Progetto “Incontri con gli autori, la letteratura ed il giornalismo”
La parola ai giovani: dialogo con la generazione del nichilismo attivo
Umberto GALIMBERTI
12 aprile 2018 – Aula Magna ITES “Aldo Pasoli”
Relatore: Umberto GALIMBERTI, filosofo
Quasi 500 persone hanno scelto stasera di andare ad ascoltare il filosofo Umberto Galimberti, in un’Aula Magna dell’I.T.E.S. “Aldo Pasoli” gremita di adulti, ma – udite udite – di tantissimi giovani, cosa che ovviamente ci ha fatto molto piacere.
Breve rendiconto della stagione esposto dalla prof. Galletta, con esiti assolutamente lusinghieri, se consideriamo la bellezza di 61 incontri formativi organizzati nel giro di 8 mesi scarsi e un bacino di utenti che ha raggiunto le 11.000 presenze. A seguire il dirigente Turri ha manifestato tutto il suo apprezzamento per l’ospite ed ha apprezzato che il pubblico abbia risposto in maniera significativa. Infine, il prof. Mainente ha avuto l’onore di presentare il prof. Galimberti, il cui curriculum è davvero degno di nota con 51 anni di insegnamento, attività di giornalista e scrittore, fin dall’opera “Heidegger, Jaspers e il tramonto dell’Occidente” del 1975.
Galimberti ha avviato la sua esposizione, segnalando la grande differenza fra i secoli trascorsi e quello che stiamo vivendo. Facendo un confronto fra Medioevo e attualità, Galimberti dice che non potremmo immaginare un Medioevo se sfilassimo la parola “Dio”; un’epoca in cui tutta la vita sociale era improntata alla presenza di un ente ultraterreno, che esulava dalla finitezza dell’essere umano e dalle umane vicende. Ma se facciamo lo stesso esercizio con la società attuale? Galimberti dice che anche se togliamo la parola “Dio”, la società attuale è ancora perfettamente immaginabile. E ciò perché le parole che guidano la nostra società sono purtroppo molto diverse: essa è difficile da immaginare, se togliamo la parola “denaro”, da cui derivano tutti gli altri obiettivi della nostra attuale esistenza oppure se togliamo la parola “tecnica” che ispira ogni atto e ogni decisione delle “macchine” o degli “apparati” attuali; dove per “macchine” o “apparati” si intendono le aziende, le scuole, gli enti pubblici: tutto è inesorabilmente ispirato a concetti di performance, di sinergia e di efficienza.
Una società, quella attuale, dove manca la fiducia nel futuro; il futuro è minaccia o, nel migliore dei casi, incertezza.
Galimberti fa notare come tutta la storia passata sia stata ispirata al Cristianesimo: un fenomeno che ha avuto un’ispirazione geniale, ossia quella di rovesciare il trend di fiducia nella storia; se i Greci erano tragici e costantemente sottolineavano la mortalità dell’uomo, la sua caducità, la fine ineluttabile senza speranza di sopravvivere al proprio corpo terreno, il Cristianesimo invece ha avuto la grande intuizione di rovesciare l’impostazione di pensiero, indicando un trend positivo che va da un passato molto negativo (il male, il peccato originale) ad un presente in via di miglioramento (la redenzione, il riscatto) ad un futuro avvincente (la vita dopo la morte). In questo modo, ha indotto nelle varie civiltà un ottimismo sul futuro che ha rappresentato la molla per le varie società per migliorarsi e agire in vista di un futuro migliore. Persino Marx è considerato da Galimberti un cristiano e non un rivoluzionario.
Oggi però – dice sempre Galimberti – “Dio è morto”, ossia è scomparsa questa impostazione che è valsa per secoli, essendosi ormai ridotte le chiese, a suo dire, a qualcosa di non vivo, non in grado di attivare quel processo di rinnovamento della società in un’ottica di cooperazione, di sviluppo e di amore.
Galimberti ha toccato il tasto della tecnica, dicendo che “nelle scuole ci vuole meno tecnica e più letteratura”; che leggere i libri ci dà diversi modi di vedere il mondo e che ognuno di questi rappresenta un’arma, una strategia in più per combattere i grandi dolori che la vita ci riserva. Su questo la scuola ha un ruolo fondamentale perché essa forma le persone; a patto che i docenti sappiano essere carismatici e sappiamo attrarre a sé i giovani con l’amore e la passione per la cultura. Le grandi capacità cognitive ed emotive si formano secondo Galimberti nei primi sei anni di vita; anzi secondo qualche discepolo di Heidegger, addirittura nei primi tre anni di vita. Ma come fanno a formarsi correttamente e completamente queste capacità, se il bambino che ha fatto un disegno e lo propone alla mamma, si sente dire: “adesso devo preparare la cena, te lo guardo domani”? Quel “domani” è da intendersi, secondo il nostro autore, come “mai”. Ma una società dove entrambi i genitori sono costretti a lavorare per reggersi economicamente, può generare figli e quindi darsi un futuro? La visione d Galimberti è tutt’altro che ottimistica ed è un “no” secco.
Una volta che i bambini entrano nell’età adolescenziale subentra la sessualità; che c’era già prima, ma che in questa fase diventa esplosiva perché le pulsioni diventano irrefrenabili ed il corpo cambia radicalmente, mentre i lombi frontali, che contengono la parte razionale del cervello e quindi il controllo, si formano intorno ai 20 anni. Come dovremmo valutare le pesanti bevute o l’assunzione di droghe da parte dei giovani? Secondo il protagonista di questa serata non come effettiva ricerca del piacere, ma semplicemente come tentativo di anestetizzare il dolore di un futuro incerto. La vera difficoltà degli adolescenti non ha un carattere emotivo; tutti gli adolescenti hanno sofferto e soffriranno emotivamente davanti ad un corpo che evolve in modo incontrollabile. La vera difficoltà è di tipo culturale.
Perché un ragazzo deve conoscere gli altri e conoscere anche sé stesso, altrimenti come fa a capire se potrà fare il medico o il muratore o il pilota o il meccanico?
Un po’ di bacchettate qua e là alla scuola (“darei gli stipendi degli insegnanti universitari alle maestre e viceversa”, “se ogni 9 insegnanti ce ne fossero almeno 2 carismatici saremmo già salvi”), ai genitori (“i genitori devono stare fuori dalla scuola anche perché a loro non interessa nulla della formazione dei figli, ma solo della loro promozione”) e al mondo del lavoro (“ma se fra i 20 e i 30 anni avete il massimo delle capacità creative perché vi fanno fare le fotocopie?”) e una chiosa finale dove Galimberti ricorda che solo la cultura può darci le armi per gestire le situazioni difficili (“se la Germania va meglio di noi è perché sono più colti”, “secondo l’OCSE, l’Italia è all’ultimo posto in Europa nella capacità di comprendere un testo”).
Infine, alle domande poste, se di fronte alle difficoltà, si debba cercare il nostro ideale fuori o dentro di noi, Galimberti risponde che propende per la socializzazione e non per l’interiorizzazione perché gli altri ci aiutano a crescere con la loro parola ed il loro comportamento, mentre se ci lasciamo portare dalla nostra immaginazione possiamo anche prendere derive pericolose, come accade ai 400 giovani che si suicidano ogni anno nel mondo).
“Grazie” al prof. Galimberti per le provocazioni che ha lanciato. Egli ha detto che non dobbiamo nascondere il male ai nostri ragazzi; il male esiste ed è necessario che lo conoscano; se glielo nascondiamo, nel tentativo di tutelarli, facciamo un errore di cui poi pagheremo le conseguenze perché quando i ragazzi conosceranno il male non saranno in grado di gestirlo.
A parere di chi scrive, un barlume di speranza al termine di questa lucida disamina non avrebbe guastato; i problemi sono molti e possiamo, anzi dobbiamo migliorare tutti (genitori, educatori, insegnanti), questo mondo è sicuramente viziato dai tre grandi mali indicati (mancanza di valori, mancanza di crescita, mancanza di scopo), ma teniamo presenti anche i grandi requisiti e le belle vittorie che più di qualche giovane oggi conquista nel lavoro e nella vita. Sono casi minori, ma posiamo aumentarli a patto di diffondere la cultura (“nelle scuole ci vuole meno tecnica e più letteratura”) come arma per una visione lucida e disincantata della vita.
Per PROSPETTIVA FAMIGLIA
dott. Paolo STEFANO