INCONTRO CON IL DOTT. GIANCARLO CASELLI E IL DOTT. GUIDO PAPALIA
“LAVORARE PER LA GIUSTIZIA E’ LAVORARE PER LA PACE”
7 aprile 2014 – I.T.E.S. Aldo PASOLI
Una coppia di “guru” della giustizia ha intrattenuto le 250 persone che hanno rinunciato alle partite di calcio e ad una puntata di Report, purtroppo dedicata alla nostra città, per essere presenti all’Istituto Tecnico “Aldo Pasoli”; un piemontese di ferro e un siciliano tutto d’un pezzo ad unire l’Italia nel comune anelito della ricerca della giustizia e della difesa della legalità: il Procuratore Capo Guido Papalia ed il Magistrato Giancarlo Caselli.
Due uomini di legge, due amici, che hanno colto l’occasione per ritrovarsi e dare una testimonianza davvero di grande valore e di grande saggezza. Dopo il saluto del padrone di casa, Preside Sandro Turri, la parola è passata alla Prof. Daniela Galletta, che ha ricordato la recente esperienza dei “Viaggi della legalità” con studenti in visita al “Centro Abele” di don Ciotti a Torino ed altri alla Fondazione “Giovanni e Francesca Falcone” a Palermo, oltre al toccante incontro con Manfredi Borsellino. Tappe importanti nel cammino di educazione alla legalità, un cammino che vede impegnata Prospettiva Famiglia alla ricerca di “esempi”, di figure simbolo, che possano toccare l’animo dei ragazzi e accendere in loro la scintilla per una vita, propria e degli altri, davvero improntata al rispetto delle regole e del prossimo.
Il dott. Guido Papalia ha introdotto l’ospite della serata, ricordando il cammino pieno di ostacoli che il dott. Caselli ha percorso nella sua incredibile esperienza di magistrato e ricordando, altresì, la vergognosa legge contra personam, che impedì al dott. Caselli di assumere il comando della Direzione Nazionale Antimafia.
Il dott. Caselli ha cominciato facendo notare che la legalità è l’osservanza delle regole e che quest’ultima non è solo una cosa da osservare, una cosa di cui essere spettatori, bensì un fenomeno che si riflette direttamente sul nostro stile di vita e sulla nostra felicità. Il rispetto delle regole non solo evita il male, ma spesso procura il bene. Ha quindi portato l’esempio a tutti noto del semaforo; tutti ne conoscono la regola. Per quali motivi ?
- Innanzitutto, tutti la conoscono perché il semaforo esiste; vi è cioè un elemento oggettivo e indiscutibile che manifesta la cogenza della regola; la regola va rispettata in quanto esiste;
- in secondo luogo, il semaforo viene rispettato perché si vuole evitare un danno a sé stessi, ossia la contravvenzione o la perdita di punti sulla patente;
- si rispetta un semaforo, per evitare un danno grave a sé e alle proprie cose, oltre che agli altri e alle loro cose, ossia il danno derivante da un eventuale scontro.
- Infine, che cosa sarebbero le nostre città, se i semafori non fossero rispettati ? Probabilmente passeremmo molte ore al giorno in quelle scatole metalliche che sono le nostre automobili con un grave peggioramento della qualità della vita; ecco allora che rispettare il semaforo ci dà una migliore qualità della vita, ci dà “felicità”.
Tutti elementi che, come si vede, vanno presi in considerazione per:
- evitare un danno a sé e agli altri
- creare del bene a sé e agli altri
Caselli si è soffermato a sottolineare che dunque non possiamo limitarci ad assistere, ma dobbiamo essere noi stessi attori e controllori della legalità. Nella battaglia fra “guardie e ladri”, non ci basta assistere ed essere relativamente soddisfatti quando vincono le guardie, ma dobbiamo pensare che ogni qualvolta vincono le guardie, NOI viviamo meglio. E ciò accade perché ogni reato, ossia ogni violazione della legge penale, comporta un danno che riduce il nostro grado di felicità; se un evasore non viene scoperto, egli sta sottraendo ricchezza allo Stato, ma in ultima analisi, la sottrae a me e quindi per ogni euro che verrà evaso, io non avrò una scuola che funzioni come potrebbe oppure non avrò un centro di assistenza per anziani oppure una strada o una sufficiente illuminazione del quartiere e così via.
Caselli, con grande precisione e con una lucidità di pensiero che solo gli uomini di legge possiedono, ha portato due esempi parlanti del danno che riviene a tutti noi dall’illegalità.
Innanzitutto ha portato l’esempio della mafia.
Il mafioso, dove arriva, depaupera la società e l’economia e lo fa in vari modi; egli si infiltra nelle aziende e nel tessuto economico e ne altera le normali leggi della concorrenza.
- innanzitutto, il mafioso è ricco e pertanto non ha necessità di andare in banca per avere finanziamenti ed operare; in una società dove invece chi lavora onestamente, deve sopportare un determinato costo del denaro (poco o tanto che sia), è chiaramente svantaggiato rispetto a chi non ha quest’onere;
- in secondo luogo, il mafioso, proprio perché già ricco, non ha necessità, a differenza dei concorrenti normali, di fare ricavi in breve tempo per non correre il rischio di fallire; egli, invece, si può permettere di stare per qualche tempo in pareggio o addirittura in perdita, senza grave rischio per la continuità dell’impresa; gli altri, invece, se i risultati non arrivano in breve tempo, si trovano costretti a dichiarare lo stato di insolvenza;
- il mafioso, inoltre, mica è mafioso per caso; ecco allora che i diritti dei dipendenti o le normative sulla sicurezza, che già altrove sono talvolta difficili da ottenere, nel caso del datore di lavoro mafioso, diventano un’autentica chimera;
- infine, di fronte ad ostacoli che si pongono nella vita normale di qualunque azienda (ritardi dei clienti nei pagamenti o aumenti richiesti dai fornitori, …), il mafioso conosce i metodi, anche piuttosto bruschi, per porvi rimedio; lo fa con la suggestione, con l’intimidazione, con la minaccia e può arrivare fino alla violenza senza problemi.
E’ evidente che in tutti questi casi, il mafioso si appropria di ricchezza che non gli spetta e che ha indebitamente sottratto ad altri, con relativo impoverimento.
Il secondo esempio che ha portato è stato quello dei danni derivanti dalla corruzione.
Sempre il dott. Caselli ha citato gli allarmanti risultati del Censis sugli effetti che la malavita ha sullo sviluppo della società civile. Le statistiche dicono che ogni anno, la mafia sottrae la bellezza di 7,5 miliardi di euro alla collettività e che, sempre ogni anno, 185.000 giovani non trovano lavoro per colpa degli effetti della malavita, in aggiunta a quelli che già non lo trovano per motivi socio-economici tradizionali (crisi economica, …). Il dott. Caselli ci ha snocciolato poi le cifre della Corte dei conti sui costi della corruzione; quanto costa la corruzione in Italia: ben 60 miliardi annui, 1.000 euro pro-capite (neonati compresi). Quindi l’illegalità è una zavorra che impedisce alla società di crescere; se al Sud non ci fosse la mafia, il reddito pro-capite sarebbe molto vicino a quello del Centro o del Nord Italia.
Cosa potremmo avere noi, se ci fosse più legalità e quindi si ponesse fine a questi fenomeni illegali e malavitosi ? Sicuramente avremmo più infrastrutture che renderebbero la nostra vita più “felice”: avremmo strade, autostrade, centri anziani, campi sportivi, …
Dibattito finale con domande di vario tenore: chi ha chiesto cosa fare di fronte al pubblico amministratore che chiede la tangente, chi ha chiesto se ci sia stata a suo tempo più attenzione da parte dello Stato nel caso del rapimento del gen. Dozier rispetto a quello del Presidente del Consiglio e della DC Aldo Moro; chi ha chiesto se Caselli si sia mai sentito abbandonato e chi ha chiesto, infine, la sua opinione sulla legge che lo ha escluso dalla corsa alla guida della DNA (Dir. Nazionale Antimafia).
A tutte, Caselli ha risposto con grande competenza, dicendo che effettivamente in passato, in certe situazioni, è parso che lo Stato non avesse messo in campo tutte le forze possibili per combattere determinati fenomeni. Il terrorismo è stato battuto, dopo aver fatto terra bruciata intorno, mentre la mafia non è stata combattuta con la stessa energia, almeno fino agli attentati di Capaci e via d’Amelio. Solo alla domanda su cosa fare di fronte ad un amministratore che introduca un comportamento perverso di tangenti, Caselli ha ammesso la sua volontà di non dare risposte accademiche; tuttavia, ci ha lasciato un messaggio fondamentale: egli ci ha detto che la battaglia contro il crimine si può vincere; mettendo in campo le necessarie risorse di caparbietà e tenacia e la compattezza che serve, si può arrivare ad estirpare il fenomeno mafioso. Per farlo, certo, ci vuole impegno e sacrificio: e chi meglio di lui potrebbe dire ciò, visto che vive sotto scorta dal 1974 ?
Un ringraziamento al dott. Papalia che ha ben introdotto la serata e al magistrato Giancarlo Caselli che resta un esempio di lucidità e di chiarezza espositiva, oltre che di sani principi morali ed intellettuali. Dopo Piercamillo Davigo, Giuseppe Ayala e Gherardo Colombo, un altro grande magistrato lascia la sua dedica sul nostro libro dei sogni: sì, dei sogni perché qualche anno fa, nessuno avrebbe immaginato di poter rimanere affascinati da persone di questo prestigio e di questa levatura, dei pezzi di storia di questo incredibile, assurdo e affascinante Paese.
A presto.
Per PROSPETTIVA FAMIGLIA
dott. Paolo STEFANO