Quattro passi per Verona
Incontro con gli Artisti veronesi: Michele Sanmicheli
L’intervento ha come punto centrale l’illustrare l’intervento urbanistico e architettonico condotto da M. Sanmicheli l’indomani del suo ritorno nella città natale nel 1527 e della nomina ad ingegnere delle fortificazioni della Serenissima.
L’interesse e la formazione del Sanmicheli, condotta in gioventù a Verona e successivamente a Roma nella cerchia degli architetti civili e militari papali, risente naturalmente del clima culturale del medio Rinascimento, con un’attenzione nei confronti del linguaggio classico sia con lo studio dei documenti e delle fonti che con il rilievo delle strutture archeologiche “in vista” nell’ambiente romano e veronese, attenzione che lo porterà a formulare una personale rilettura degli elementi architettonici, decorativi e strutturali, secondo la definizione di “Maniera” indicata anche dal Vasari, che proprio per questo lo indica come uno dei maggiori architetti del periodo.
Partendo quindi dal riassetto delle mura cittadine, rinforzate (e in alcuni punti rinnalzate) dopo gli scontri tra i veneziani e le truppe francesi per la sua riconquista da parte dei primi, e dall’apertura delle tre nuove porte cittadine (Porta Nuova, Porta San Zeno e Porta Palio), Sanmicheli ridisegna l’urbanistica della città, secondo due nuovi assi principali, gli attuali corso Porta Nuova e corso Porta Palio.
Questi assi sono il luogo scelto anche per il successivo sviluppo della città, che partirà dall’erezione dei grandi palazzi e dalla successiva lastricatura del piano stradale con il conseguente lo sviluppo sociale oltre il centro medievale, arrivando a gettare le basi per la creazione dello spazio sociale del “Liston”.
Palazzo Canossa e palazzo Bevilacqua vengono quindi a disporsi in questa nuova lettura dello spazio cittadino. Racchiusi dall’arco dei Gavi da un lato e da porta Borsari dall’altro, edificati lungo l’antica via Postumia, al cui capo cittadino ora si trova Porta Palio, sono strutture che mostrano le due facce dell’architettura sanmicheliana: un prospetto regolare e monumentale con un bugnato solido e geometrico al piano terreno nel palazzo Canossa, mentre nel palazzo Bevilacqua una dirompente decorazione (con una forte valenza assertiva sullo schieramento politico della famiglia secondo alcune letture) che trova la sua specificità – forse – anche nella passione per il collezionismo della famiglia e in continue citazioni delle “antichità” presenti nel territorio cittadino.
Palazzo degli Honorij Guastaverza in piazza Brà – anche se l’attribuzione all’architetto risulta dubbia – si raccorda invece con l’anfiteatro romano posto di fronte e, unico nella produzione sanmicheliana, presenta un ampio porticato percorribile che segnerà l’inizio del passeggio coperto parallelo al “Liston”.
Anche per altri due “simboli” del potere della Serenissima nella città le autorità politiche si affidano al linguaggio del Sanmicheli. I portali del palazzo del Podestà e del palazzo del Capitano richiamano immediatamente l’arco dei Gavi e le porte romane della città, sottolineando quindi implicitamente una continuità storica con il passato classico e ponendosi all’interno della piazza come chiari segni distintivi anche in virtù del materiale utilizzato (nembro di Selva di Sant’Ambrogio). Da sottolineare poi la scelta assolutamente antitradizionale – e per questo manierista(!) – di erigere un portale (quello del palazzo del Podestà) in stile ionico, estraneo al coevo linguaggio architettonico della politica.
Vi sono poi le progettazioni e le realizzazioni inerenti agli edifici sacri legati o alla committenza privata nobiliare (es: cappella Pellegrini in San Bernardino) o a congregazioni legate all’ambiente veneziano (es: San Giorgio in braida). Interventi questi che portano “aria nuova” nel panorama artistico veronese svecchiandone il linguaggio ancora legato – spesso – ad un passato medievale.
La cappella Pellegrini in San Bernardino si presenta autonoma e fortemente strutturata nella linguaggio architettonico; le citazioni e i richiami a opere romane contemporanee e antiche (Tempietto di San Pietro in Montorio – Pantheon) sono comunque trasportati dal maestro in una dimensione nuova grazie all’uso della luce proveniente dalle ampie finestre aperte nel tamburo della cupola che inonda lo spazio architettonico determinando forme e volumi dei pieni e dei vuoti presenti nelle murature e delle stesse decorazioni murarie realizzate in pietra locale bianca; la presenza dell’atrio di ingresso sottolinea la separazione con la fabbrica della chiesa, di gusto tardo gotico. Anche l’intervento successivo di Bartolomeo Giuliari, alla fine del XVIII secolo, volto al restauro e al completamento dell’apparato decorativo del secondo livello, seppur invasivo, si raccorda con quanto realizzato dalle maestranze sanmicheliane e progettato dall’architetto.
In quest’ottica di rinnovamento può essere anche letto l’intervento condotto all’interno della Cattedrale, su commissione del vescovo Giberti, protagonista nel periodo della riforma cattolica antecedente il Concilio di Trento. L’intervento, con la sistemazione della zona absidale sia nell’apparato architettonico, con la creazione del tornacoro marmoreo, sia nell’aspetto decorativo che vede la presenza di altri due importanti artisti contemporanei, Giulio Romano per i cartoni preparatori e il Torbido per la realizzazione, presenta un perfetto raccordo tra parti architettoniche, pittoriche e scultore dell’area interessata tanto che la critica è sicura che anche lo stesso apparato decorativo deve parte della sua idealizzazione al Sanmicheli, riuscito quindi quasi ad anticipare in concetto di “bel composto” che si sarebbe sviluppato a Roma in qualche decennio successivo. Mentre gli interventi a San Giorgio in braida (cupola, campanile e pavimentazione, ma anche – probabilmente – i due altari sottostanti le cantorie) ridisegnano il panorama cittadino. L’inserzione della cupola in bronzo, elemento distintivo dell’architettura lagunare più che veronese, cela la provenienza dell’ordine della committenza (San Giorgio in Alga) e potrebbe essere letto come una demarcazione territoriale della Serenissima sulla città riconquistata; i recenti restauri hanno poi riconsegnato alla città il colore bronzeo scuro originale, meno invasivo del verde ramato frutto di restauri ottocenteschi. Spostandoci
poi leggermente fuori dal centro storico possiamo trovare un’atra struttura architettonica/urbanistica demarcante il territorio in senso veneziano: il lazzaretto.
Oggi purtroppo abbandonato a se’stesso (anche se presente un piano di riqualificazione dell’intera area da parte del FAI) e completamente in rovina nelle sue strutture murarie periferiche, a causa di diverse vicissitudini, non ultimo la funzione di polveriera nell’ultimo conflitto, che ha portato ad una serie di scoppi di ordigni e materiale bellico al suo interno, era all’epoca della sua costruzione un perfetto esempio di unione dell’aspetto funzionale ed estetico. La struttura a tholos della cappella centrale visibile da ognuna delle 4 sezioni in cui era divisa la struttura ripropone il tema dell’edificio sacro a pianta centrale tanto caro al Sanmicheli e all’architettura rinascimentale, coniugandolo con l’aspetto funzionale richiesto dal luogo e sviluppando così una soluzione innovativa e di “maniera”. I restauri condotti negli anni sessanta dello scorso secolo hanno però solo peggiorato una la situazione già precaria, pur tentando un rattoppo di quanto rimasto; sarebbe auspicabile che tutte le parti pubbliche e private interessate (comune, sovrintendenza, circoscrizione, FAI) riuscissero nell’opera di recupero e di riqualificazione dello spazio, magari con la creazione di un percorso che unisca la zona all’altra costruzione sanmicheliana della zona: la chiesa di Santa Maria della pace.
Bibliografia:
Brownell P. – Curcio F. Verona, Guida storico-artistica, Cierre Edizioni, 2016, Verona Conforti Calcagni A. Le mura di Verona, Cierre Edizioni, 2005, Verona
Zamperini A. Elites e committenze a Verona. Il recupero dell’antico e la lezione di Mantegna, Edizione Osiride, 2010, Rovereto (TN)
Itinerari sanmicheliani nella provincia di Verona, a cura di Vecchiato M., 2010, Verona