L’ARTE DI CARLO SCARPA ILLUSTRATA DA UN ARGENTINO
L’architetto Gerardo Salandra ci parla di Carlo Scarpa, genio dell’arte veronese
Oggi in aula abbiamo ospitato l’architetto Gerardo Salandra che, da Buenos Aires, ci ha illustrato il percorso artistico di Carlo Scarpa, da lui particolarmente apprezzato.
La presentazione è stata puntualizzata dalle foto di alcune principali opere, in particolare quelle create a Verona (Banca Popolare, Museo civico di Castelvecchio e Villa Ottolenghi a Bardolino).
Gerardo ha fatto importanti correlazioni fra l’arte di Scarpa e quelli di altri personaggi famosi, come Le Corbusier e van der Rohe, raccogliendo l’interesse di questi tre grandi architetti per le linee, la geometria, l’essenzialità. Non è mancato un richiamo a Mondrian, anch’egli caratterizzato da un’arte improntata al rispetto delle geometrie. Il pensiero di Scarpa si può raccogliere nel palazzo storico, che da lui prende il nome, della Banca Popolare di Verona.
La presentazione dell’architetto Salandra parte dalla nascita di Carlo Scarpa nel giugno del 1906 a Venezia fino alla sua morte, in Giappone nel 1978; per uno strano scherzo del destino, Scarpa che aveva da sempre vissuto costruendo palazzi, soffitti, scale e altri moduli dell’architettura moderna, muore per una banale caduta dalle scale dell’albergo in cui alloggiava a Sendai, in Giappone. Scarpa, che aveva lasciato Venezia nei primi anni di vita per studiare a Vicenza, dove si è imbevuto delle forme e delle tecniche palladiane, vi farà ritorno nel 1919, per ottenere – nel 1926 – all’età di 20 anni, l’abilitazione in Disegno architettonico. In particolare, il suo primo incarico lo vede a fianco dei Mastri vetrai di Murano.
Ebbene, marmo, calcestruzzo, vetro (appreso appunto nell’esperienza di Murano) e bronzo, oltre a svariati altri metalli, saranno sempre al centro delle sue costruzioni.
Gerardo Salandra ha completato la sua relazione, in buon italiano, con una approfondimento “poetico” sulla vita dell’artista in cui ha manifestato tutta la sua ammirazione per Scarpa.
Al termine della relazione, si è dato spazio al dibattito dal quale è emersa la bellezza architettonica di Palazzo Scarpa, in piazza Nogara a Verona, dove l’architetto ha mirabilmente conciliato concetti moderni della sua visione dell’architettura (a nessuno saranno sfuggite le finestre rotonde che danno sulla piazza), così come il bellissimo scalone in rosso veneziano; degni di nota, all’interno del palazzo, anche i sapienti utilizzi degli spazi, con dei passaggi a sbalzo sul cortile interno e con l’utilizzo di colori vivaci che “riempiono” gli ambienti, rendendo superfluo l’uso di quadri o altre suppellettili. Nel corso del dibattito, il dirigente Tiziano Albrigi, ha illustrato la sua profonda conoscenza dell’autore, avendo egli tra l’altro frequentato la prestigiosa Ca’ Foscari a Venezia a partire dal 1973 (Scarpa ne sarà Magnifico Rettore fino al 1976). Anche Ca’ Foscari è uno delle grandi opere che Scarpa ci ha lasciato e tra l’altro, nella sua città natale. Scarpa lascerà segni indelebili della sua opera, ma – nel segno del motto “nemo propheta in patria”, non sarà mai amato dai veneziani e forse, non abbastanza ricordato, dai suo concittadini veronesi. Sempre il dirigente Albrigi ha ricordato qualche aneddoto dei suoi studi universitari, ricordando che – pur non avendo mai avuto come docente Carlo Alberto Scarpa, di lui erano famose gli scatti d’ira che lo portavano a distruggere con il suo bastone i disegni insufficienti presentati dagli studenti. Altri aspetti di questo geniale e sregolato personaggio sono stati raccontati nel corso del dibattito finale, ricordando che Scarpa subì anche un processo, ingiunto contro di lui dall’ordine degli ingegneri, in quanto aveva condotto molte opere, ma non aveva mai conseguito il titolo di architetto.
Carlo Scarpa ne uscì scagionato, grazie al fatto che in tutte le opere, nelle quali ha inserito il suo gusto ed il suo estro determinante, non è mai stato “direttore dei lavori”; egli quindi ha sempre inserito in quel ruolo persone capaci che disponevano del titolo, mentre lui si è sempre posto come consulente, anche se di grande talento. .
Il dirigente Albrigi ha concluso la chiacchierata proiettando alcune foto della Banca Popolare e dello spazio cimiteriale, noto come Tomba Brion a San Vito d’Altivole (TV), dove risposano le spoglie di questo grande genio dell’architettura veneta. La sua stessa tomba è un esempio di architettura d’avanguardia coni famosi due cerchi intrecciati, che ricordano le due fedi nuziali e con dei richiami “Zen”, legati al gusto giapponese..
Degno di nota, anche l’intervento di Alberto Tosi, esperto nel settore dell’edilizia, il quale ha ricordato come siano proprio i particolari a fare la differenza fra una costruzione e l’altra; mentre l’involucro può apparire quasi sempre lo stesso, ciò che distingue sono proprio i dettagli, la cura con qui vengono realizzati, il loro amalgama. Lo stesso Tosi ha ricordato come troppo spesso l’acquirente si concentri sul costo dell’opera, affidandosi magari ad un architetto, nella convinzione di risolvere ogni problema nell’estetica e nella giusta composizione degli spazi: in realtà, il segreto di questi esperti sta nel lavoro di squadra, nell’affidarsi a loro volta a carpentieri e muratori di primo livello, capaci di intendere immediatamente il pensiero del costruttore e in grado di realizzarlo al meglio.
Questo era ciò che faceva Carlo Scarpa: ideare, progettare, ma affidarsi anche a maestranze di primo livello.
Molto bravo l’architetto Gerardo Salandra, che parla ancora un ottimo italiano nonostante viva in Argentina da più di mezzo secolo e bravi anche il dirigente Albrigi e l’impresario edile Tosi, che hanno portato spunti di grande interesse attorno alla figura di un artista come Scarpa mai abbastanza ricordato per i preziosi ricordi che ci ha lasciato e che abbelliscono tuttora la nostra città.