo di salutarci è stato abbastanza insolito, perché non ha recitato la solita frase “Arrivederci e grazie per l’attenzione”, che si sente spesso, ma ci ha salutati dicendo “Ciao ragazzi, buona vita”. Questa frase mi ha fatto riflettere, perché le sue parole erano sempre dedicate a noi ragazzi, al nostro futuro che può essere migliore solo se siamo noi a cambiarlo, con le nostre idee e con i nostri sogni.
Federica Papa 1b Pasoli