INCONTRO. Presentato da Papalia, il magistrato che a Palermo arrestò Spatuzza e Brusca ospite dell’istituto Pasoli
Legalità e affari, gli studenti fanno l’intervista a Caselli
«Le mafie non sono un problema solo del Mezzogiorno. Non fatevi ingannare dai furbetti: chi non rispetta le regole danneggia tutti»
Mentre mezza Verona guardava la tanto chiacchierata puntata di Report dedicata al «sistema Tosi», con la trasmissione che ha ipotizzato anche legami tra l’amministrazione comunale e famiglie vicine agli ambienti ‘ndranghetisti, i giovani alunni dell’istituto Pasoli e le loro famiglie ascoltavano le parole di Gian Carlo Caselli sulla battaglia ancora aperta contro la mafia.
Il magistrato, che da procuratore della Repubblica, a Palermo, ha assestato grossi colpi a Cosa Nostra, con l’arresto di boss del calibro di Gaspare Spatuzza e Giovanni Brusca, è stato infatti ospite della scuola per genitori di Prospettiva Famiglia, all’interno di un ampio progetto di educazione alla legalità. Ad introdurre Caselli, oltre al preside Sandro Turri e alla professoressa Daniela Galletta, anche Guido Papalia, già procuratore veronese, che ha invitato i ragazzi a rispettare le leggi, ma anche a ribellarsi quando non sono giuste, ovvero non rispettose della Costituzione.
«Come la legge ad hoc creata per impedire a Caselli di diventare procuratore nazionale antimafia, che infatti è stata poi dichiarata incostituzionale e abrogata», ha ricordato Papalia, riferendosi all’emendamento Bobbio, che nel 2005 escluse Caselli dalla nomina. «Gli autori della legge hanno poi ammesso che fu fatto per punirmi di aver dato il via al processo contro Andreotti, punito per aver fatto il mio dovere, per non aver guardato dall’altra parte come ci si aspettava di fronte a certi interessi, per essere stato indipendente, come la magistratura deve essere», racconta Caselli, guadagnandosi uno scrosciante applauso. «Oggi parlare di legalità non è molto di moda, sembra prevalere l’Italia dei furbi, degli affaristi, degli impuniti, ma senza regole si finisce sotto un cumulo di macerie. Le leggi vanno rispettate per il bene comune e quindi anche per il proprio. Senza regole», prosegue il magistrato, «la partita è truccata e vincono sempre gli stessi. Legalità non è un gioco a guardie e ladri, di cui noi siamo spettatori; se vincono i ladri, il danno lo fanno a tutti». Come ad esempio le mafie, che costano allo Stato milioni di euro l’anno, impedendo lo sviluppo economico del Paese. «E le mafie non sono solo un problema del Mezzogiorno, anzi mi stupiscono molto i politici o gli intellettuali che sembrano cadere dal pero di fronte a questa ovvietà, invece di cercare di porvi rimedio. I criminali si inseriscono nell’economia del Nord per riciclare denaro sporco. La mafia è liquida», spiega Caselli, «si infiltra ovunque e avvelena le regole, la libera concorrenza, per il suo unico vantaggio, a discapito della collettività. E se i mafiosi hanno problemi, sanno bene quali scorciatoie usare, anche violente».
Sollecitato dalle domande dei ragazzi, Caselli ha poi ricordato i giorni bui del terrorismo, del sequestro Moro e gli anni come procuratore a Palermo, dove chiese di andare dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio.
«Con le morti di Falcone e Borsellino tutto sembrava perduto, eppure siamo ancora qui a lottare. La battaglia è aperta, possiamo ancora vincere, ma dobbiamo occuparcene tutti, nessuno deve pensare che “pecunia non olet”. Voi ragazzi avete diritto alla felicità e tra i fattori che possono costruire un futuro robusto e felice c’è anche la legalità», ha salutato Caselli.