Verona, 25 settembre 2021
Borsa di Studio “N.Tommasoli”
Discorso introduttivo
Innanzitutto un ringraziamento alle Autorità presenti, a partire dal Sostituto Procuratore Angela Barbaglio e alla Dirigente Tecnico dell’Uff. Scolastico Regionale Laura Donà. Il mio grazie va anche alla Direttrice della Casa Circondariale di Verona Maria Grazia Bregoli e alla nostra “padrona di casa” Dirigente Sara Agostini. Un ringraziamento va anche al Procuratore Aggiunto Bruno Alberto Bruni, alla Presidente della VI^ Circoscrizione Cristina Sandrini e all’ex Sindaco Flavio Tosi, qui presente. Per finire, un grazie ai docenti che si sono spesi per questo concorso e naturalmente ai ragazzi che vi hanno partecipato.
Ci sono eventi a cui ci capita di partecipare che toccano il cuore, investono i nostri sentimenti, in qualche modo solleticano quella parte di noi più intima e istintiva e proprio per questo più difficile da comandare. Sono eventi che riportano la nostra memoria a circostanze che hanno segnato – nel bene o nel male – la nostra vita e che portano ad interrogarci sulla nostra natura, sulle nostre passioni e su quanto di più umano c’è in noi.
La cerimonia di oggi è uno di questi momenti.
In giornate come oggi non possiamo non vivere quelle emozioni profonde che risvegliano in noi quell’esigenza di giustizia e di rispetto senza la quale non potremmo definirci non solo “persone civili”, ma perfino “esseri umani”.
E’ quindi per me un vero piacere, vivere insieme a voi questa mattinata, conscio del fatto che andiamo a premiare allieve ed allievi, che hanno dedicato una po’ del loro tempo a vivere un’esperienza di rispetto e di amore.
Con questa Borsa di Studio, il nostro intento è certamente quello di portarvi a mettere in moto le vostre qualità ed il vostro intelletto, ma anche – o forse soprattutto – quello di mostrare il vostro “stare insieme”, dare il segno tangibile di sentimenti positivi che si sostanziano nei bellissimi lavori che abbiamo esaminato. Quest’anno il numero delle opere presentate è esploso letteralmente e ciò è per noi motivo di orgoglio. Abbiamo lavorato, avete lavorato e come in ogni competizione ci sono dei vincitori, ma ci piace pensare che anche gli altri si porteranno a casa il piacere di una poesia scritta col cuore o di un manufatto artistico, ispirato al nostro lato più umano e buono o un video in cui tutta la classe abbia lavorato, portando ciascuno il proprio sacchetto di grano al mulino della tolleranza, della solidarietà e del rispetto.
Il tema di quest’anno era “il sogno”; il sogno inteso come la capacità di “vedere oltre”, vedere – dietro un aspetto povero e trasandato – un cuore che batte, vedere – dietro una sedia a rotelle – un cervello brillante e chiarezza di intenti, vedere – dietro un colore diverso della pelle – uno di noi. In questo “vedere oltre” ci sta anche il vedere come sarà la nostra società fra 2, 5 o 10 anni e capire quindi con anticipo come prevenire errori o deviazioni che possono portare la nave della nostra società evoluta a schiantarsi contro gli scogli dell’odio e dell’isolamento.
Nel film “The dawn of man” (“L’alba dell’Uomo”) una scimmia brandeggia un osso di mammut e lo usa per colpire un altro osso nel tentativo di spezzarlo, ma andandolo a colpire ad una estremità, anziché spezzarlo, fa sì che l’osso voli via per un “effetto leva”. Ebbene, da quel momento la scimmia capisce l’effetto che si può ottenere, colpendo ad una estremità l’osso in bilico su una montagna di altre ossa. Ebbene – riportando su di noi questo insegnamento – io dico che il giovane che oggi “vede” con gli occhi e con il cuore dove stiamo andando e dove potremo essere da qui a qualche anno, ha l’obbligo di portare a bordo quanti più amici possibile e guidarli – come un Ulisse dei giorni nostri – fra le onde del mare in tempesta, verso una società giusta, tollerante e cosciente del fatto che ognuno di noi è portatore di un piccolo, grande contributo. Lo si può fare, tenendo la barra a dritta e avendo davanti a noi esempi limpidissimi di amore e dignità come i coniugi Tommasoli, che non finirò mai di ringraziare per il loro ruolo di alfieri di una bandiera alla quale tutti facciamo riferimento.
Ma pensandoci bene, mi sono chiesto: forse il trovarci qui, il guardarci negli occhi, l’aprire il nostro cuore è merito, oltre che loro, di un ragazzo con la camicia a quadri bianchi e rossi e i capelli mossi, che si chiamava Nicola.
IL PRESIDENTE
Paolo STEFANO